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Che la gestione del lavoro da parte della Fiera di Bologna sia improntata al massimo livello possibile di esternalizzazioni e di frammentazione del lavoro risulta evidente. Allo stesso modo che nei mille rivoli del lavoro in Fiera si nascondano sacche di sfruttamento spietato, lavoro sottopagato, lavoro in nero o comunque mancato rispetto dei contratti collettivi e delle norme sul lavoro ormai non è più una notizia. La precarietà del lavoro in Fiera non si configura solo nei contratti a tempo determinato e nell'assenza di garanzie e stabilità, ma anche e soprattutto nell'assenza di diritti e nella ricattabilità totale. Questi elementi minimi di analisi e di fotografia della situazione emergono dalle varie interviste proposte in questa inchiesta molto meglio di come potrei descriverle io. Lo scopo di queste righe è invece di tentare di delineare delle linee di azione per andare ad incidere dal basso sui processi ed operare un'inversione di tendenza rispetto alla tendenza alla frammentazione, partendo dalla necessità di identificare parole d'ordine unificanti per le varie categorie di precari della fiera. Quelli che seguono sono cinque spunti che mi sento di proporre per avviare una discussione.
Salario orario minimo garantito
Proposte semplice ma dirompente: sancire che in Fiera non si possa lavorare per meno di un determinato salario minimo, che si potrebbe attestare intorno agli 8 euro netti all'ora. In questo modo verrebbe garantito il diritto dei ragazzi che vengono a lavorare in Fiera a non essere troppo sottopagati, e al contempo si renderebbero meno vantaggiosi i processi di esternalizzazione basati sull'abbattimento del costo del lavoro.
Liste di chiamata trasparenti
Questione fondamentale per permettere ai precari di uscire dalla ricattabilità e base per ogni altra rivendicazione legata ai diritti sindacali. La proposta è di istituire in tutte le aziende che necessitano di personale a tempo determinato delle liste di chiamate trasparenti e controllabili, in modo che l'azienda non possa decidere arbitrariamente di non chiamare più un lavoratore. Si tratterebbe semplicemente di esportare nelle altre aziende il meccanismo delle liste di riserva di BolognaFiere.
Assunzione diretta da parte delle aziende, senza l'intermediazione delle agenzie interinali
Il passaggio attraverso le agenzie interinale nella ricerca di manodopera non presenta nessun tipo di elemento positivo, ma porta a riduzione dei salari e doppio livello di ricattabilità (il lavoratore deve andare a genio sia all'azienda che all'agenzia). Inoltre la presenza delle agenzie come datori di lavoro virtuali complica ogni meccanismo di tutela sindacale. L'esempio dei parcheggiatori Operosa è lampante: dopo l'eliminazione del sub-appalto a Ser.In.Ter. (che svolgeva un ruolo di pura e semplice somministrazione di manodopera) le condizioni di lavoro sono immediatamente migliorate
Applicazione integrale delle norme sul lavoro dipendente per tutti i lavoratori
I famigerati contratti di collaborazione (co.co.pro.) permettono alle aziende di agire in deroga alle norme nazionali ed europee sul lavoro, rendendo difficile l'azione sul piano legale. L'esempio dei dipendenti precari di Best Union è evidente: lavorano 12 ore al giorno senza giorno di riposo (84 ore settimanali) e sono evidentemente lavoratori subordinati, ma il contratto di collaborazione permette all'azienda di non dover sottostare alle norme sull'orario di lavoro. Io credo che i precari della Fiera siano a tutti gli effetti lavoratori dipendenti, quasi nessuno viene davvero a fornire le sue prestazione liberamente sulla base di progetti di collaborazione. E dunque allo status di lavoratore dipendente deve corrispondere il rispetto dei contratti di riferimento, dello statuto dei lavoratori, dell'insieme delle norme sul lavoro. E quindi non devono più essere tollerati turni di lavoro ben oltre le 60 ore settimanali, straordinari e festivi non pagati, assenza di giorno di riposo.
Pagamento regolare in caso di malattia
Si tratta in qualche modo di una rivendicazione che dovrebbe essere compresa nel punto precedente. La propongo separatamente perché si tratta di una delle questioni più gravi nell'attuale sistema del lavoro in Fiera. Ogni lavoratore, a prescindere dal tipo di contratto e dalla durata del contratto stesso, deve avere diritto ad essere regolarmente pagato in caso di malattia confermata dal certificato medico. E' un elemento semplice e banale di dignità del lavoro, ma ad oggi in Fiera il diritto alla malattia pagata viene sistematicamente violato in quasi tutte le aziende satelliti.
Una precisazione per non rischiare di essere frainteso: ragionare su questo tipo di obiettivi unificanti per i precari delle varie aziende che orbitano attorno a BolognaFiere non significa affatto legittimare ulteriori passaggi di esternalizzazione. Credo anzi che uno dei principali obiettivi sindacali dei lavoratori di BolognaFiere debba restare l'opposizione a qualunque tentativo di esternalizzazione ed anzi la richiesta di reinternalizzare alcuni servizi (ipotesi per nulla balzana, se pensiamo anche che dai bilanci di BolognaFiere risulta che molti di questi servizi rendono anche utili minimi o nulli per l'azienda). Quello che dobbiamo capire è che sarà sempre più difficile difendere i nostri diritti, la qualità e la quantità del nostro lavoro all'interno di un sistema in cui proliferano situazioni di semi-schiavismo. È necessario evitare la logica della "riserva indiana" e contrattaccare, sapendo che l'estensione dei diritti e la crescita generale dei salari nel sito fieristico rappresentano anche la migliore garanzia per la difesa del nostro stesso lavoro.
Per questo credo che ai lavoratori di BolognaFiere spetti un ruolo estremamente importante, in continuità con il ruolo svolto in occasione del protocollo di sito sulla sicurezza. I singoli piccoli tentativi di percorsi di autorganizzazione e di conflitto nelle singole aziende satelliti possono essere la prima scintilla, ma è necessario che i precari che tentano di ribellarsi non siano lasciati soli di fronte ad una lotta più grande di loro. È necessario che noi, lavoratori maggiormente tutelati, ci impegniamo in una battaglia generale per i diritti e la dignità del lavoro. Perché solo così possiamo aiutare quei ragazzi con cui lavoriamo fianco a fianco nelle fiere più grandi, quei ragazzi che vivono situazioni di sfruttamento che spesso neanche immaginiamo. E aiutando loro aiutare noi stessi, rendendo meno vantaggiose le esternalizzazioni.
Alvin Palmi
(delegato diretto dei lavoratori di BolognaFiere)