Il futuro di Bologna è legato alla precipitazione globale

Attendendo il crollo dell'Impero Americano

"Proviamo a fare una riflessione sulla situazione nuova (ma non tanto) che si è creata dopo il 9 aprile. Con le elezioni è scattata una trappola, e ora ci siamo dentro".
Bifo risponde alla "lettera aperta al movimento" di Valerio Monteventi.
13 giugno 2006 - Franco Berardi

Caro Valerio,
ho letto il tuo messaggio e pur trovandomi d'accordo sulle cose che tu dici, mi chiedo a cosa serva. Proviamo a fare una riflessione sulla situazione nuova (ma non tanto nuova) che si è creata dopo il 9 aprile.
Con le elezioni è scattata una trappola, e ora ci siamo dentro.

Il risultato delle elezioni è questo: la destra ha vinto (unico governo in Europa che dopo cinque anni di governo conferma le dimensioni del suo consenso) eppure il centro-sinistra è costretto a governare, senza averne le possibilità materiali né la forza politica, né un orizzonte comune.
In questa trappola la forza più intrappolata è proprio rifondazione che si trova in una posizione di paralisi che verrà presto allo scoperto, quando si tratterà di discutere la questione della guerra afghana.

Tutti sanno che in Afghanistan c'è una guerra e che quella guerra è già persa per le forze occidentali. E' del tutto evidente che il mandato ONU è una favoletta buona al massimo per tacitare la coscienza flebile del cinismo democratico. E allora perché il governo italiano che largamente è composto di partiti che si dichiarano pacifisti dovrebbe continuare a partecipare a quella guerra?
Perché bisogna continuare a partecipare a una guerra infinita il cui effetto è soltanto nuova guerra e nuovo terrore?
Da parte di coloro che sostengono la patrecipazione a quella guerra viene un ragionamento che vale la pena di considerare (vedi le cose che scrive Guido Rampoldi su La Repubblica). I pacifisti si limitano a dire andiamocene e non danno alcuna indicazione su come liberare il mondo dalla stretta del terrore, della miseria, dell'oppressione integralista.
Questa obiezione è giusta. La posizione pacifista è insostenibile, ormai.
Non basta dire che occorre astenersi dalla partecipazione alla guerra. Occorre cambiare i termini del gioco, sancire la sconfitta americana, farne il punto di partenza di un nuovo progetto politico mondiale.
Ma esiste in Europa la forza culturale per iniziare un ragionamento di questo genere, esistono le energie e il consenso per andare in questa direzione? Evidentemente no, e le elezioni italiane lo hanno dimostrato.
La questione della guerra va riconsiderata. Dopo l'11 settembre, quando ci rendemmo conto dell'abisso che si stava spalancando, capimmo subito (d'altronde lo dichiarava lo stesso presidente americano) che si apriva una fase del tutto inedita, in cui le regole tradizionali della politica e della guerra non avrebbero avuto più valore.
Non sapevamo quanto.
Oggi cominciamo a capire una cosa: la guerra lanciata dagli USA non era una guerra americana. era una guerra della Exxon e della Halliburton. Le due cose non coincidevano.Cinque anni dopo cominciamo a capirlo: gli USA stanno perdendo questa guerra, e le conseguenze strategiche saranno probabilmente irreversibili. Ma per i gruppi economici che hanno voluto la guerra questa sconfitta è una vittoria, perché quei gruppi hanno lucrato profitti
immensi, avvolgendosi nella bandiera a stelle e striscie che oggi è coperta di sangue e di fango e di merda.
Dick Cheney non ha perso la guerra, lui l'ha vinta, anche se la sua vittoria segna forse la fine dell'egemonia americana. Ma a lui che gliene importa?
In questa situazione il governo italiano dovrebbe avere atteggiamenti drastici come quello che Zapatero ebbe il coraggio di avere nel 2004. E il movimento antiguerra dovrebbe elaborare un nuovo filo-americanismo contro i nazisti che hanno distrutto l'immagine dell'America.
E invece cosa si appresta a fare il governo italiano? Si appresta a rimanere in Iraq altri sei mesi per riportare a casa qualche altra bara e permettere al nobilissimo Presidente della Repubblica di esprimere il suo cordoglio patriottico.
E cosa si appresta a fare Rifondazione comunista? Non lo so con esattezza, ma mi pare che non disponga del margine per fare alcun che. Bertinotti l'ha già detto: mica possiamo rischiare la crisi di governo per questa bazzecola.
Caro Valerio, puoi obiettare che non rispondo direttamente alle tue considerazioni, e trasferisco il discorso su un altro piano. Non lo faccio per svicolare dalle penose vicende bolognesi, ma perché credo che l'unico
modo per ragionare sul futuro di questa città sia pensare alla precipitazione globale e immaginare gli effetti di questa precipitazione sugli equilibri nazionali e cittadini.
Non credo nella possibilità di un movimento, in questo città di morti. Giustamente tu parli di un processo di balcanizzazione, e si possono prevedere nel prossimo futuro esplosioni violente, distruttive, rabbiose.
Mi fa ridere che ci si scandalizzi perché qualcuno tira un pomodoro (spero marcio almeno) e perché qualcuno dice ad alta voce quel che tutti sussurrano in ogni luogo della città, che il sindaco è un pezzo di merda.
Quale sindaco, d'altra parte? Qua c'è un tizio che si occupa solo di costruirsi l'immagine di uomo d'ordine capace di parlare alla destra e alla sinistra per proporsi come grande mediatore se il governo Prodi fallirà (come lui spera). Ma il suo gioco è fragile quanto cinico. Il consenso di Cofferati non è più così bulgaro. Quasi tutti fanno una smorfia di disgusto quando qualcuno pronuncia il suo nome. A proposito di balcanizzazione la figura di Cofferati assomiglia sempre più a quella di Milosevic (senza la sua grandezza tragica). Anche Milosevic puntò all'esasperazione di
conflitti etnici perché su questo rilanciava il suo declinante potere.
In conclusione: non vedo alcuna speranza entro le condizioni che si sono determinate.
Le tensioni che si accentuano nell'area del lavoro precario non riescono a farsi movimento, e non riescono neppure a darsi rappresentanza locale, come mostra l'esito delle elezioni milanesi e romane.
Ma le condizioni che si sono determinate non sono destinate a durare in eterno. La catastrofica disfatta dell'occidente che non ha saputo sbarazzarsi dagli affaristi della Casa Bianca, sta sgretolando gli equilibri sotterranei che reggono il mondo dal 1989.
E il terremoto si avvicina, anche se nessuno può immaginarne gli esiti. Un nuovo 1989 è in arrivo, e non avrà colori festosi. Sarà l'89 dell'impero americano, più fragoroso e disastroso dell'89 dell'impero sovietico.
Per effetto del crollo politico dell'occidente lo scenario si modificherà in ogni suo dettaglio. Prevedibilmente in peggio.
Nostro compito dovrebbe essere, credo, immaginare soluzioni e progetti per quello scenario di drammatico mutamento.
un abbraccio a te e a tutti gli altri vaganti.

FRANCO BERARDI “BIFO”