Report dell'incontro tra Luis Sepùlveda e gli studenti bolognesi

Lo scrittore del continente indio

A Santa Lucia lo scrittore cileno Luis Sepúlveda, che incontra gli studenti per presentare il suo nuovo libro, finisce per parlare anche di attualità ricordando le sue lotte da studente universitario
12 novembre 2008 - Michele Maisto

sepulveda Comincia con un ricordo della sua università la chiacchierata con Luis Sepúlveda tenutasi in una gremitissima Aula Absidale di Santa Lucia. L’università come luogo di ribellione, una ribellione che in Cile cominciò nel marzo del ’68 e si concluse nel 1970 con l’elezione a presidente di Salvador Allende. E molto simbolicamente il primo presidente socialista del Cile tenne il suo primo discorso dopo l’elezione proprio all’università riconoscendo il ruolo fondamentale degli studenti nel pensare, criticare, riprogettare la società. In un’ora e mezza, intervistato dallo scrittore Pino Cacucci e rispondendo alle domande degli studenti presenti, Luis Sepúlveda ha presentato il suo nuovo libro di racconti, La lampada di Aladino (Guanda), e ha raccontato personaggi incontrati durante la sua vita come l’Aladino Sepúlveda, a cui è dedicato uno dei racconti, che viveva nella vecchia casa di Butch Cassidy e Sundance Kid occupandola illegalmente perché “una casa è fatta per essere abitata” e non per rimanere vuota, o il custode mozambicano della redazione di Maputo in cui lo scrittore ha svolto per qualche tempo il corrispondente per il giornale tedesco Der Spiegel. Ma si è parlato anche di attualità, dell’elezione di Obama, presidente di un paese che non si chiama America ma Stati Uniti, perché “anche io sono nato in America! Nel continente americano”, e della situazione della sinistra italiana. “Il ruolo della sinistra deve essere quello di salvaguardare la dignità della persone e la giustizia sociale. Sono molto preoccupato per la dirigenza di questa sinistra attenta solo al design ideologico. E poi questo cammino al centro che è stato intrapreso. Mi spiegate che casso significa?” dice Sepúlveda che pur esprimendosi in un italiano perfetto tradisce l’influenza della sua lingua madre.

Ritornando al titolo del suo libro, come dice Pino Cacucci, “basta sfregarlo” e Sepúlveda ci racconta anche un po’ di America Latina, una parte del mondo vastissima che non si può racchiudere in un’unica definizione. Ma soprattutto non va dimenticata la stragrande maggioranza della popolazione centro e sudamericana, gli indios. Pur essendo, ad esempio, in Bolivia e in Perù l’80% della popolazione ed in Argentina il 40%, sono sempre stati dimenticati dai governanti dei loro paesi. Per Luis Sepúlveda il momento di svolta avviene probabilmente nel 1994, al momento della firma del primo trattato di libero scambio tra Stati Uniti e Messico. Lo stesso giorno, infatti, in Chiapas insorge l’Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale, non per prendere il potere o fare la rivoluzione socialista ma per chiedere il riconoscimento dell’esistenza della popolazione indigena e il rispetto dei suoi diritti. Diritti che non possono essere messi in secondo piano perché “l’America Latina è un continente indio”. L’ultima domanda riporta il discorso al ruolo degli studenti. Una ragazza del pubblico chiede un consiglio (“ma i consigli li danno i vecchi e io non mi sento così vecchio”) per gli studenti italiani in questo momento di difficoltà e di mobilitazione. Sepúlveda ricorda le sue barricate e la sua esperienza universitaria in Cile con le parole del suo “grande maestro Salvador Allende che diceva: gli studenti hanno sempre ragione. È possibile che non sempre si esprimano correttamente o riescano a far passare nella giusta maniera il loro messaggio, ma hanno sempre ragione. Sempre!”