I nostri saluti al magnifico Rettore Pier Ugo Calzolari,
che balla sulle macerie dell'università pubblica.
I nostri saluti ai suoi cortigiani,
riuniti in pompa magna.
Non abbiamo fatto in tempo a stampare abbastanza coupons d'invito all'evento dell'anno, ci ritroviamo ancora una volta intenzionalmente ai piedi del pulpito, ma non ascolteremo la predica.
Per fortuna, mentre noiosi balletti aristocratici si tengono nell'Aula Magna di Santa Lucia, qualcosa è successo.
In quattro mesi di mobilitazione le studentesse e gli studenti di questa e di altre università italiane ed europee hanno finalmente preso coscienza di quello che sta accadendo da quindici anni a questa parte: ci siamo finalmente resi conto che il processo di aziendalizzazione e privatizzazione dell'Università pubblica sta arrivando al capolinea, e non staremo a guardare. La distruzione è stata precisa e lenta, portata avanti con la stessa accuratezza con cui per il 24 gennaio si è organizzata la
festa.
Nel frattempo, al di fuori delle lustre aulae magnae, l'ennesima crisi del sistema finanziario internazionale colpisce duramente le lavoratrici e i lavoratori in tutti i paesi del mondo, le politiche repressive di questo governo fomentano il delirio securitario: il Pacchetto Sicurezza è un atto terroristico verso la libertà non solo delle e dei migranti, ma anche di chi esprime legittimamente il proprio dissenso politico eludendo le soglie della rappresentanza per una presa di parola diretta.
Mentre il Rettore e i suoi festeggiano, una nuova solidarietà sociale si salda attraverso le nostre lotte, Francia, Spagna, Paesi Baschi, Stati Uniti, Germania e Grecia: dovunque studenti e studentesse, lavoratrici e lavoratori gridano il loro dissenso, aprendo spazi di conflitto che minano alle basi il sistema della crisi.
133, poi 180, il denominatore comune è privarci dell'accessibilità allo studio e della libertà dei saperi, negare l'autonomia e la libertà della ricerca: non più studentesse e studenti, ricercatrici e ricercatori o insegnanti, ma semplici unità produttive di un sistema che non guarda alla nostra formazione ma che agisce nell'ottica della mercificazione delle nostre esistenze, all'interno dei circuiti universitari per sfociare poi in quel carcere di precariato che chiamano 'mondo del lavoro'.
Molto è stato fatto in questi mesi: abbiamo tenuto lezioni in piazza, abbiamo occupato le nostre università, possiamo addirittura affermare di esserci ripresi, in alcuni momenti, ciò che è nostro: la nostra libertà di auto-formarci, e di averla messa in pratica in momenti di condivisione, di critica e di conflitto. Abbiamo costruito percorsi politici con chi l'università la vive e vi lavora. Rivendichiamo la politicità delle nostre azioni, perchè vi riconosciamo un enorme potenziale di cambiamento.
Rivendichiamo la politicità della nostra mobilitazione, in opposizione alle mancate prese di posizione ambigue e vuote di contenuto dell'Università di Bologna e della sua classe dirigente su provvedimenti che la riguardano in prima persona.
Abbiamo denunciato, denunciamo, e continueremo a denunciare l'appartenenza dell'ateneo e la connivenza del Rettore con l'Aquis, il vero Circolo dei Baroni, accaniti a raccogliere le briciole che cadono dal banchetto del finanziamento pubblico. Ci opponiamo e resisteremo al tentativo di imbrigliare la libertà dei saperi e della ricerca nelle maglie di una
"qualità" che appare come un certificato di garanzia per il miglior compratore, e che non risponde alle necessità e ai bisogni
dell'Università, ma a quelli di Confindustria.
Mettiamo in pratica percorsi di cambiamento che partano dalle nostre aule, ma che mettano in discussione il sistema intero cui siamo costretti a partecipare, che costruiscano dissenso dal basso, per un'università libera, per liberare la cultura.
Assemblea Permanente noGelmini - Scienze Politiche
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