L'accesso alla cultura è sempre più osteggiato

Il futuro è dei pirati

Cinque studenti vengono multati dalla S.i.a.e perché fotocopiavano un testo d'esame. Ma come fare a limitare il prezzo dei libri? Ogniqualvolta nuovi modi di utilizzo o nuove tecnologie fanno capolino sul mercato il conflitto che si avvita attorno alla proprietà intellettuale si fa più aspro perché nuovi sentieri che reclamano di essere percorsi si aprono.

Pierootz

no copyright Multati cinque studenti per aver fotocopiato più del 15% di un testo d'esame. E' successo a Torino, il 4 Giugno, quando ispettori dell' A.i.d.r.o, un organismo della S.i.a.e, insieme ad agenti della Guardia di Finanza hanno compiuto un blitz in una copisteria della via Verdi. Agli studenti è stata quindi contestata una multa di 150 euro, alla quale si è aggiunto il sequestro delle fotocopie. Oltre al danno la beffa.
Com'è noto, la soglia limite oltre la quale fotocopiare è considerato reato è stata fissata al 15% per le opere ancora in commercio dalla legge 248/2000. Legge nata morta quella del 2000 dato che, nonostante permetta di fotocopiare qualche pagina quando la precedente 633/1941 vietava tout court ogni forma di riproduzione, ignora completamente le potenzialità delle nuove tecnologie. O meglio, addita queste come la causa del declino del mercato dell'editoria e individua nel loro utilizzo un crimine contro la cultura.

A ben vedere e conseguentemente a queste premesse, il diritto d'autore assume nel "bel paese" una codifica giuridica particolarmente restrittiva. Il copyright è infatti considerato esclusivo e naturale, e non è certo la concessione istituzionalizzata di un misero pugno di pagine a costituire l'eccezione, del resto anche la copia privata è mal tollerata. Il legislatore, e con lui le case editrici e i circuiti di distribuzione oltre alla maggior parte degli autori (nonostante siano proprio loro i meno remunerati della filiera), si muove in questa direzione: è, cioè, dell'idea che un libro, una volta pubblicato, debba essere considerato alla stregua di un bene materiale su cui gli aventi diritto esercitano un monopolio pressoché assoluto seppure temporaneo. Ecco, per parafrasare V. Hugo, il monopolio temporaneo registra un dato di fatto: niente è meno naturale del diritto di cui dispone un autore sulla propria opera. La temporaneità del monopolio è infatti nient'altro che un compromesso definito dalla collettività e come tale esso è costantemente rimesso in discussione, grazie alle nuove tecnologie e agli usi sociali che se ne diffondono. Sono questi in realtà i veri motori della ri-negoziazione di quell'instabile "contratto sociale" che tutela la proprietà intellettuale e limita le riproduzioni e le rappresentazioni dell'opera.

Ogniqualvolta nuovi modi di utilizzo o nuove tecnologie fanno capolino sul mercato il conflitto che si avvita attorno alla proprietà intellettuale si fa più aspro perché nuovi sentieri che reclamano di essere percorsi si aprono. Alla spinta, in avanti, genuina della società che va là dove la portano il cuore e gli appetiti possono, poi, seguire due reazioni da parte dell'industria. In genere si tratta di reazioni tra loro temporalmente sfasate: ad un rifiuto e ad una persecuzione delle nuove pratiche segue un tentativo di recupero, di cooptazione del nuovo al fine di proseguire a profittare. E' successo con la fotografia, ci informa W.Benjamin. E' quanto è accaduto pure con i primi videoregistratori Betamax, allorquando resero possibile la copia privata dei films trasmessi in Tv. In questo caso, ad un'aspra battaglia legale intrapresa dagli Studios hollywoodiani nei confronti della Sony (peraltro persa) seguì l'intuizione che il nuovo strumento avrebbe potuto favorire il mercato dell'entertainment domestico.

Ma l'editoria, la S.i.a.e e l'A.i.d.r.o. intendono proseguire con i vecchi modelli e denunciano che il danno inflitto dalla pirateria libraria al settore dell'editoria ammonta a circa 350 Mln di euro all'anno. Posto che una simile affermazione è irreale perché non è assolutamente detto che i libri non fotocopiati possano essere, di fatto, acquistati, questa cricca di signori si esime completamente dal ragionare sull'insostenibilità del prezzo della cultura rilegata. Si prenda, ad esempio, il caso di uno studente universitario che deve preparare (e quindi dovrebbe comprare, stando alla loro logica) una media di 4-5 testi ad esame. E si dia pure il caso che il numero di esami che questo studente deve sostenere durante un percorso di studi riformato dalla formula del 3+2 non sia inferiore a 40. A quanto ammonterebbe la spesa? E qual' è, invece, il margine di risparmio che la foto-riproduzione consente? Circa 2/3 sul prezzo dell'opera. E in una situazione emergenziale di rincaro dei prezzi dei generi alimentari di prima necessità, di affitti esorbitanti, di stangate sulle bollette e, da ultimo, di aumento delle tasse universitarie cosa dovrebbe fare uno studente? Stigmatizzarsi definendosi pirata e ladro o seppellire questi ragionamenti, queste denunce, con una grassa risata? Ma, vista ormai la spinta alla terziarizzazione che il mondo del lavoro conosce da un pò di tempo a questa parte, visto il diktat dell' innovazione imposto da un capitalismo sempre più concorrenziale dove ciò che viene messo a valore è soprattutto la conoscenza, lo stato, da sempre attento alle logiche di riproduzione del capitale, non potrebbe abolire l'i.v.a del 20% dal prezzo dei libri? E, ancora, l'università, piuttosto che porsi come una grossa agenzia interinale che sottostà, pure essa al pari dell'azienda, a criteri razionali di efficienza ed efficacia, non potrebbe fornire degli incentivi economici per l'acquisto dei libri?

In ogni caso come la litografia spodestò la silografia ed entrambe vennero soppiantate dalla fotografia, la scannerizzazione, la memorizzazione del contenuto dell'opera negli hard disk insieme ad una macchina fotocopiatrice del costo di 80 euro si fanno beffa di qualsiasi cosa S.i.a.e & Co. possano dire.

Articolo redatto su segnalazione del Cua di Torino