L'emergenza giudiziaria infinita degli anni '70

Scalzone e l'affaire Battisti

Il testo che segue è la “sbobinatura” di un’esposizione a voce di Oreste Scalzone sul "caso Battisti". Scalzone le chiama "Considerazioni a caldo dopo un respiro di sollievo". "Opinion-Makers e Maîtres-à-penser si stracciano le vesti, perché il buon nome dell’Italia è stato infangato dalla decisione del ministro della giustizia brasiliano" - dice l'ex leader di Potere Operaio - ma molti di loro non hanno detto negli anni passati che l'Italia non è mai uscita dal fascismo, che è stato un Paese luogo geometrico di strategie della tensione, servizi segreti deviati, scorribande della Cia, tentativi golpisti, stragismi, “piduismi”, mafie, corruzioni, Gladii vari?"


18 gennaio 2009 - Oreste Scalzone

Oreste Scalzone Cominciamo dalla fine –dal secondo giorno– andando poi a ritroso, come nei Curriculum.
15 gennaio 2009

Sarà un adagio divenuto frusto per l’uso e l’abuso – come quell’altro, , o i proverbi popolari su apprendisti stregoni, pifferi di montagna, . Saranno logori, come qualificativi tipo o , ma qualche volta sono perfettamente pertinenti, semanticamente pregnanti e neanche iperbolici, come l’abusatissimo “in-audito” utilizzato a sproposito per cose udite, per déja vu, déja entendu fino alla nausea…

Punto uno : basterebbe andare a leggere il letamaio delle reazioni popolari che i siti de La Repubblica, il Giornale, il Corriere della Sera (e non abbiamo guardato altri ‘ridotti’ del “giustizierismo”, nella fattispecie , da Libero a L’Unità, & compagnia cantando), per non poter non pensare che essi ‘chiudono il cerchio’, rappresentano un palpitante riscontro alla tesi del pericolo di vita che Battisti correrebbe se fosse estradato.
La cosa è talmente flagrante, che non mi stupirei se qualche “meta-paranoico” pensasse che queste reazioni sono una ‘fiction’ inscenata ‘dalla nostra parte’, da parte di chi si è battuto contro le estradizioni, da parte di chi ha sostenuto Cesare Battisti, da parte sua: tanto questo coro osceno e briàco conferma le cose di cui si duole quando vengono evocate…
E’ infatti tutto un rutto di white shit, che trasuda puzzo di turba di linciatori da KKK preceduti da forche e urla di , di SA scatenate al grido di , di teppa di “Cekisti” in senso salamoviano, e roba simile. Non mi si accusi di iperbole, perché è chiaro che si tratta di “cazzimme” da poveracci frustrati, ovviamente anche vili, che vogliono uccidere a parole, si imbrancano anonimi nella turba, esalano passioni tristi malvissute e irrisolte…
[Non mi si faccia l’obiezione sulla banalizzazione (epperchénnò, “negazionista”…) di cose ben più grandi, fino ad esser percepite come male assoluto… Perché, tra i berci laidi di questa teppa, uno dei suggerimenti è quello di “fare come con Eichmann” – dunque sono loro che “banalizzano Auschwitz” : forma di negazionismo per comparazione (mah, già…. quello viene, dagli uni e dagli altri, usato e denunciato a corrente alternata : cioè, vi si incorre, e/o ricorre, ad ogni passo, e lo si rinfaccia al dirimpettaio, all’Altro in faccia…quello che la peste vieta di chiamare e ingiunge di chiamare , che in realtà è concorrente, e che la “propaganda di GuerraSanta e Giusta” rispettiva e reciproca presenta come mostro, dèmone, fuori-dell’-umano …). ]

Punto due: ma, a parte le reazioni,
che potrebbero essere accollate a “popolaccio”, “bue”, a “plebaglia” … come le Animebelle-con-puzza sotto il naso a buon bisogno altezzosamente sanno fare, per esportare responsabilità quando vedono ‘maleparate’… – a parte questo, c’è dell’altro.
Opinion-Makers e Maîtres-à-penser – e qui parliamo in particolare di quelli di sinistra – si stracciano le vesti, perché il buon nome dell’Italia verrebbe infangato… Ma chi ha per anni alimentato una lettura “complottista”, cripto-crato-fòbica, tessuta di paranoia e di razzismo morale, verbalmente “iperterroristica”, grondante non già qualcosa di limpido, come la critica e l’inimicizia, ma qualcosa di buio e abietto… risentimento, demonizzazione, “sotto-umanizzazione”…con un misto di sottoprodotti di padronalità, di razzismo colonialista, di stalinismo e di nazi-fascismi, seppure in sedici…mill’esimo ?
Chi è venuto per anni a vociferare, sulle colonne di Le Monde, alle radio, nelle emissioni culturali, di un’ , di un Paese luogo geometrico di “strategie della tensione”, servizî segreti deviati, scorribande della Cia, tentativi golpisti, stragismi, “piduismi”, mafie, corruzioni, Gladii varî, clerico-fascismi & quant’altro… tutto questo visto come la dominante, come l’elemento più forte che definiva la natura dell’ “Italia del regime democristiano” ?
Chi ha per anni tirato le royalties di questo tipo di rappresentazione, di questa “scenarizzazione” da disinformacjia kagebista? Questa ‘vulgata’, noi operaisti, e in particolare nojaltri dell’operaismo insurrezionalista di Potere Operaio, l’abbiamo con le unghie e coi denti sempre contrastata, non solo “per amor di veridicità”, di pertinenza critico-analitica (e, direi, di rispetto dell’intelligenza…), ma anche per il suo carattere intrinsecamente contro-rivoluzionario : primo, perché “autoterroristica” e disfattista; secondo, perché non c’è provocazione o repressione che possa essere più efficace e rapida del virus del sospetto generalizzato, della spiegazione di fatti e cose ‘via’ il concatenamento di sofismi paranoici ; terzo, perché una lettura del genere consolida l’idea di una impensabilità di qualsivoglia gesto ribelle, di qualsivoglia sommossa o sassaiola, se non come “provocazione” il cui segno è “tutt’il contrario”… [come quelli che vociferano “Viva la Resistenza X o Y!!!” eppoi, non appena viene registrato un atto, e non qualcosa di virtuale ; e a scorrere sia emoglobina per davvero, non anilina o simili, trovano che non possono che esserselo fatto “Loro”…].
Questa vulgata, che finisce per suicidare il pensiero critico riducendolo a pensiero-Propaganda (in ciò esaltando una costitutiva subalternità “omologica” in vera e propria concorrenza mimetica, e divenendo un ‘calco’, una grottesca speculare caricatura di procedimenti logico, concetti, “Valori” dominanti […]), noi l’abbiamo attaccata ogniqualvolta – certo, con perfetta buonafede e miglior’intenzioni – qualcuno ha pensato di farvi ricorso per la buona causa, comune, della difesa di qualche compagno/a. Nella fattispecie, abbiamo ritenuto che certi scenarî di ispirazione “girotondista” finissero per diventare una sorta di “fuoco amico” : questo perché certa ciurmaglia “giustizierista”, che –essa – aveva contrabbandato certi temi all’estero, per esempio in Francia, quando ciò che avevano sparso a piene umani, con una buone dose d’improvvida ingenuità, veniva usato (credendo di far bene, ma sbagliandosi di nemici per difetto, e di amici per eccesso ; e non considerando quanto carogne potessero essere certe “fonti” ispiratrici) come argomentario propagandistico a difesa. Ma, ora che essa costituisce un argomento ad abundantiam per un rigetto d’estradizione, non possiamo che dire ai giustizieristi : ben vi sta, tanto peggio per voi ! Soprattutto sapendo che – al di qua e al di là di quest’argomento, ce n’è abbastanza per fondare incontrovertibilmente un rifiuto d’estradizione.
Oggi, è più che legittimo dire: come? Adesso venite a fare gli offesi perché si parla di mafia, colpi bassi, stragismo, illegalità di Stato e di ? Dunque, di colpo, col solito “contrordine (eppoi contro-contr’ordine, e contro-contro-contr’ordine, e…), ci venite a dire che, non so, “la mafia non esiste”?
E l’articolo 41 bis, allora? (vabbe’ che avete la faccia come… [omissis] e pretendete che venga disconosciuto il carattere di a qualcuno a cui avete applicato le aggravanti per reati decretati in sentenza come compiuti !!! […] – almeno, Cossiga ha scritto a Lula dicendo che per lui noialtri siamo stati del “delinquenti politici”, magari “criminali” o “terroristi”, ma che, certo, è indecente pretendere adesso che si sia trattato di “delinquenza detta , cioè endemica, ordinaria e privata, per fini utilitaristicamente ! [Certo, qualcuno che vuol fare il sofisticato può dire che, al fondo, sotto a tutto, nei ‘sottobasamenti’, nei territorî per lo più inconfessati e il più spesso insospettai, al di sotto del livello cosciente, giocano sempre delle “economie politiche”, , in cui, a quello che in altre economie è percepito e dichiarato come , , corrispondono , e che dunque sempre c’è un “interesse privato”, privatissimo, anzi più profondo ed intimo… Ma questo vale anche – anzi, soprattutto, per santi, martiri, eroi – e allora? Allora è solo occupandosi degli esiti, valutandone con l’arma della critica la natura, che si può evitare di perdersi in un gioco di scatole cinesi, in una vertiginosa matrioska d’illazioni, a proposito di intenzioni, di rivendicazioni di e diagnosi di in senso clinico, di ragioni o delirî, di meta-delirî, buonefedi e false coscienze… , per cui cui ogni giudizio è illazione, permutabile, in un gioco di “vero”, verosimile, falso, falsovero…].
La forma, la fase, della penalità dell’Emergenza, si legittimava su uno sociale [, come teorizzava Santi Romano attorno al terremoto di Messina e alle misure eccezionali che – pretesto e/o “psicosi” per gli uni, necessità razionalmente motivata per gli altri – venivano decise].
L’extra- o anti-giuridismo (nel senso della messa in mora, sospensione o stravolgimento, restrizione, cancellazione di criterî, procedure formali, , forme di autolimitazione della forza per poter fondare e rifondare la prerogativa dello Stato a detenerne l’uso in regime di monopolio, per poter sacralizzare-naturalizzare e in qualche modo rendere tanto più invisibile quanto più vigente la forza di coazione, di controllo, di repressione, di punizione, di distruzione di parte istituita, istituzionale) dell’Emergenza, nella forma giudiziaria innanzitutto e in ultim’analisi, che si fa ‘Governo’ , del suo essere non dichiarato, non limitato nello spazio e nel tempo, senza linea d’inizio né di fine, senza uscita, eccezione sfacentesi regola, regola normalmente eccezionale, specialità ordinaria… […], si autodecretava legittima ponendosi come incarnazione di un interesse sociale leso, ponendo la come forzosamente coincidente col , emettendo sentenze – con tutto il grado si mi[s]tificazione “in nome del …
Ma si è passati poi ad una fase e forma ulteriore e formalmente, in punto di logica, opposta : mettendo al centro come sorgente del la parte lesa – cioè comunque una parte privata, che nella pregressa architettura processuale e penale in genere (in norma, in dottrina, in giurisprudenza) era limitata, “accantonata” in luoghi, ruoli, facoltà rigorosamente limitate […] –, si finiva per chiudere un circolo vizioso.
Una volta teorizzato un “diritto/dovere assoluto” dei rappresentanti ad esigere l’individuazione di colpevoli, la loro punizione massima, sistematica, certa, senza fine, pena l’impossibilità di elaborare il lutto e dunque la realizzazione di un crimine continuo e crescente, le conseguenze diventavano vertiginose. A rigore, si dovrebbe reintrodurre – se si deve sempre individuare e designare un colpevole – il capro espiatorio, con in più (come nota René Girard) la sua stigmatizzazione come colpevole, dentro l’ibridazione di codici con quello della dialettica dell’innocenza e della colpa, della Vittima e del carnefice.
A rigore, si dovrebbero trarre le conseguenze formali, e cancellare dalle Costituzioni e dalle norme istituti come l’amnistia, l’indulto, nonché la prescrizione – innanzitutto quella della pena ; nonché l’onere della prova e quant’altro ancora… […].
Forse più ancora – o comunque in sinergia con essa – che la vertiginosa applicazione di un’escalation di controllo, di sorveglianza, come forme di prevenzione spinte dal nefasto delirio di un in attingibile (quello che si usa chiamare psicosi securitaria, sorta di delirio fobico in larga misura provocato come forma di “populismo penale”, nel grumo di demagogie del mercato integrato politico/spettacolare), non può che arrivare a degli esiti da incubo una tossicomania punitiva che in parte è, con abietta majeusi, “pescata” dai viscere dell’umano, troppo atrocemente umano, e in parte è instillata, “fabbricata” dall’esterno, ‘dall’alto’…

Punto tre : vogliamo concludere questo “preambolo” con un giudizio sferzante, e di sfida.
Non solo il coro orrendo e osceno che emerge da orridi bassifondi e sottosuoli antropologici, ma anche e soprattutto l’accanimento, crescente, vendicativo, anomalo, che la nella sua quasi interezza, nonc’è i piani alti della cosiddetta che allo Stato è articolata, che si pone come interfaccia fra esso e la società, ogni giorno conferma quello che è un fumus persecutionis che ogni minacciato d’estradizione può accampare.
Non si tratta de la parola di qualcuno contro la parola di qualch’altro : è che, nel farsi di questo stesso contenzioso, che sono “LorSignori” che danno la prova che il diffidarne è fondato. “Incaprettatisi” da sé, se continuano non possono che scavarsi la fossa : più continuano, più dànno la prova di una necessità di mettere i dispositivi che costruiscono, in quarantena.
Né varrà dire che chi in quarantena li tiene, magari contro il suo proprio fa come, se non “peggio”, di loro : che non sanno che questo è un discorso spuntato? Che è della natura di ogni Stato, quando è in gioco una sua facoltà e prerogativa sovrana, esigere dall’altro ciò che lui stesso vïola ?
Il loro guaio, è che loro hanno conosciuto un’onda d’urto, un lungo periodo di latenza insurrezionale (che qualcuno ha chiamato “piccola guerra civile strisciante, di bassa intensità” ), e che non avendo dato ad essa un esito “classico”, quello di una soluzione politica amnistiale, si condannano ad essere questuanti. Non essendoci simmetria e reciprocità, gli altri, i numerosi “Paesi richiesti”, quanto più loro torneranno alla carica, tanto più gli risponderanno “picche”… Credo si possa dire, che ci si può contare […].
[A questo testo seguirà una risposta a Francesco Merlo per il suo articolo Lo strano asse Parigi-Rio, uscito su La Repubblica di oggi, 15 gennaio] .

14 gennaio 2009
Non faccio a tempo ad esprimere la felicità fisica che provo ogniqualvolta una vita, un destino, viene salvato, portato fuori dal cono d'ombra, dall'ombra lunga di un orizzonte di galera, specie quando essa è "a vita", cioè a morte (e questo vissuto, poi, quest'emozione con una intensità comprensibilmente accresciuta quando si tratta di persone che son state compagne di destino) che mi arrivano gli echi delle dichiarazioni aspre e recriminatorie provenienti dall'Italia.
Si mescolano assieme le voci dei politici, degli opinion makers, degli uomini pubblici delle istituzioni, e quelle dei "familiari delle vittime" riuniti nelle corrispondenti associazioni.
Devo dire che i secondi – quelli tra loro che non sono cooptati nel mercato politico-istituzionale – sono concretamente, al presente, vittime dei primi. I politici dovrebbero sapere che stanno violentando queste figure vittimarie mandandole allo sbaraglio, esponendole a laceranti frustrazioni quando dànno corda ad una sorta di idolatria dell'identità di vittima, ad una sua totalizzazione ed eternizzazione, ad una sua pretesa di costituirsi in "fonte di diritto", sorgente e legittimazione di norma, e di prassi penale.
Sette paesi nel mondo hanno sistematicamente risposto no, per più di un quarto di secolo, alle richieste di estradizione – avanzate dalla Repubblica Italiana – di "terroristi", imputati o condannati, a seguito dei cosiddetti anni di piombo", per ( in qualche caso di estrema
destra, nel caso più diffuso, di estrema sinistra). Facciamone una rapida lista :
- Francia (con la cosiddetta dottrina Mitterrand, l'accoglienza, nella forma dell'asilo di fatto, concessa ad un
migliaio di fuoriusciti dall'Italia, la non-estradizione di 92 persone sulle 94 sottoposte a procedimento di estradizione. Le eccezioni sono state Battisti – eccezione rimasta sulla carta --, e Paolo Persichetti, che purtroppo fu materialmente estradato perché sette anni dopo la firma di un decreto d’estradizione non a caso mai eseguito, lo Stato italiano nella persona del delinquente giudiziario – a meno che non si tratti d’idiozia – sostituto procuratore di Bologna Paolo Giovagnoli costruì una montatura poi miseramente caduta, inventandosi una pretesa spola per Persichetti tra Parigi e Bologna.) ;
- Brasile ( non ha estradato numerosi italiani, tra i quali basti ricordare, prima di Battisti, i casi di Valitutti, Lollo, Pessina, Mancini ) ;
- Canada (caso-Piperno ) ;
- Gran Bretagna ( numerosissimi di parte neofascista, tra cui Morsello e Fiore )
- Grecia (casi-Folini e Bianco)
- Argentina ( caso-Bertulazzi ) ;
- Nicaragua ( presenza di una relativamente cospicua colonia di fuoriusciti dall'Italia ; in particolare, caso-Casimirri ) ;
(non citiamo il contenzioso Italia/Giappone a proposito del caso-Zorzi, perché lì c’è fondato motivo di pensare a ad accordi sottobanco, connivenze fra servizî, e simili…).
Oltre al caso di Paolo Persichetti, un’altra eccezione rispetto a questo atteggiamento costante è rappresentata dalla rimessa brevi manu, e militari, all'Italia da parte del governo e dei servizi segreti dal'Algeria – via quell'altro Paese campione dei diritti umani e delle garanzie che è l'Egitto, di Rita Algranati e Maurizio Falessi : una vera operazione di “kidnapping morbido”...
Si tratta dunque di ben altro che di una anomalia- Mitterrand : no, l’anomalìa che manifestamente appare è quella italiana. Ora, qual’ è quest'anomalia italiana, e perché diciamo che i kapataz istituzionali – politicanti in testa – dello Stato italiano strumentalizzano e in qualche modo fanno violenza morale agli stessi familiari delle vittime, seminando tra loro illusioni per altro infime, col rivoltante cinismo demagogico del populismo penale sul drittofilo della formazione di uno Stato Penale?
Fingono di non sapere – o forse nel loro imbestiamento non sanno neanche più – che fa parte dei fondamenti del giuridismo moderno il carattere temporalmente finito della Giustizia penale.
è nozione a fondamento teologico dei tribunali dell'Inquisizione, implica come presupposto la trascendenza. Il “diritto/dovere assoluto dello Stato di individuare e punire – e delle
parti civili di veder sempre designati, scovati, arrestati e puniti dei , tutto questo è nefasta utopia, conato assolutistico e totalitaristico da Stato etico.
La centralità di una filosofia giudiziaria “giustiziera” (e oltretutto ) di tipo "vittimolatrico e vittimocratico", non solo non può che passare – osserviamo, estrapolando al limite –
dal mercato delle identità, dei vittimismi, dei conati vendicativi e punitivi, degli egocentrismi, delle , del risentimento, delle , epperciostesso di eguali&contrarie pulsioni d’annientamento, ad una sorta di massacro generalizzato, per Coppie di egotismi manichei all’unisono, “tra tutti e tutti”. L’ideologia e la pratica vittimocratica che si somma ed entra in sinergia con l'Emergenza ( come inconfessato, dissimulato, Norma che diventa regolarmente eccezionale, eccezione che si fa regola.... ) compie una mutazione della penalità che la rende, oltretutto, extra-/anti-/post-giuridica. è termine che usiamo, non per nostalgia, illusione illusinistica e autoincantatoria, o adesione acritica allo stesso, nella sua – peraltro introuvable – versione “pura”,”corretta” , ma perchè teniamo conto (con le relative conseguenze pratiche) che per sue ragioni, per fondare, legittimare e incessantemente rilegittimare la sua auto-decretazione di detentore in regime di monopolio della forza legittima, lo Stato deve – nella forma, colsuoportato di ‘falsa coscienza’, del Diritto – autolimitare il dispiegamento della sua propria forza : ché se dispiegasse sistematicamente e contro il nemico interno il massimo di forza militare come quando si bombardano Hisoshima, Coventry o Dresda, o si deportano, rinchiudono nei campi, sterminano intere popolazioni o gruppi umani d'altra natura, si diventa chiaramente,agliocchi di tutti, < la banda più forte>, con le conseguenze del caso e cioè la permanente guerra di tutti contro tutti.
Le estradizioni vengono negate in primo luogo perché la legittimazione dell'esecuzione della pena si va attenuando nel tempo: se così non fosse, non esisterebbe la prescrizione della pena. Se dopo un tempo, sia pure lungo, trascorso dal momento di una condanna in via definitiva,una persona che si sia sottratta all'esecuzione della pena beneficiadi una prescrizione, cessa di essere ricercata e può rientrare nella vita comune, questo vuol dire che a livello qualitativo, concettualmente, la pena, dunque la Giustizia penale, non è, non puo’ essere "infinita".
Il fatto che delle pene molto lunghe non pervengano per così dire “in tempo utile” ad esser prescritte, è fatto trivialmente quantitativo: per gli ordinamenti vigenti nel mondo, nel loro diritto, gli unici reati imprescrittibili, qualitativamente sono quelli definiti : genocidio, deportazione, massacri etc....
Laddove, per motivi – diciamo— banalmente contabili non è tecnicamente la prescrizione che interviene, c'è però un'altra logica costitutiva del diritto, che è, per così dire, spaziale. Fintanto che esiteranno degli spazi di sovranità che si chiamano Stati, permangono delle garanzie che gli Stati stessi hanno dati a se stessi, e che sono la facoltà, che naturalmente poi si trasforma in regola, di non estradare verso altri Stati i "nemici interni" di questi, che siano riusciti ad esfiltrarsi ed abbiano chiesto asilo di nome e/o di fatto.
E' per questo che il riflesso di una interna, crescente anomalia italiana rappresentata dal rifiuto costante e crescente di metter mano a quella che sarebbe la soluzione politica classica per dei problemi di questa natura e cioè la decisione di promulgare una legge di aministia ed indulto, vale ad dire una misura di , come si dice nel lèssico giuridico francese, o di , come si dice in quello italiano.
Questa anomalia italiana, oltre che all'ignobiltà e pochezza delle cosiddette classi dirigenti, sembra dovuta la fatto la sbandierata vittoria sul è l'unico valore fondante inalberato sul sacrario di paccottiglia della cosiddetta “seconda Repubblica” ; questa anomalia crea grattacapi, crea imbarazzo, mette a disagio i partners statuali, i governanti dei “Paesi richiesti”, cioè sollecitati ad estradare : cioè quelli presso i quali l'Italia si precipita a reclamare prede. I procedimenti inizialmente ‘scattano’ in virtù di solidarietà corporative tra i meccanismi, i réseaux e rélais del controllo e della repressione, quindi tra magistrati e poliziotti, professionisti degli antiterrorismi, della caccia all'uomo, che di queste operazioni nutrono la riconferma della loro ‘ragion d’essere’, attirano finanziamenti, concentrano ‘poteri’, dispiegano ambizioni. Ma quando poi entrano in scena i governi, non possono chedolersi della situazione di imbarazzo in cui la proterva e rancorosa querolumania di parte italiana li mette.
Vedremo se per suo precipuo interesse la parte italiana questa volta la capirà, o se continuerà a farsi scudo dei familiari delle vittime, in qualche modo oltretutto violentandoli.

Un’ ultima parola, per ora (e non per private-joke o pignoleria). Credo che vada reso omaggio, in una lista di
riconoscimenti che omettiamo per motivi di tempo e spazio, alla tenacia rispetto al caso Battisti della scrittrice Fred Vargas : tenacia che, agli occhi chi scrive, riscatta almeno lei dal cumulo di idiozie, quel ch’è peggio, controproducenti come un fuoco amico, di cui la leadership della componente romanziera della campagna contro l'estradizione di Battisti qualche anno fa in Francia aveva farcito il proprio argomentario. E' motivo di ragionevole ottimismo pensare di questo esito della vicenda - Battisti serva non solo a lui – cosa che è oggi la più importante, bastante già di per sé a rallegrarsi – ma anche alla vicenda e al destino di tutti e ciascuno, uomini e donne fuoriusciti “degli anni 70”. Al contempo, è giusto sottolineare – tenuto conto anche di cose pur fuggevolmente, più che smentite, ridimensionate, comparse recentemente sulla stampa internazionale – che questo tipo di svolta sembra anche risentire di un maturato atteggiamento della parte francese. Se in qualche modo il presidente Sarkozy sembra voler reincarnare una attitudine piuttosto “mitterandiana” in materia, questo è dovuto in larga misura ad un’ altra tenacia resistenza, quella di Marina Petrella, dei suoi avvocati, Jean-Jacques De Felice ed Irene Terrel, e di uomini e donne, tra i più svariati e diversi, che hanno tessuto un mirabile contrappunto di lotta e praticato quella che si può definire in termini deleuzian-guattariani una , e in linguaggio foucauldiano . Oggi è il momento in cui si possono sospendere le controversie – sempre necessarie e feconde quando sono scevre di inutili recriminazioni ed ispirate alla ricerca del meglio – per felicitarsi un po’ tra tutti e tutte.

Poscritto « strettamente personale & peraltro pubblico » (come dire..”intimopubblico”)
Devo dire :è da quando proditoriamente fu ghermito un pezzo di vita di Paolo Persichetti che – al di là della reazione passionale per lui, per uno di “noi” nello spazio “deontologico” del mio specifico impegno e ‘responsabilità locale’, ‘di prossimità’; per lui, per sovrammercato, anche specificamente compagno-amico-complice di penna, di lavorìo critico --, fu in prima e ultima istanza per me che decisi che, come quando si era trattato della mia propria vita in galera, sarei stato disposto a mettere in gioco “tutto” nella logica di... ‘o la va, o la spacca’.
Da allora, sono stato trattenuto “con le unghie e coi denti” da una coalizione di affetti, autentici e ‘familisti’ al contempo, che, in modo ossimoricamente commovente/esasperante, ha finito per “placcarmi” ( e ho ceduto, non – o non solo --, per il mio “tallone d’Achille”, quello che ho chiamato empatismo parossistico come la specifica, singolare forma di ... ciascun la propria, e guai a chi la disconosce... chi empatico-egocentrifugo, chi autarchico o altro... Ho finito per soprassedere, perché la cosa aveva bisogno di complici attivi ; e se non c’era nemmeno uno, una, una sola persona fra le più intime disposta a farmi da punto d’appoggio su cui far leva... non ci si puo’ sollevare tirandosi per il codino come il personaggio di Munchausen...).
A questo punto, pero’, mi sento in dovere di comunicare – in un momento di “bonaccia” in materia, una determinazione in proposito. Non si tratta di una sfida, nè di una rodomontata : in una logica che è quella dell’ azione diretta non-violenta radicalmente opposta all’alienazione legalista, si tratta, in qualchemodo, di una “messa in guardia” (o se si vuole – in logica arrovesciata rispetto a quellq di una “minaccia”).
Spero non se ne offra l’occasione, cioè la necessità. Spero è che i reiterati fallimenti in materia finiscano per dissuadere i “responsabili [?!?] politici”,istituzionali italiani a ‘desistere’ dalla loro delirante ossessività (basterebbe un ragionar giuridico, e/o politico : mettono forse in avanti l’esigenza assoluta di un carattere integralmente realizzato della , della certezza del castigo, nei teatri di conflitti anche interni ben più devastanti ? Evidentementeno, sono pronti a spiegare che “la pace si fa con i nemici”, che una soluzione d’amnistia puo’ essere, oltrechè opportuna, legittima! Questo intacca dunque ilcarattere assoluto di un dispositivo d’impedimento !
Spero, ma non sono ottimista. E dico che se,per dannata ipotesi, la parte italiana dovesse riprovarci, e qualche altra vita edestino minacciati,il sottoscritto ha maturato la serena determinazione a mettere in gioco il proprio corpo, disposto ad andare in fondo.
‘’Sacrificale’’, e dunque responsabile della ‘cattiv’azione’ di trasmetterericatti morali e colpevolizzanti? Direi di no. Rispondere, sincero, che <‘lo farei per me!>.
Il grumo di avvinghiati deliri sviluppatosi su terreno di postumi ed esiti di un decennio di lotte arrivato fino alle armi mi ha afferrato e portato con sé,lasciandomi poco respiro per tant’altro,per il resto. Questa “questione” mi ha preso la vita... Non recrimino, lo rifarei...Certo pero’ che su quell’estremo ridotto, su quello ‘scampolo di risulta’ degli orizzonti del sogno, rappresentato dall’ , accettare la sconfittasignificherebbe aver buttato al vento una trentina d’anni della propria vita... Per rispetto di sé, , non si pu’o che esser disposti a giocarsi tutto...
Tutto qua. In un caso malaugurato di ulteriore recidiva dello Stato italiano, prima di subire una loro vittoria il sottoscritto –tappandosi finalmente le orecchie rispetto alla tenaglia fra obiezioni ora legaliste, ora “di buon senso”, e lo sterile ideologismo di chi... (e viene da rispondere: ma, in questa logica del “tutt’o niente”, mi pare che in piedi si prenda il caffè al bar...) – sarebbe disposto ad unaforma comelo sciopero della fame realmente ‘ad oltranza’. In questa società democrato/demagogica e “spettacolare”, non si vede bene l’utilità per ”lorSignori” nel loro insieme di veder la loro bela camisa macchiata da uno schizzo del sangue di qualcuno...
Economia contro economia, è più forte la motivazione, foss’anche di uno solo, che non ha più trent’anni ma il doppio e più, a non lasciar dilapidare quel poco di che ha avuto una parte così cospicua della sua propria vita, che quella di “LorSignori” di pagarsi il lusso di una vendetta-punizione senza fine...