“Il manager aveva una competenza specifica in materia antinfortunistica e, dopo il grave incendio di Krefeld del 22 giugno 2006 la multinazionale si attivò, pressata dalle compagnie di assicurazione, per dotare tutti i propri stabilimenti di impianti di spegnimento automatico del fuoco. Il 17 febbraio 2007 su svolse a Krickembeck un meeting sulla sicurezza che si concluse con notevoli stanziamenti per adeguarla ovunque. Agli stabilimenti italiani furono assegnati 1,6 milioni di euro. Espenhahn decise di non spendere un euro per Torino, di cui era stata annunciata la chiusura dal 2005, via via prorogata senza più attenzione alla sicurezza”
Ieri la Procura di Torino ha chiesto con queste motivazioni il rinvio a giudizio dell'amministratore delegato della Thyssenkrupp Italia Harald Espenhahn per omicidio volontario dei 7 operai bruciati vivi nel rogo di Torino del 6 dicembre 2007.
I vertici della Thyssenkrupp conoscevano bene il rischio, ma l'hanno accettato sulla pelle dei lavoratori, ed i risultati -la strage di Torino- sono sotto gli occhi di tutti.
Lo stesso AD cui è stato sequestrato un memorandum scritto in tedesco contro gli operai che, scaricando le pesantissime responsabilità padronali della strage, tentava di spostare -con frasi impressionanti per il cinismo e la spietatezza- su una presunta negligenza operaia la causa della strage avvenuta in una città culla di storiche lotte operaie.
Ci viene in mente l'opera da tre soldi di B. Brecht e la ballata di Meckie Messer il pescecane dai denti affilati e dal coltello nascosto che rappresenta la borghesia.
Quel coltello che ogni anno uccide nel nostro paese 1500 lavoratori. Ma la Thyssen e la Krupp hanno una tragica storia di sangue alle spalle che vogliamo ricordare:
Breve storia di due dinastie di morte: I Thyssen e i Krupp
Dopo la strage di Torino gli impianti della ThyssenKrup sono stati definiti le «fabbriche di morte». Lo sono a maggior ragione per la storia di queste due dinastie: i Thyssen ed i Krupp e delle complicità politiche ed economiche che hanno permesso loro di passare indenni dal nazismo al sistema democratico e di mantenere intatto il loro potere economico e industriale.
Il potere economico di queste famiglie come del resto di molti altri industriali e finanzieri tedeschi è quella dei grandi magnati che hanno sostenuto il Reich ma che hanno sfruttato la deportazione e il sistema di sterminio, la militarizzazione e la guerra per rimpinguare le loro ricchezze e il loro potere.
Il lavoro forzato, lo schiavismo nazista è stato una delle voci dello sterminio di cui sono responsabili questi stessi potentati economici ed industriali che si dicono – oggi come allora - “non responsabili” oggi delle stragi nei luoghi di lavoro.
Ma per i Thyssen vi è qualcosa di più che aleggia da tempo e che è stato rivelato lo scorso ottobre dal prestigioso Frankfurter Allgemeine Zeitung. Nella notte tra il 24 e 25 marzo del 1945 la giovane contessa Margit organizzò una festa nel castello di Rechnitz al confine tra Austria e Germania Una sorta di ultima festa wagneriana mentre il regime nazista crollava ora dopo ora sotto l’avanzata delle truppe dell’Armata rossa che erano a pochi chilometri da quel castello.
Gli invitati erano quaranta ufficiali delle SS e della Gestapo per i quali era riservata una sorpresa finale cioè massacrare a colpi di bastone e di pistola duecento ebrei rinchiusi nelle stalle.
Il massacro durò tutta la notte e i corpi furono rinvenuti dai militari russi nelle fosse comuni attorno alla magione.
Margit Thyssen-Bornemisza si rifugiò dopo il crollo del Reich in Svizzera presso La Favorita di Lugano dove da anni il padre Heinrich munifico sostenitore del nazismo e collezionista d’arte dirigeva la produzione di acciaio e le forniture di armi al Reich. Margit continuò la sua esistenza indisturbata fino alla morte nel 1989.
La più vasta collezione privata di dipinti, sculture e oggetti di ogni epoca è stata venduta allo Stato spagnolo negli anni ’90 dall’ultimo erede della dinastia nazista ed è oggi vanto e prestigio della rinascita culturale democratica spagnola ma nessuno si è mai interrogato in quale modo siano state “acquisite” gran parte delle opere e a chi appartengano.
Resta il fatto che dietro ognuna di esse vi è una lunga scia di sangue e di morte che segna il patrimonio finanziario dei Thyssen intrecciato peraltro con la grande finanza americana.
Infatti la creazione nel 1926 della Union Banking Corporation di cui era a capo Prescott Bush, il nonno di George W. jr., permise ai Thyssen di investire denaro in America e di finanziare il riarmo del Reich fino al 1942 consolidando quello che è ancora oggi uno dei maggiori imperi finanziari e industriali, rafforzatosi di recente con l’acquisizione delle acciaierie dei Krupp von Bolhen und Halbach, altra dinastia di nazisti che godevano di particolari privilegi concessi dal Reich per lo sfruttamento della manodopera dai campi di sterminio.
Nel 1943 infatti le fabbriche della ditta di Friedrich Krupp erano collocate accanto ad Aushwitz e al campo di Wustergierdorf da dove erano autorizzati a “prelevare” i deportati da inviare anche agli impianti di Essen.
A Norimberga negli impianti Krupp erano destinate soprattutto le deportate ebree ungheresi ed in migliaia vi morirono per le atroci condizioni di lavoro a cui erano sottoposte e descritte durante il Processo di Norimberga.
Alfried Krupp subentrato al padre venne condannato a dodici anni di carcere ma già nel 1951 fu liberato e la sentenza di confisca del patrimonio fu annullata.