Sabato 20 settembre'08, dalle 17 alla scalinata del Pincio, via Indipendenza

Agire la laicità alla scalinata del Pincio

Iniziativa poetica di strada (poesia, musica, filosofia, pittura, brevi interventi politici e sindacali) per riaffermare e riplasmare una nuova visione della laicità nel xxi secolo.
18 settembre 2008 - Pino de March (accordatore poetico)

Iniziativa poetica di strada (poesia, musica, filosofia, pittura, brevi interventi politici e sindacali) per riaffermare e riplasmare una nuova visione della laicità nel xxi secolo. Sabato 20 settembre 2008, a partire dalle ore 17 fino alle 20. Scalinata del Pincio, via Indipendenza, Bologna (tra Montagnola e Stazione Autocorriere).


Promuovono:
Autoedizioni Penombre, Versitudine, Via De' Poeti, Gruppo Donne 98, Donne In Nero, Cobas Scuola, Rete Ivan Illich, Banca Del Tempo Momo, Assemblea Xm 24, Antagonismo Gay

Interverranno:
Antimo Santoro, Franco Berardi, Renato Busarello, Pino De March, Valerio Monteventi, Salvatore Panu, Roberto Pasquali, Sandra Schiassi, Silvia Parma, Lupo Angels, Mario Buffa ed altri.

Il 20 settembre del 1870 i bersaglieri entrarono nella città attraverso la breccia di Porta Pia. Pare che, alla vigilia, Vittorio Emanuele II - ancora urtato per come erano andate le cose - si lasciò sfuggire un'esclamazione in dialetto: «Anca custa balussada am fan fa» ("Anche questa sciocchezza mi fanno fare"). Qualche giorno prima aveva fatto pervenire al papa una lettera nella quale lo supplicava «con affetto di figlio e fede di cattolico» di non opporre resistenza all'esercito italiano che s'apprestava a raggiungere Roma. Pio IX replicò con un netto rifiuto. Ma il segretario di Stato cardinale Antonelli - uomo assennato - raccomandò al generale Kanzler, capo dell'esercito pontificio (che disponeva di appena 15mila uomini, contro i 50mila del contingente italiano, agli ordini del generale Raffaele Cadorna), di non andare oltre una resistenza dignitosa. Era un modo, quello, per evitare almeno inutili spargimenti di sangue. A Porta Pia rimasero sul terreno 49 morti fra gli italiani, 19 fra i pontifici, più 200 feriti fra le due parti. La cittadinanza (Roma all'epoca contava 230mila abitanti) accolse le truppe piemontesi con molto calore. Molti nobili chiusero i portoni dei loro palazzi in segno di lutto (li avrebbero riaperti soltanto nel 1929, all'indomani della firma dei Patti Lateranensi). Pochi giorni dopo fu indetto un plebiscito, che fornì un risultato schiacciante: oltre 40mila cittadini romani votarono a favore dell'annessione. I voti contrari furono 49. Vittorio Emanuele fece la sua prima visita a Roma tre mesi dopo, per accertarsi dei danni provocati dall'ennesimo straripamento del Tevere. Alloggiò al Quirinale, che fino a pochi giorni prima era stato la residenza del papa, ma per aprire il portone fu necessario l'intervento di un fabbro: nessuno sapeva dove si trovassero le chiavi. Vittorio Emanuele II entrò ufficialmente a Roma, capitale d'Italia, il 2 novembre 1870.

Fino al 1929 il XX settembre era la Festa Nazionale.
Segnava l'unificazione di Roma al resto d'Italia, la liberazione di Roma e del lazio dal Papa-Re, la liberazione della chiesa cattolica dal potere temporale e l'opportunità di dedicarsi finalmente alla cura delle anime.
Nel 1929 il Cavalier Benito Mussolini pensò bene, per rafforzare la sua non ancor salda dittatura, di cedere ai preti il potere temporale su un parte di Roma e restituirle lo status di soggetto internazione.

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