Libri: Il vento dal basso, nel Messico della rivoluzione in corso

"Non un santino con il passamontagna"

Uno sguardo tra le pagine del primo libro di Vittorio Sergi, ricercatore e a lungo militante del Tpo di Bologna, presentato alla libreria Modo Infoshop con la partecipazione dello scrittore Valerio Evangelisti. Appunti di viaggio che, come spiega lo stesso autore, non vogliono essere "un semplice esercizio di ricerca su qualcosa di lontano e dai tratti esotici, tutt'altro". L'esplorazione di un'esperienza che oggi "va compresa in maniera più profonda, cercando di coglierne anche gli aspetti più complessi e le contraddizioni".

il vento che viene Un tentativo di "mettere insieme degli appunti di ricerca e viaggio raccolti nel corso degli anni", anni di "militanza a metà tra l'Italia e il Messico". Di certo "non un semplice esercizio di ricerca su qualcosa di lontano e dai tratti esotici, tutt'altro". L'esplorazione di un'esperienza che oggi "va compresa in maniera più profonda, cercando di coglierne anche gli aspetti più complessi e le contraddizioni". Insomma, qualcosa di lontano da "un santino con il passamontagna". E' così che Vittorio Sergi introduce al suo primo libro ("Il vento dal basso, nel Messico della rivoluzione in corso"), presentato alla libreria Modo Infoshop insieme allo scrittore Valerio Evangelisti.

Perchè tornare sullo zapatismo nel 2009? "E' il movimento che sta alle origini di quell'esperienza che nasce a Seattle nel 1999 e che oggi sembra voltare decisamente pagina", spiega Sergi (ricercatore, traduttore, a lungo militante del Tpo di Bologna). Un movimento che emerge come "risposta ad un processo di globalizzazione economica neoliberista che coinvolge Messico, Stati Uniti e Canada" a partire dal 1994 con il North american free trade agreement (Nafta). Con le parole di Evangelisti, "se mettessimo insieme tutti i documenti prodotti dallo zapatismo ne verrebbe fuori un libro, che ogni tanto assomiglia ad una poesia ed ogni tanto ad un romanzo ma mai alla politica tradizionale". Un movimento che ha "adattato sua politica in modo che potesse sopravvivere nella selva come nelle città, in Messico come nel resto del mondo", aggiunge. Ed oggi, spiega Sergi, è ora di "tagliare in maniera trasversale questa esperienza e la sua trasformazione da progetto di insurrezione armata a progetto civile". Ma perchè, come l'autore si sente spesso chiedere, parlare di rivoluzione in corso? Perchè in Messico "la rivoluzioe è parte della cultura popolare", spiega Sergi. Insomma "questa storia non è chiusa, la possibilità della rivoluzione come orizzonte storico e culturale in Messico c'è". Anche oggi, nell'incertezza e l'indecisione determinata dall'esistenza di una "triade formata da Governo, guerriglie e narcotraffico", con Felipe Calderon che è "presidente della Repubblica in quanto capo delle forze armate, più morti e stragi ci sono e più è forte". Nel 2010, ricorda Sergi, ricade il duecentesimo anniversario della guerra d’indipendenza e il centenario della Rivoluzione messicana. "Cosa può succedere nel 2010? Può succedere di tutto", sorride Sergi. Perchè quello messicano è "un popolo che ha fatto la rivoluzione e, a differenza di tanti altri, ancora se la ricorda".