La crisi dilaga, cassintegrazione a tutto spiano, licenziamenti dei precari, salari e pensioni che perdono sempre più potere d’acquisto, una finanziaria lacrime e sangue che taglia nel triennio 8 miliardi di euro alla scuola e 7 alla sanità pubbliche.
In tale pessimo clima politico-sociale, subito dopo che Veltroni dichiara la sua piena disponibilità ad un’ulteriore controriforma delle pensioni ed il PD si astiene sul federalismo leghista, arriva inesorabile, come una cambiale in scadenza, l’accordo a perdere del 22 gennaio sul nuovo modello contrattuale per i settori del lavoro dipendente privato e pubblico, accordo peggiorativo rispetto a quello già famigerato del 23 luglio 1993, che inaugurò la nefasta stagione della concertazione. Cisl, Uil, Ugl accolgono in toto la ricetta tanto cara alla Confindustria e al governo: liquidazione del contratto collettivo nazionale e salari agganciati alla produttività.
Altro che affrontare l’emergenza salariale! Il contratto collettivo nazionale di lavoro (unica difesa per l’80% dei lavoratori) viene nettamente ridimensionato, gli unici scarsissimi aumenti si potranno avere con la contrattazione di secondo livello (di cui gode il 20% dei lavoratori), favorita con misure aggiuntive di decontribuzione (opera del precedente governo Prodi) e di detassazione (opera del governo Berlusconi); per accedere a tali miserabili aumenti bisognerà comunque raggiungere in azienda determinati parametri di “produttività, redditività, qualità, efficienza, efficacia”, agevolando così il supersfruttamento e la reintroduzione del cottimo.
In più i nuovi contratti nazionali non avranno durata biennale, bensì triennale (sia a livello economico che normativo), erodendo un’altra quota dei nostri magri salari.
Di scala mobile neanche a parlarne, anzi viene anche modificato in peggio il meccanismo dell’indennità di vacanza contrattuale, che non sarà più automatico per tutti i comparti del lavoro dipendente, ma sarà stabilito in sede di contrattazione settoriale.
I risibili aumenti salariali nei futuri rinnovi contrattuali non saranno più legati all’inflazione programmata, ma ad un indice dei prezzi al consumo armonizzato a livello europeo (IPCA), depurato dall’aumento dei prodotti energetici e che non comprende i tickets sanitari.
Lo hanno decantato come un accordo di svolta; le relazioni tra sindacati, padroni e governo sono state definite non più conflittuali, ma collaborative.
Infatti Cisl e Uil (e i parafascisti dell’Ugl) hanno scelto da un pezzo la strada del collaborazionismo corporativo, perciò naturalmente sottoscrivono senza pudore il loro aumentato peso negli enti bilaterali, che non solo subordinano gli interessi dei lavoratori a quelli dei padroni, ma, tramite tali strumenti, sindacati concertativi e padroni controllano il collocamento ed in parte divengono diretti erogatori degli ammortizzatori sociali (come l’indennità di disoccupazione).
La Cgil, con uno scatto di dignità, non ha firmato, ma come fidarsi del maggior sindacato concertativo, che, in maggio, insieme a Cisl e Uil, aveva elaborato il documento da cui è partita la trattativa per la controriforma della contrattazione? Non è un caso che governo, Confindustria, Cisl e Uil, sottolineando che l’accordo è sperimentale e dura quattro anni, dichiarino che la porta
per la Cgil è sempre aperta.
Intanto si ipotizzano altre regole vessatorie su rappresentanza e rappresentatività sindacale, si fissano nuove moratorie degli scioperi durante le trattative per i rinnovi contrattuali.
Ed addirittura, nel terrificante punto 18 dell’accordo, si stabilisce di impedire l’esercizio del diritto di sciopero al sindacalismo di base nelle aziende del servizio pubblico locale.
Tutto ciò è intollerabile. Respingiamo al mittente, rispondiamo con la lotta a questo frutto marcio della concertazione e del corporativismo sindacalpadronale.
La Confederazione Cobas, insieme a Cub/RdB e SdL Intercategoriale, nell’assemblea nazionale del Patto di Base del prossimo 7 febbraio a Roma, in cui si metterà a punto una piattaforma anticrisi, varerà le necessarie iniziative di lotta per contrastare efficacemente questo micidiale attacco ai salari e ai diritti dei lavoratori innescato dall’accordo truffa del 22 gennaio.
Confederazione Cobas
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