(dal blog dell'Assemblea Antifascista Permanente)
Sei immigrati africani sono stati brutalmente uccisi dalla camorra giovedì sera a Castelvolturno in provincia di Caserta. Circa 130 proiettili esplosi da sei-sette killer, a bordo di almeno un’auto e una moto. Travestiti da carabinieri, sono entrati in una piccola sartoria e hanno massacrato tutti coloro che erano all’interno. E già il 18 agosto scorso nel centro di Castelvolturno alcuni sicari avevano ferito a colpi di pistola e fucile cinque immigrati senza provocare morti.
A prima vista si potrebbe credere a un regolamento di conti tra bande rivali. Anzi le forze dell’ordine lo hanno dichiarato subito. Tuttavia, quante volte poliziotti e giornalisti hanno liquidato aggressioni unilaterali di evidente stampo razzista e/o fascista come “rissa tra balordi”, equiparando aggrediti e aggressori, assassini e vittime? Diciamolo pure: spesso e volentieri.
Steven, ghanese, fa il giardiniere e dice che suo nipote Giulios, 32 anni, una delle vittime “era un bravo ragazzo. Non ha mai fatto nulla di male, non è un criminale”. Steven mostra le sue mani per dimostrare che “noi qui ci ammazziamo di fatica, non siamo certo dei camorristi”. Ripete la stessa storia anche Cristopher, 28 anni. Lui conosceva Alaji, 28 anni, un’altra delle vittime. “Lavorava nel negozio di sartoria, era alla macchina da cucire quando è stato ammazzato – racconta Cristopher – la camorra? Forse cercava qualcun altro ma di certo nessuno dei nostri amici”.
Insomma, gli immigrati di Castelvolturno non ci stanno e denunciano il razzismo dilagante che stanno vivendo sulla loro pelle. Danno vita a una manifestazione che sfila per 10 km gridando “italiani bastardi” e “basta razzismo”. Giunti dinnanzi al luogo del massacro, frantumano le vetrine di alcuni negozi e rovesciano qualche auto tra le strade cittadine. Tra i manifestanti vi sono anche famiglie, donne e bambini. “Vogliamo giustizia – protestano – non è vero che i nostri amici ammazzati spacciavano droga o erano camorristi. Sono state dette tutte cose false”. Gli immigrati, soprattutto africani, continuano a puntare il dito contro chi oggi li accusa di spacciare droga. “Noi siamo persone perbene, non è giusto che ogni volta che si parla di droga – sono le loro parole – siamo noi i colpevoli e questo solo perché è nero il colore della nostra pelle. Questo è razzismo”.
Giustamente c’è chi invita a non archiviare questa anomala strage di camorra. D’altro canto, occorre dire anche questo: la collaborazione tra camorra e neofascisti non è certo un fatto nuovo, basti pensare alla Strage di Natale del 1984. I camorristi di Castelvolturno potrebbero pure essere razzisti, potrebbero uccidere per futili motivi razzisti: non per un biscotto, ma per uno sguardo, una parola, un moto di rivolta. Non sarebbe la prima volta. Molti a Castelvolturno ricordano la morte di Job Augustine, nigerino, gambizzato nella vicina Giugliano per “futili motivi” e deceduto poi in ospedale.
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Sistematicamente, polizia e magistratura rifiutano regolarmente di riconoscere come tali episodi di xenofobia e neofascismo. Ripubblichiamo dal manifesto del 19 settembre.