Venute alla luce le storie di altre 422 vittime

L'armadio della vergogna si riapre

Il senatore Vitali consegna all'istituto Parri i documenti relativi agli eccidi nazifascisti avvenuti sul territorio bolognese fra il '43 ed il '45 e annuncia una denuncia nei confronti della procura generale militare per omissione di atti d'ufficio.
20 maggio 2009 - Vanessa Piccoli

L'antefatto: 1994. Il procuratore militare Antonino Intelisano rinviene in uno sgabuzzino di Palazzo Cesi un armadio con l'apertura rivolta verso il muro. Lo apre ed è come aprire il vaso di Pandora: l'armadio contiene le testimonianze relative a migliaia di crimini commessi sui civili italiani da parte delle truppe tedesche durante la seconda guerra mondiale. 2274 fascicoli raccolti e numerati dai servizi segreti britannici sotto il titolo di “Atrocities in Italy”, consegnati nelle mani dei giudici italiani e da queste stesse mani occultati, cinquant'anni prima.

2004. Al comando regionale dei Carabinieri dell'Emilia Romagna vengono alla luce i cosiddetti “specchi”: schede riassuntive descriventi fatti avvenuti fra il 1943 ed il 1946. Gli atti passano alla commissione  parlamentare di inchiesta sugli eccidi e, su richiesta del senatore Walter Vitali, trasmessi alla procura di Bologna e poi suddivisi fra le procure competenti. 

Gli specchi fanno luce su vicende già tristemente note, ma ancora avvolte nella nebbia. Altri 422 morti in territorio bolognese vanno a sommarsi ai 770 della strage di Marzabotto e pesano sulla nostra memoria. Storie di civili massacrati, di donne e bambini trucidati, di rappresaglie e di odio ingiustificato. Storie di vergogne taciute e sotterrate che ora più che mai abbiamo bisogno di ricordare.

Fra le vicende più agghiaccianti, c'è quella del 2 luglio '44, a Lizzano in Belvedere. C'è uno scontro a fuoco tra tedeschi e partigiani. Un antinazista «ferito gravemente, venne lasciato morire dissanguato». Il suo compagno «Viene condotto nella piazza principale di Lizzano e appeso per una corda legatagli alle spalle all’inferriata del palazzo municipale. Vi rimase dalle ore 11.30 alle ore 16. Dopo di che venne impiccato al bivio di Pianaccio, unitamente al compagno, che già cadavere, venne appeso alla corda». Oppure quella del 24 luglio '44 a Castiglione dei Pepoli dove «Per rappresaglia a seguito dell’uccisione di un maresciallo tedesco ad opera di partigiani», le SS picchiavano brutalmente tre civili e poi «li uccidevano gettandoli vivi all’interno di una casa data alle fiamme». O ancora quella del 29 settembre '44 a Porretta Terme, dove in seguito a «il rinvenimento di tre cadaveri di militari nei dintorni del cimitero» le truppe tedesche fucilarono 52 persone.

Le autorità militari avrebbero potuto fare luce su questi fatti ma hanno preferito lasciare i documenti dentro qualche cassetto della vergogna. Fino al 1985 uno dei due presunti colpevoli dell'eccidio di  Catelluccio (Porretta Terme) del 11 agosto 1944 era in vita «Ma nessuno ha fatto niente- spiega Vitali- anzi: nell’84 le autorità militari disposero l’archiviazione.» Il senatore si dice deciso a non lasciar cadere tutto sotto silenzio, ancora una volta: «Avvierò un’azione per denunciare la procura generale militare per abuso d’ufficio e soprattutto per grave omissione d’atti d’ufficio». Perché la vergogna non venga dimenticata.


«La nostra pietà per loro significhi che tutti gli uomini e le donne sappiano vigilare perché mai più il nazifascismo risorga.»
(Lapide del cimitero di Casaglia)