Primo maggio. La festa del lavoro si colora, in Germania, anche di antifascismo. Il sole splende e il cielo non è poi così grigio sopra Berlino. Si parte, si muove la MayDay berlinese, attraversa Friedrichshain, giunge a Kreuzberg. I soliti posti, da Reichenberger Strasse a Mariannenstrasse, da Lausitzer alla Köpenicker. Luoghi e tempi, spazi e forme di vita di Kreuzberg 36, cuore e testa dei passaggi e delle resistenze. Luci e colori, famiglie e migranti, festa interculturale. C’è anche la Banda Bassotti. Si parla di “Stadtumstrukturierung”, rinnovamento architettonico e riqualificazione urbana della Berlino del XXI secolo. Una metropoli davvero in continua crescita, trasformazione, cambiamento, ridefinizione urbana. Il centro che cresce tra pezzi del vecchio muro ancora esposti e grattacieli enormi, il Sony Center che svetta nella sua concreta leggerezza, il vetro della cupola nuova installato nel vecchio Reichstag. E gli spazi “liberi”? Il problema della riqualificazione urbana investe anche questo interrogativo. La riqualificazione di Kreuzberg significherebbe necessariamente la trasformazione di uno scenario architettonico, delle sue strade e dei suoi palazzi popolari, in uno nuovo, adeguato alla “nuova Berlino” dei grattacieli e del vetro. Una riqualificazione urbana che investirebbe certo le forme stesse della vita e del farsi comunità di un quartiere che, fin dalla sua origine, è crocevia di minoranze, forza lavoro, migranti, resistenze,
che fu abitato dai Boemi in fuga dalle persecuzioni, dagli Ugonotti francesi che scappavano dalle guerre di religione, poi da intere generazioni di operai dell’est europa, polacchi, cechi, jugoslavi, ma anche portoghesi, greci, fino ad arrivare alla migrazione araba e turca degli anni ’60 e ’70; una geografia sociale increbidile. Da sempre quartiere popolare. Molto più che popolare, quartiere del proletariato e sottoproletariato migrante. È quasi un mondo, il mondo dell’intelligenza e della forza viva, della forza-lavoro collettiva che vitalizza, crea, produce ricchezza. E produce cultura, incontro, la capacità e la maturità di relazioni popolari, di un mondo comunitario, intrecciato, ibrido ma identitario allo stesso tempo. I Turchi e gli arabi che popolano Kreuzberg negli anni ’60 e ’70 sono i continuatori dei boemi del XVII secolo e degli ugonotti del ‘600, degli “Ostarbeiter” e dei “Polacchi”. Le case che abitano, solo leggermente ristrutturate, sono le stesse dei primi operai del XIX secolo. E lo vedi, la geografia umana e sociale di questo posto ne risente ancora oggi. Ma a Kreuzberg, intanto, si consuma ben prima, tra la fine dei ’70 e gli anni ’80, l’ultimo passaggio della sua costituzione eterogenea. Forse il più interessante, o comunque il più vicino, il più recente. Schiere di giovani stanchi delle periferie e delle campagne arrivano in Berlin, vanno a Kreuzberg, dove le case e la vita non costa nulla. Dove la casa la puoi occupare. Puoi vedere foto della Kreuzberg degli anni ’80, di Oranier Strasse soprattutto, dove tutto – nel vero senso della parola, proprio tutto - è occupato. Studenti e turchi; il popolo delle occupazioni. E poi il grande sogno punk. Kreuzberg pullula. Islam-punk. Ancora oggi è piena, vitale; ancora oggi respiri gli strascichi di questa storia. Certo la ridefinizione urbana di Berlino vuol dire anche cancellare questo mondo, o tentare di sottrarre i suoi luoghi a questo incrocio. Ma del resto come fermare
l’innovazione e la costruzione di futuro? In nome di cosa – di una nostalgia forse – opporre resistenza? I tempi del Primo Maggio 1987 a Kreuzberg sono oramai lontani. Il punto è che, al di là di ogni cosa, non si respira più l’aria di un progetto per così dire “costituente”, di aperture nuove e di resistenze attive nascenti, quanto piuttosto il lento affievolirsi e gli strascichi di una potenza che fu. Gli ultimi sprazzi di una storia, più che l’apertura di una nuova.
Intanto, però, diecimila persone circa. Tutto tranquillo, del resto solitamente le cose si infiammano verso sera, a Kreuzberg. E del resto molti Autonomen non sono in città, sono ancora sulla strada del ritorno da Hamburg. Corteo dell’Npd, gli Antifa chiamano a raccolta per tentare di bloccare i nazi. Molte decine di migliaia, come anche a Nürnberg, in corteo contro il neonazismo. Il massicio schieramento di polizia impedisce il contatto. Ad Hamburg scoppia il putiferio. Scontri violenti tra Antifa e forze di polizia; cassonetti e auto dati alle fiamme, barricate per le strade, vera guerriglia urbana. Negozi e caffè vanno in frantumi. Alla fine ci saranno 59 fermi; 30 i poliziotti feriti. Intanto, a Berlin, il corteo è giunto a Kreuzberg; la Myfest corre tranquilla. Il genio del capo della polizia berlinese, Glietsch, pensa bene di rovinarla con una provocazione: si fa vedere dalle parti della festa; deve fuggire in un blindato, scortato e protetto, dopo l’assalto degli Autonomen; sanpietrini, bottiglie, vola di tutto. È il primo maggio a Kreuzberg, del resto. Gli scontri vanno avanti ancora. Il “Berliner Zeitung” il giorno dopo parla di 162 fermi e “solo” (!) 103 poliziotti feriti (lo scorso anno erano stati 130). Per Indymedia Deutschland, uno tra i più potenti primo maggio degli ultimi anni. Ad Hamburg gli Antifa ringraziano i partecipanti al corteo. I Nazi hanno fatto fiasco, per fortuna.
Ad Aachen, intanto, va in scena uno show tutto sommato già visto. Il vertice (stavolta goliardico, festaiolo, la Merkel incoronata con il premio “Carlo Magno”) e la contestazione. Ci sono anche i Nazi (sono un po’ dappertutto…).
Ma il primo maggio non è solo questo. È anche il primo maggio dei sindacati. Che a Berlino promettono battaglia, su un nodo devvero centrale della vita berlinese: i trasporti. E fermare i movimenti e i flussi di persone a Berlino può fare davvero molto male.