La difesa della razza

Il melting-pot dell'intolleranza

Solito teatrino di polemiche all'arrivo della notizia che la scuola elementare romana Carlo Pisacane sarà intitolata a un pedagogista giapponese: Makiguchu Tsnesaburo. Il Carlino gli concede la prima pagina, la destra grida alla tradizione mutilata, la gelmini inveisce contro lo smantellamento della scuola pubblica e la lega lombarda è disposta a riscoprire il risorgimento pur di insultare qualche immigrato in più. Storie di un melting-pot della discriminazione in cui qualunque cosa e nome va bene pur di infiammare l'odio razziale.
19 maggio 2009 - G.M.

difesa della razza La scuola elementare romana Carlo Pisacane sarà intitolata a un pedagogista giapponese: Makiguchu Tsnesaburo. La proposta di cambiare nome all'istituto è stata approvata dal consiglio d'istituto il 27
aprile, anche se il direttore dell'Ufficio scolastico regionale del Lazio, Maria Maddalena Novelli, fa sapere che «finora non è arrivata alcuna richiesta».


Non si sono fatte attendere le reazioni della destra romana, espresse tramite i suoi organi di stampa, anche se, a dir la verità, il caso della scuola di Torpignattara presta più il fianco a interrogativi sull'attuale situazione della politica italiana che a reali problemi di identità nazionale.
Ma andiamo con ordine. La stampa di regime afferma che Carlo Pisacane sia un eroe nazionale. Sorprendente che una compagine politico-giornalistica distintasi in questi anni per il minuzioso e macchiavellico smantellamento della storia italiana, in particolare quella della sinistra, si erga oggi a difesa di un personaggio che è passato alle cronache come uno dei primi socialisti utopisti che il patrio suolo abbia mai avuto.


Non crediamo, sinceramente, né che la destra romana ricordi chi sia Pisacane né che lo faccia il Carlino. Del resto nell'Italia delle "showgirl al potere" l'importante è l'immagine, e in questo caso l'immagine si traduce con la semplice pronuncia di un nome italiano. Leggendo l'articolo del Carlino si evince come la polemica non sia tanto appuntata sulla storia di un personaggio che ha portato insurrezioni e guerriglia per mezza Italia in nome della repubblica, autore di una "saggio sulla rivoluzione" e classificato come un
socialista utopista radicale, quanto sul fatto che da un'intitolazione prettamente italica si voglia passare ad una giapponese. E qui il carlino si lancia in giochetti e ironie da bancone del bar, riportando
il tutto ad un problema di "denominazione di origine controllata e garantita", come potrebbe essere per un vino o per il lardo di colonnata, rendendo evidente il modo in cui la destra intende il problema della scuola "Pisacane", uno svendersi allo straniero.


La vicenda scatena una serie di reazioni: la lega nord si domanda come verrà pronunciato il nome giapponese della scuola da parte degli studenti, scordandosi forse che la scuola non è ubicata nelle remote
valli della alpi italiane dove alberga l'elettore medio padano a metà strada tra il ladino e un italiano-austriaco, ma a Roma, città, metropoli e capitale italiana dove, si spera, agli studenti venga "somministrata" una buona dose di inglese insieme ad una formazione che sappia guardare alle vicende internazionali, fondamentali per la stessa globalizzazione a cui tanto i nostri governanti aspirano. E qui
si può già notare quale opinione abbia questo partito dell'uomo qualunque italiano, incapace di pronunciare e pensare qualcosa che non sia italiano o "padano".
Il ministro Gelmini, da parte sua, insieme a tutto il codazzo di speaker del PDL, grida allo smantellamento della scuola italiana e lancia la proposta di insegnare "le materie fondamentali", cioè i dialetti. Infine An e la destra romana, come al solito dall'alto della loro cultura, fanno confusione tra repubblicano e repubblichino.
Dettagli.

Associato a tutto ciò rimane comunque e sempre il solito tema dell'invasione straniera e barbarica. Quella scuola ha il 90% di alunni stranieri ( stime del Carlino) e i genitori italiani, in palese sindrome di accerchiamento, sempre secondo il carlino, scelgono per i propri figli un'altra razza di scuole.
E siamo alle solite, un giornale nazionale costruisce un articolo da prima pagina attraverso un originale melting pot di temi e termini riarticolati secondo un'ottica prettamente discriminatoria. Poco
importa quali siano gli effettivi valori storici e culturali in campo, l'importante è che, con un misto di chiacchiere da bar e attraverso la legittimazione di un pensiero storico senza capo né coda, esca fuori
l'impressione che la nostra identità nazionale sia in serio pericolo.
Tutto ciò ha un nome: terrorismo mediatico.

Ma non è tutto perché il pezzo del Carlino legittima e promuove le dichiarazioni del premier che non concepisce il multiculturalismo come un attributo italiano. E, forse, qui, questo giornale, dice una
verità perché il multiculturalismo, almeno sulla stampa, cioè nel racconto della società fatta dai media, da qualche anno a questa parte non trova più spazio, a meno che non coincida con la solita storia
della capanna dello zio Tom. Tutto il resto è una bella favola, comprese le obiezioni dell'osservatore romano e della sinistra che da questo periodo uscirà come i mammut siberiani. Deceduta con ancora il
boccone in bocca.