Venerdì 5 dicembre, ore 21
Sala del Silentium - Vicolo Bolognetti 2.
Dibattito:
"Crisi dell’auto, cassa integrazione e licenziamenti"
Partecipano:
- Tiziano Rinaldini - CGIL -Emilia Romagna;
- Enzo Masini - FIOM – Coord.to Fiat Auto;
- Massimo Serafini - Legambiente;
- Oscar Marchisio – BolognaCittàLibera
Nella stessa giornata in cui Bologna città libera organizza un dibattito sulla crisi del settore automobilistico e le sue conseguenze economiche, occupazionali e sociali, nei padiglioni del Fiera District, per il Motor show, si tiene un convegno dalle premesse diametralmente opposte. I relatori sono una "garanzia" (il politilogo americano, teorico della guerra preventiva, Edward N. Lutwark, e Gianfranco Fini). Anche il titolo è una certezza "Uscire in auto dalla crisi".
Ecco il comunicato di Bologna città libera:
Noi, invece, vogliamo parlare del fatto che in tutto l’Occidente le industrie automobilistiche mettono in cassa integrazione, licenziano e chiudono stabilimenti. Il problema non è congiunturale, anche se il crollo del sistema finanziario lo ha accelerato. Il problema è che l’automobile è morta. E’ morta come oggetto di consumo: più auto si producono meno l’auto serve per svolgere la funzione cui sarebbe destinata, cioè muoversi e spostarsi sul territorio, dal momento che il territorio è pieno di scatole di metallo che impediscono la circolazione. E’ morta perché il costo dell’energia è destinato a crescere, e perché la gente non ha più soldi, e infine è morta perché un numero crescente di persone si rende conto del fatto evidente che l’aria è divenuta irrespirabile.
Non si tratta di una provvisoria congiuntura che passerà presto, come una tempesta d’estate. Non ci sarà ripresa per il ciclo dell’automobile e in generale non ci sarà mai più crescita industriale. Vogliamo rendercene conto o preferiamo raccontarci delle favole?
Il crollo del sistema finanziario, la fine del ciclo dell’indebitamento, la portentosa crisi dell’occupazione che sta falcidiando dovunque il salario e la domanda non sono, come più volte accadde nel passato, aggiustamenti congiunturali del ciclo della crescita. Sono la fine della storia dell’egemonia occidentale e anche la fine del modo di produzione industriale. Ora alcuni sembrano stupirsene, ma è un argomento del quale si scrive da oltre trent’anni. Il ceto politico e industriale fa finta di non saperlo, o forse – peggio ancora – non lo sa.
Abbiamo deciso, in occasione del Motor show, kermesse bolognese dedicata ad esaltare l’auto-immobile, di dichiarare finita la festa dell’automobile. Non perché siamo pazzoidi nemici del benessere, ma perché la festa è finita davvero, e poi perché si tratta di una festa macabra. Una festa nella quale si esalta un oggetto inquinante e mortifero che non svolge più la funzione per cui era stato concepito oltre cento anni fa: favorire la mobilità. L’auto è immobile, in coda permanente, è fonte di stress e di cancro. Che c’è da festeggiare? Grazie al cielo l’auto agonizza. Prendiamone atto, andiamo oltre, inventiamo qualcosa di nuovo, investiamo su oggetti più degni del nostro entusiasmo.
Ci sono tre problemi seri nel nostro futuro: il primo è la vita di milioni di lavoratori che stanno perdendo il lavoro e nei prossimi mesi e anni diverranno un esercito enorme. Il secondo è la mobilità nelle città, il terzo l’inquinamento determinato dalle emissioni da petrolio.
Nei giorni in cui in città si celebra un rito retrogrado come il Motor show, dove ci cerca di pubblicizzare un oggetto tecnologicamente antiquato e socialmente dannoso, vogliamo discutere delle possibilità di uscire dalla crisi del ciclo dell’auto senza provocare un trauma sociale profondo.
Redistribuzione del reddito, garanzia del salario, investimento e ricerca in nuove direzioni per una mobilità sostenibile ed umana: questi sono i temi di cui vale la pena discutere, negli stessi giorni in cui si svolge lo spettacolo mediocre chiamato Motor show.