Nella ricorrenza della Giornata della Memoria, il 27 gennaio 2009 Fuoricampo Lesbian Group organizza a Bologna una bella serata su R/esistenze: figure di lesbiche “scomode” durante il nazi/fascismo. Un’iniziativa su questi temi è anche quella che si terrà a Rimini il 30 gennaio, Il triangolo nero e lo sterminio nazista. Ad Aosta Collettivamente Memoria 2009 invita a riflettere sulle leggi razziali fasciste del 1938 attraverso un percorso che parte dal fatto storico per giungere alla deriva, tutta italiana, dei provvedimenti del 2008 del Ministro dell’Interno Maroni.
Crediamo sia giusto ricordare che, accanto al genocidio degli ebrei, i nazisti perseguitarono e uccisero persone affette da ritardo mentale, asociali, alienati, disabili, mendicanti, omosessuali, zingari rom e sinti, lesbiche, neri, socialisti, comunisti, anarchici, apolidi, rifugiati della guerra di Spagna. Solo una memoria integrale può infatti orientare la lotta contro ogni forma di violenza razzista e fascista.
I primi lager apparvero a cavallo tra diciottesimo e diciannovesimo secolo in Africa, nel periodo dell’espansione coloniale europea. Già Hanna Arendt definì l’esperienza dei lager africani come le “prove generali” per quello che sarebbe poi successo nel Novecento. Una memoria autentica non può infatti dimenticare lo sterminio del popolo Herero in Namibia nel 1904, i milioni di persone sterminate in Cambogia da PolPot, lo sterminio sistematico attuato contro i Tutsi del Rwanda nel 1994. Ed è giusto ricordare quali sono i meccanismi che conducono a queste barbarie inimmaginabili, e collegarli alle tendenze in nuce sempre presenti nelle nostre società “democratiche”. Nello sterminio nazista trova il suo culmine una tradizione secolare di genocidi sistematici, una storia più lunga di tortura, morte e sfruttamento.
Vero è che occorre anche ribadire che ogni sterminio avviene in maniera specifica e particolare. E questo anzitutto per non cadere nell’errore di aspettarsi gerarchi in divisa per vedere i lager. Se il nazifascismo ha costituito e praticato una cultura razzista di morte, anche le “democrazie” possono promuovere il razzismo di stato e realizzare muri, campi di detenzione, leggi razziste, meccanismi di apartheid, rastrellamenti di “diversi” (si pensi alla caccia al “clandestino” o alle retate contro le prostitute immigrate).
Oggi crediamo sia importante deteologizzare e decostruire lo sterminio nazista. Non considerare l’aspetto unico e irripetibile della Shoah, ma anche smontare i procedimenti che fecero funzionare la macchina atroce della “soluzione finale”. Alcuni dei dispositivi di sterminio che operarono dal 1938 al 1945 sono stati via via riattivati: il rastrellamento di corpi clandestini da espellere, la detenzione in campi per aver commesso il “reato” di esistere, i muri di separazione etnica, l’istituzione di classi separate per “stranieri”, l’accesso differenziale alle cure mediche, una nuova politica sempre più aggressiva di “salute pubblica”.
Su Senza soste è apparsa intanto una riflessione che invita a riappropriarsi della Giornata della Memoria. La ripubblichiamo come prospettiva che condividiamo, contro ogni revisionismo e contro ogni strumentalizzazione politica e istituzionale dello sterminio nazista.
Riprendiamoci la Giornata della Memoria!
La giornata della memoria sui campi di concentramento nazisti quest’anno arriva proprio mentre il mondo inorridisce per il massacro della popolazione civile di Gaza da parte dell’esercito sionista.
E già sappiamo che delle celebrazioni ufficiali si approprieranno proprio i sionisti e i loro numerosi sostenitori, come i 150 parlamentari che aderiscono all’Associazione di Amicizia Italia-Israele o i tanti giornalisti sempre pronti a esaltare la politica di Tel Aviv.
Già sappiamo che senza nessun senso del pudore fascisti più o meno pentiti (Fini, Alemanno, Gasparri, La Russa ecc.) senza vergognarsi minimamente, porteranno la loro solidarietà ai leader della comunità ebraica, che l’accetteranno senza vergognarsi minimamente.
È una cosa che non può che provocare fastidio e imbarazzo vedere squadristi in doppiopetto, quelli abituati a offendere gli altri gridando “froci” ed “ebrei”, mettersi la kippah e stringere la mano a esponenti delle comunità ebraiche che magari hanno avuto fucilati e deportati nelle loro famiglie.
Insieme ci ripeteranno la balla dell’antisemitismo di sinistra, diranno che il fascismo in fondo non era poi così male e che se non avesse fatto l’errore di seguire Hitler sulla via delle leggi razziali sarebbe stato perfetto.
Ripeteranno la colossale menzogna secondo cui chi è contro il sionismo è in realtà un antisemita, poi, tra due settimane, con la giornata del revisionismo esplicito, quel 10 febbraio dedicato alle foibe, il piatto sarà servito: i cattivi erano i comunisti.
La Giornata della Memoria ancora una volta sarà quindi la Giornata del sostegno a Israele.
L’hanno voluta così: Grillini dell’Arcigay ha raccontato spesso di come il parlamento abbia deciso di dedicare la ricorrenza al ricordo delle vittime del nazismo di religione ebraica, respingendo la proposta di celebrare anche le altre vittime: comunisti, omosessuali, zingari, malati di mente, Testimoni di Geova.
Certo, sarebbe stato imbarazzante per qualcuno ricordare che i campi di concentramento rappresentavano la soluzione finale per tutte le diversità, razziali, religiose, sessuali, politiche, mentali... Un folle progetto di “purificazione” della società che ogni tanto riaffiora, come nella sconcertante ossessione per la “sicurezza” oggi tanto di moda.
Sarebbe stato un problema per qualcuno parlare delle attuali discriminazioni verso gli omosessuali o i rom, di una cultura provinciale e bigotta che odia tutto ciò che non capisce e che in certe fasi della storia, quando trova le condizioni per affermarsi, travolge popoli interi con la sua voglia di morte e di distruzione.
Sarebbe stato imbarazzante ricordare che i primi progetti di eutanasia per i malati di mente non li hanno inventati i nazisti ma c’erano già negli Stati Uniti negli anni ’20.
Sarebbe stato imbarazzante per il Presidente piduista del Consiglio ricordare che quarant’anni dopo Hitler, in un altro continente, alcuni suoi amici di loggia hanno rimesso in moto la macchina della soluzione finale. Si definivano nazionalisti, ma hanno massacrato decine di migliaia di connazionali e portato alla catastrofe i loro Paesi agli ordini di una potenza straniera. Indossavano uniformi impeccabili ma erano ladri, torturatori, assassini, rapitori di bambini, maniaci sessuali.
Ma non si è voluto, in una fase di piena rivalutazione bipartisan del fascismo, riflettere sul perché sia nato questo mostro, e perché in società evolute e civili in determinati momenti della storia si genera perfino un consenso di massa per ideologie così ributtanti; o su come il capitale, pur di fermare il movimento operaio, dà via libera ai gorilla in camicia nera.
Il 27 gennaio si celebrerà dunque una “memoria” sequestrata, un pasticcio politically correct tutto a beneficio del sionismo che fa nascere una tentazione forte: quella di occuparci della solidarietà con la Palestina e scrivere che le vittime di ieri sono diventati i carnefici di oggi. Qualcuno lo ha già fatto.
A questa tentazione bisogna resistere, e provo a spiegare perché:
Uno dei miei film preferiti è “Fuga da Sobibor”. Nel campo di sterminio di Sobibor erano stati uccise 300mila persone, in maggioranza prigionieri dell’Armata Rossa, ebrei e zingari. Il 14 ottobre 1943 scoppia una rivolta: i prigionieri uccidono 11 SS, alcune decine di sbirri fascisti ucraini e fuggono. Dei 300 fuggitivi 50 riescono a mettersi in salvo. È l’unico esempio di rivolta riuscita in un lager nazista.
Le vittime di ieri non sono i carnefici di oggi: gli eroi di Sobibor o del ghetto di Varsavia non sono i tagliagole sionisti che stanno uccidendo i bambini di Gaza. Dire che le vittime sono diventate i carnefici serve solo ad offendere la loro memoria: quella dei poveracci fucilati alle Fosse Ardeatine o deportati nei campi di sterminio o quella dei partigiani ebrei che hanno combattuto il fascismo scrivendo pagine eroiche.
Vi è poi anche un altro rischio nel parallelo tra sionismo e nazismo. È chiaro che viene spontaneo accoppiare la stella di David alla svastica: per l’indignazione che provoca il massacro dei palestinesi, e anche nell’intento di scuotere comunità tanto colpite in passato dalla discriminazione razziale e far sì che si pronuncino, finalmente, contro la strage di una popolazione inerme.
Ma i sionisti non sono nazisti, come non lo sono le milizie hutu interahamwe del Rwanda o i criminali di guerra della ex Jugoslavia. Questo non significa dire che sono “meglio” o “peggio”. Sono un fenomeno diverso.
Non voglio sminuire minimamente la gravità del massacro dei palestinesi, ma il rischio di cui parlavo è che facendo di tutta l’erba un fascio si svilisca il significato del ricordo dei lager e non si capiscano più le specificità storiche del nazifascismo.
Il 27 gennaio invece è necessario parlare di antifascismo, del perché nell’Italietta mediocre di oggi il fascismo è ancora un pericolo, del perché esistono i Violante e i Pansa e perché sta passando una legge che equipara i banditi repubblichini ai partigiani.
La Giornata della Memoria è nostra, non sottovalutiamone l’importanza e non lasciamola ai sionisti.
Per Senza Soste, Nello Gradirà
16 gennaio 2009