Nessuna realtà e nessuna esperienza possono dirsi oggi sconosciute in un mondo in cui tutto, ma proprio tutto, l’esistente finisce sotto l’obiettivo. Non solamente sotto quello di esperti o appassionati ma anche sotto quello delle infinite e invasive telecamere collocate in ogni dove che hanno trasformato il nostro spazio in un grande, continuo, esteso set sul quale vengono riprodotte le nostre esistenze, una mole trasbordante di messaggi scoordinati non sempre codificabili
che fanno smarrire il senso delle cose. È pur vero che se il mondo è diventato una infinita sequenza di immagini, la possibilità di ritagliarsi il pezzo di essa che più ci interessa rappresenta una grande opportunità di conoscenza e comunicazione.
Divergenti compone il ricco mosaico dell’universo transessuale, ricostruisce il senso di un’esperienza significativa complessa.
Lo fa in una realtà in cui il senso delle cose sembra proprio essersi smarrito, una fase storica in cui è forte la tendenza a riportare l’immagine del transessualismo a un’dea di degrado, di pericolosità sociale e di anormalità. Come si comprende dalla programmazione, l’attenzione alle tessere del mosaico… pardon dei fotogrammi, non è concentrata esclusivamente al puro senso estetico, alla solita crosta che spesso ingabbia l’immagine trans, ma cerca di scavare per riportare alla luce le parti vere, gioite e sofferte della nuda vita delle persone transessuali/transgender. Un festival giovane, fresco della sua seconda edizione, propone varie prime nazionale tra cui Chan di Chummi - Kiss the Moon, splendido documentario di Khalid Gill sulla comunità transessuale pakistana; Identities di Vittoria Colonna, un raffinato documentario sul mondo transgender irlandese; dal Brasile sarà nostro ospite il regista Luis Carlos De Alecar che ci presenta Bombadeira, descrizione di una pratica devastante per la comunità trans brasiliana; oltre la prigione del proprio corpo, a quella molto più dura del carcere ci porta Cruel and Unusual di Janet Baus, Dan Hunt, Reid Williams; Paper Dolls ci trasporta tra la comunità trans filippina ma in Israele; il francese L’Ordre des mots di Cynthia Arra e Melissa Arra che ridà “le mots” ai protagonisti, esattamente quello che in trenta anni di storia (1979-2009) ha cercato di fare il MIT.
Buona visione.
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