Venerdì 7 marzo 2008
a Vag 61, via Paolo Fabbri 110 a Bologna
194 STORIE aspettando
L’8 MARZO
Ore 20
CENA FRUGALE al FEMMINILE, a base di
Pasta con le patate e Torta di panna con violette candite
Alle ore 21,30
Dopo l´applauditissimo evento - performance sul tema della falce e martello, torna sul palcoscenico del VAG la "Compagnia del tinello" in un’avvincente anticipazione della Festa delle donna.
La piccola compagnia a conduzione familiare ruota attorno alle due indiscusse protagoniste: la padrona di casa, "Sonia Serotti Single per Scelta (degl'altri)", interpretata da Cristina Bignardi, e la "Patata con le ali", anchorwoman de noantri, al secolo Erika Cavina.
Affiancate come sempre dalla nonnina del mixer, dalla zietta factotum, dalla nipote in trasferta, e dallo zio Fester, riceveranno la visita di una travolgente presentatrice Avon, interpretata da Sandra Schiassi (un nome, una garanzia). Dall´alto della sua lunga esperienza di femminista antelitteram la presentarice Avon illuminerà la platea sui temi cruciali del femminismo nell´era Ratzinger: l´attacco alla 194, la procreazione assistita, e l´ascesa della Grande Dea.
Ci verrà a trovare anche Arcoxia, la portavoce del collettivo punkabbestia di Piazza Verdi.
La serata sarà aperta dalla performance “LA COSTOLETTA”,
di e con “la pulce pazza” Rita Felicetti (www,lostabiledellaluna.it).
C’era un tempo, un tempo fa… un secolo fa o forse più forse meno…
C’era… la costola d’Adamo: la donna
Era una costola destinata all’igiene all’educazione e all’arte dell’apparire.
C’era un tempo…
In cui la costola d’Adamo era strumento d’Adamo
Donna madre, donna amante, donna moglie, donna all’uncinetto
Donna a letto…
… c’era un tempo non tanto tempo fa… ma per fortuna quel tempo è cambiato… no?
Bè sì, è cambiato… o no?
… buon appetito.
Vai alla feature: Un 8 marzo particolare
Cos’è il TINELLO DI VAG
La politica che “conta”, oggi, le decisioni le prende davanti a un caminetto o gustando un dolce ai lamponi attorno a una tavola imbandita.
Gli intellettuali “buoni” si ritrovano a dissertare piacevolmente nei “salotti buoni”. Le belle case della borghesia di centro-sinistra accolgono le campagne elettorali dei candidati-sindaco o diventano i luoghi per dare la “sveglia” a una classe politica assopita.
A TUTTI GLI ALTRI…
quelli che, se va bene, hanno una “camera cucina bagno e ripostiglio” a mutuo ventennale…
quelli che aspettano la graduatoria ERP da cinque anni per avere la casa popolare…
quelli che hanno un posto letto, in una stanza in coabitazione, in un appartamento con altri sei…
quelli più fortunati che abitano in appartamenti vecchi e che hanno abbattuto il muro che divideva la cucina dal piccolo vano prospicente, allargando la cosiddetta “zona giorno”, incassando doppi servizi o ricavando altrettante omologate camerette per l'infanzia…
VAG 61 propone di vedersi, il venerdì sera in TINELLO…
Il Tinello, quel piccolo santuario di modestia e di geniale banalità che abbiamo conosciuto durante la nostra infanzia, e di cui ricordiamo ancora l'aria, il sapore un po' di chiuso che d’inverno mischiava la zaffata delle patate fritte o della cotoletta al profumo del caffè della moka, l’aroma famigliare del legno dei mobili ai fumi di tabacco, il tanfo dei giornali vecchi accatastati alla fragranza della biancheria stesa ad asciugare più rapidamente sul termosifone...
Nei tinelli si sperimentarono le prime forme di risparmio energetico, quei luoghi avevano infatti le luci fioche, era inconcepibile una lampadina che superasse i 60 watt. Se in mezzo alla sala c’era il lampadario, aveva in genere sei lampadine, che venivano però comandate, tre per volta, rigorosamente alternate da essere consumate in maniera uguale, da due interruttori. Solo per le visite parenti, per le feste di compleanno, a Natale e a Capodanno venivano accese tutte assieme procurando un'emozione che solo chi l'ha vissuta può capire.
La dignità materiale dell'arredo del Tinello era lo specchio dei valori morali e materiali degli abitanti della casa, rappresentava la loro identità: per un bel po’ di tempo andò per la maggiore la “formica”, credenza, tavolo e sedie spartani con gambe di ferro e parti in legno ricoperte dall’innovativo materiale di scuola “americana”. In quella stanza hanno sempre trovato spazio oggetti di artigianato di sapiente fattura e il kitsch di cose "voglio ma non posso" che comunque soddisfavano le necessità funzionali ed estetiche richieste.
Quasi sempre c’era anche un divano-letto che fungeva da giaciglio per gli ospiti o per il figlio minore; una poltrona per il dopopranzo, solitamente abitata dal nonno o dalla nonna.
Le immagini alle pareti erano sempre all’insegna del “compromesso storico”: un quadro con Garibaldi con a fianco un crocifisso con infilato tra un braccio di Gesù e la croce un ramoscello d'ulivo della domenica delle palme di diversi anni addietro con le foglie impolverate dal tempo, veri e propri altarini di devozione, attorniati da vecchie foto dell’intero albero genealogico.
Il Tinello era il baricentrico del rito quotidiano dell'abitare: il tavolo ospitava giornalmente il pranzo e la cena; anche le ricorrenze più importanti, venivano festeggiate lì.
Nel Tinello crescevano i figli, si ospitavano gli amici più vicini per chiacchierare, si leggeva o si studiava, si consumavano le pennichelle pomeridiane, si giocava a carte, si ascoltava la radio e si vedeva la televisione, ma, all’occorrenza, si lavorava la maglia o veniva usato come “stanza da stiro”.
Caduto, in una sorta d’oblio, il Tinello ha di nuovo fatto parlare di sè per via di Evo Morales, il primo presidente boliviano indigeno che, dopo dieci mesi dalla sua elezione, ha ricevuto gli inviati del quotidiano argentino Clarín nel Tinello della sua modesta casa di periferia. La stanza in cui l'intervista ha avuto luogo, secondo il giornalista che ha redatto l’articolo, “ha mantenuto la stessa apparenza dimessa dei tempi in cui Evo era un leader cocalero; consta infatti di un tavolo di formica e di quattro sedie tappezzate di cuoio sintetico. Il mobilio si completa con un divano-letto, alcuni armadi e un antiquato televisore”.
Il Tinello di VAG, pur rivolgendosi a un pubblico di persone umili (fiere della loro umiltà), pur non rinnegando le sue origini “modeste”, rifiutando di essere un appuntamento “snob”, non vuole avere un tono dimesso.
Vorrebbe avere l’ironia del “Tinello italiano” di Altan, la splendida raccolta di vignette dove viene messo alla berlina il costume italico.
E’ per questo che vorremmo ricreare un contesto ispirato, più che dal realismo italiano degli anni 50/60 (la vespa, la lambretta, la cinquecento, la cucina americana), al Tinello del secolo decimo-sesto, al luogo dove mangiavano i servitori nelle case dei signori, gli “inferiori, i miseroni, i ribaldi e i non buoni”. Noi vorremmo dei “tinellisti” (così definisce Francesco Cherubini i commensali da tinello, nel suo vocabolario di milanese-italiano del 1843) “capaci della più minuziosa maldicenza nei confronti dei potenti”, così come descriveva Riccardo Bacchelli nel suo romanzo “Il fiore della Mirabilis” il malcapitato Signore che “si trovava ogni giorno canzonato e insaccato impunemente da costoro in tinello”.