Poche ore per presentare il "progetto" che (come si può leggere nel sito della campagna e in diversi altri siti CasaPound-friendly) prevede la riduzione, per le donne con figli di età compresa tra 0 e 6 anni, dell'orario lavorativo da 8 ore a 6 ore al giorno, mantenendo invariata la retribuzione (l’85% sarà garantito dal datore di lavoro, il restante 15% sarà a carico dello Stato). A decorrere dal sesto anno di vita del bambino (in questi siti il neutro va da sé) la "mamma" potrà scegliere di continuare a lavorare 6 ore a giorno, rinunciando però al contributo statale del 15% o tornare al full-time qualora lo desiderasse. Insomma, un progetto che ha lo scopo di salvaguardare "il ruolo della donna nella sua interezza e completezza, nella sua essenza più bella, nella grande potenzialità umana e sociale che esprime ..." Non posso escludere che qualcun* si faccia annebbiare dal fumo e dalla retorica populista di Tempo di essere madri, ma inviterei a riflettere (oltre che sul fatto che per molte donne la maternità non è una priorità) sui dati inerenti all'occupazione/disoccupazione femminile in Italia (tasso di disoccupazione tra i più alti d'Europa, tra le occupate part-time e precariato fanno la parte del leone e, per quante fanno un* figli* , essere licenziate in tempi brevi è il minimo ... rinvio a questo dossier).
In questa realtà poco è il margine per la "scelta" e il "desiderio", margine che si restringe ancor di più nel caso delle donne migranti che subiscono anche il pesante ricatto rappresentato dal legame tra lavoro e permesso di soggiorno. Che questo "progetto" sia rivolto a poche "privilegiate" e soprattutto privilegiate "italiane doc" è la prima cosa che bisogna avere ben chiaro, magari informandosi un po' su promotori e promotrici di quest'ultima iniziativa di CasaPound.
L'iniziativa è stata presentata già in varie città dove da tempo è iniziata la raccolta firme, come a Verona (con il supporto di Marcello Ruffo, Elena Giacomini e Andrea Miglioranzi, consigliere della tristemente nota lista Tosi) e a Sassari (dove sembra addirittura che il comitato Tempo di essere madri abbia aperto una sede in via degli Astronauti, dando ulteriore conferma all'ipotesi che avevo formulato a prima vista leggendo il progetto, ovvero che fosse stato messo a punto da abitanti di altro pianeta). A Bologna e Parma sarà presentata, come dicevo, da Francesca Giovannini (coordinatrice regionale di CasaPound Emilia-Romagna) e da Maria Bambina Crognale già portavoce del gruppo DeA e ideatrice del progetto (come si afferma nel manifesto della giornata, oggi irreperibile in internet ma che mi ero premurata di scaricare qualche giorno fa). Maria Bambina, del resto, è nella redazione di Occidentale. Rivista di critica radicale ("radicale" e "non conforme" sono i due termini-prezzemolo di CasaPound e affini, con tutto il mio rispetto per il prezzemolo).
Fondata più di trenta anni fa dal Circolo dei Selvatici, animato soprattutto da reduci della RSI, Occidentale si poneva come obiettivo prioritario la difesa delle "tradizioni dell'Occidente" e la lotta contro "le menzogne dell'Occidente" e tra queste le "menzogne di Norinberga". Oggi è investita "da un'ondata giovanile" che intende continuarne e arricchirne i temi (come si legge nel sito della rivista), ondata giovanile costituita, tra gli altri, da Bambina Crognale e Gianluca Iannone, che ne è il direttore.
Così, giusto per dare qualche elemento utile ad inquadrare la cornice in cui si pone Tempo di essere madri. Il nome della campagna tra l'altro riprende parzialmente - e non so quanto consapevolmente - il titolo del capitolo Essere madri del volume di Victoria de Grazia, Le donne nel regime fascista che invito a (ri)leggere, poiché nonostante il quadro descritto dall'autrice non sia, ovviamente, sovrapponibile a quello odierno, credo possa offrire ancora notevoli spunti di riflessione.
Insomma, mi sembra che ci siano cose più piacevoli e utili da programmare per il giorno di San Valentino, ad esempio una gita romana per il No Vat ...
(da Marginalia)