LA RIVOLTA DI TORINO
L'articolo che segue sarebbe dovuto uscire sul manifesto di oggi (giovedì 21, ndr). Una scelta opportuna, di fronte al linciaggio mediatico subito dal movimento dell'Onda. A commento della straordinaria giornata di Torino, infatti, una sola voce, quella di Lucia Annunziata, ha provato a dire la verità. Per il resto, dal Corriere a Repubblica, dalla Stampa al Messaggero, uno sguardo omogeneo, tra condanna e menzogna. A seguire omissione e silenzio, quasi a dire che neanche il linciaggio mediatico basta, è preferibile mettere tutto a tacere.
Forse per ingenuità, forse per serietà, ci aspettavamo qualcosa di diverso dal quotidiano il manifesto. Eppure abbiamo sbagliato. Avremmo dovuto capire, dopo l'ignobile articolo di Mauro Ravarino (domenica 17 maggio), che anche nel manifesto l'aria è cambiata e che al linguaggio della verità si preferisce la piccola bega di condominio (il condominio è un modo rispettoso ed elegante di definire la sinistra), al coraggio di raccontare il risentimento e il moralismo stizzito. Non sono bastate le dichiarazioni di Maroni e Mantovano, evidentemente neanche le minacce repressive impongono al manifesto la serietà che porta con se la scelta di identità politica del giornale. Anzi, mentre Battista sul Corriere di oggi propone un alleggerimento delle parole di Maroni, il manifesto al pari di Repubblica preferisce far finta di nulla, far finta che non ci sia uno studente milanese arrestato, far finta che il governo non abbia intenzione di far procedere un'inchiesta tutt'altro che leggera.
Siamo davvero troppo ingenui. Ma forse è il caso di smetterla, forse è il caso di cominciare a replicare a scelte editoriali di merda! Forse è il caso di cominciare a far sentire il nostro dissenso! Non fosse altro perché i siti di movimento in questa fase sono letti più del manifesto e che del manifesto probabilmente non c'è davvero più bisogno. Non ci vuole un economista raffinato per capire che nell'aumento di vendite dello scorso autunno c'è di mezzo l'esplosione dell'Onda, basterebbe un po' di buon senso. Ma quando alla miseria politica si accompagna scarsità di buon senso non resta che prenderne atto e mollare la presa. Che il manifesto sprofondi nel suo destino, di certo l'Onda e i movimenti non lo soccorreranno!
L'Italia è davvero un paese insopportabile e questo non tanto perché a governarlo c'è una solida maggioranza razzista e neocon, una maggioranza radicata nel tessuto produttivo, imbattibile nella scena mediatica, ma soprattutto per la mediocrità della sua opposizione. Un'opposizione senza coraggio né passioni. Basta leggere i giornali di oggi, meglio la Repubblica, o leggere le dichiarazioni di Franceschini per fare questa breve considerazione.
Quando sono esplosi gli studenti greci, al seguito dell'omicidio del povero Alexis, Ilvo Diamanti ha scritto per Repubblica analisi per nulla banali sul tratto comune della nuova generazione in lotta: dalla Francia all'Italia, dalla Grecia alla Spagna - parafrasando le parole di Diamanti - una generazione estranea al patto sociale alza la testa e pretende di riavere indietro il futuro che la precarietà le ha sottratto. Nelle scorse settimane, mentre in Francia venivano sequestrati i manager, Bernardo Valli ha dedicato pagine importanti all'anomalia d'oltralpe.
Il radicalismo francese è una sorta di modello da coccolare per la sinistra italica, sempre utile per ricordare a Berlusconi che anche la destra neocon più raffinata, quella di Sarkò, è tutt'altro che al sicuro. Poi Londra e l'assedio della City: per la prima volta capita di leggere Ezio Mauro e Massimo Giannini che si spingono a giustificare la rabbia anti-banche. Certo entrambi condannano la violenza, ma ratificano la necessità di un nuovo patto sociale contro la crisi. Aggiungo infine un elemento non marginale. L'Italia è un paese in cui le sue sinistre celebrano da quasi mezzo secolo i fasti del sessantotto studentesco. Un sessantotto senza operai e senza rivoluzione, indubbiamente, educato e pieno di buona società, comunque anno straordinario e senza pari. Nel sessantotto romano spicca un'esperienza che nessun politico della sinistra italica ha mai ripudiato: Valle Giulia.
Quanto accaduto ieri a Torino non si discosta molto, nella sostanza materiale, dai fatti di quarant'anni fa, così come, seppur con molte differenze, dalle rivolte greche e francesi. Ma ripercorriamo, fuori dalle menzogne giornalistiche, gli eventi torinesi. Almeno 10.000 studenti si mettono in corteo, giunti da tutta Italia, oltre che dalle facoltà torinesi. Desiderio condiviso da tutti è quello di violare la zona rossa, per dire basta a città militarizzate e per opporsi alle riforme universitarie. Migliaia di studenti dell'Onda hanno messo da parte la paura, quella propria della solitudine, e con il coraggio intenso dell'esperienza collettiva hanno provato a camminare, nonostante la polizia in assetto antisommossa cingesse d'assedio il castello del Valentino. Scudi di plexiglass e caschi a proteggere la propria testa dai tonfa. Poi le cariche, già violente il giorno prima. Manganelli, ma soprattutto tanti lacrimogeni, quelli al Cs di genovese memoria, come Mortola. Poi la difesa, agita tutti assieme, senza alcuna separazione tra buoni e cattivi. Immediata la gestione giornalistica: no global e violenti prendono l'Onda in ostaggio. Corriere e Repubblica sostanzialmente omogenei, per la prima volta da settembre.
Occorre dirlo a voce alta, in questo paese di razzisti e codardi, ieri migliaia di studenti dell'Onda hanno alzato la testa, nei confronti di chi alla contrattazione sociale ha sostituito l'autoritarismo. Dopo mesi di lotte gli studenti italiani hanno ricevuto porte chiuse e manganelli. Da che parte sta la violenza, quella vera, quella del potere cieco e sordo? Ieri a Torino c'era solo indignazione, forte e ragionevole.
Francesco Raparelli, Dottorando di ricerca in Filosofia politica
articolo apparso su Uniriot.org mercoledì 20 Maggio
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LA RIVOLTA DI TORINO E IL MANIFESTO
L'articolo che trovate più sotto (sopra,ndr) con il titolo "La rivolta di Torino" sarebbe dovuto effettivamente uscire sul "manifesto" non di oggi (giovedì 21), come si sostiene nel corsivo che lo precede, ma di domani (venerdì 22), essendo pervenuto in redazione mercoledì pomeriggio troppo tardi (18.49) per essere messo in pagina, come i militanti di un movimento tanto attento alle tecniche della comunicazione dovrebbero afferrare al volo. All'autore, Francesco Raparelli, già chiamato volentieri in altre circostanze a scrivere per noi, era stata infatti data assicurazione in tal senso. Ma in tempi di paranoia sociale, l'impazienza gioca dei brutti scherzi. E' un pessimo scherzo infatti quello di averlo pubblicato non su ma contro il manifesto (sul sito www.uniriot.org) nella forma che vedete (il lettore si riferisca all'articolo riportato sopra e al corsivo che lo precede, n.d.r).
Dunque al manifesto «l'aria è cambiata» Dunque preferiamo le beghe di condominio al linguaggio della verità, e il risentimento e il moralismo stizzito al coraggio di raccontare. Dunque, pubblichiamo articoli «ignobili» - a quando un articolo «infame»? - e chiudiamo non uno ma due occhi sulla repressione di Stato. Pertanto, siamo diventati inutili e ci meritiamo di sprofondare nel nostro destino. Prendiamo atto e ringraziamo di cuore. Non prima però di aver fatto qualche domanda.
L'estensore del corsivo, che con graziosa supponenza mostra di saperne più di noi sull'andamento delle nostre vendite, ci richiama al rapporto del manifesto con l'Onda. Che effettivamente ci era parso di aver costruito. Sbagliavamo, visto che ci ritroviamo una pistola puntata alla tempia per difetto di organicità. Che idea hanno l'estensore del corsivo e chi l'ha pubblicato della relazione con un giornale come il manifesto? Il manifesto è l'house organ dell'Onda? E' uno schermo su cui proiettare fantasie di potenza? O è un interlocutore a cui rivolgersi in amicizia, foss'anche per litigare? Ammesso che su Torino non siamo stati all'altezza o abbiamo commesso degli errori: si procede con sollecitazioni o con minacce? Si pratica una relazione, o si esigono rendiconti? Si usa il buon senso, o si accusa l'altro di averlo perso e di essere sprofondato nella miseria politica?
A proposito di miseria politica: il linguaggio del corsivo parla da sé, strappandoci almeno l'oscar. Ma lasciamo perdere e andiamo al sodo. A noi non interessa rispondere occhio per occhio né mandare l'Onda o altri a sprofondare nel loro destino. Il destino dell'Onda ci riguarda. Il destino della stampa di opposizione ci riguarda. I modi del potere ci riguardano: quando sono violenti - porte chiuse e manganelli - e anche quando non lo sono, o non lo sono apparentemente. Di questo ci piacerebbe discutere più di quanto l'Onda ci solleciti a fare. Quali sono le forme di violenza del potere oggi in Italia? La violenza è solo quella riconoscibile sotto forma della consueta catena - porte chiuse, manganelli, cariche della polizia, arresti, processi? Quali sono le forme di resistenza e di opposizione? Sono solo quelle riconoscibili dalle forme già sperimentate dell'antagonismo degli ultimi anni? E' possibile spezzare quella catena e le sue ripetizioni? E' possibile contestare le norme di riconoscibilità della catena della violenza? O non c'è altro da fare che onorare quelle norme e stringere le maglie di quella catena, dalla parte del potere e dalla parte dell'antagonismo?
A noi piacerebbe discuterne. Diversamente, c'è la recita di un copione già scritto. Nella quale il manifesto farà come sempre la sua parte anch'essa già scritta, che l'Onda conosce bene al di là, o al di qua, degli attacchi di isteria.
articolo apparso sulla Fuoripagina online del Manifesto.it
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