Il governo, con arroganza, prosegue la destrutturazione della scuola pubblica

Chi fermerà la Ministra?


21 dicembre 2001 - Gianluca Gabrielli (Cobas Scuola Bologna)

Guardatela bene la scuola di oggi, perché di giorno in giorno sta mutando a colpi di spirito d’impresa, strapotere maggioritario della destra al governo, demagogia e piani di risparmio della spesa pubblica. Sono appena tornato da una manifestazione che ha visto in piazza a Bologna migliaia di studenti e lavoratori della scuola come in altre città d’Italia e apprendo che la finanziaria che abbiamo contestato è stata approvata alla Camera senza che neppure la ministra fosse presente in aula. I piani di destrutturazione della scuola pubblica procedono quindi con l’arroganza e la forza distruttiva che aveva già caratterizzato questi primi mesi di governo, introducendo in corso d’anno modifiche sostanziali e gravissime nella normativa che regola la vita scolastica.

I PRIMI ATTACCHI
ALLA SCUOLA
L’attacco era iniziato già alla fine dell’estate quando, sulla scia della legge di parità approvata dal centrosinistra, erano stati equiparati i servizi maturati nella scuola pubblica e in quelle private. Il secondo atto aveva riguardato il personale Ata, cioè i bidelli e i lavoratori delle segreterie, il cui organico era stato tagliato di svariate migliaia di unità, peggiorando i servizi e procedendo sulla strada dell’esternalizzazione. Ma l’attacco principale era arrivato con la finanziaria, presentata in una prima versione letteralmente delirante che - se approvata fedelmente - avrebbe immediatamente gettato nel caos le scuole italiane (prevedeva ad esempio la mancata sostituzione degli insegnanti assenti nelle scuole materne per 30 giorni!). Dopo le prime contrattazioni la versione governativa ha mutato la forma delle norme ma ha confermato la sostanziale gravità dell’attacco; tanto è vero che una prima tornata di scioperi e manifestazioni è iniziata alla fine di ottobre e, attraverso occupazioni e assemblee, non si è più interrotta fino ad oggi.
Questo anche perché gli affondi governativi invece di attenuarsi, sono proseguiti con perfetto stile maggioritario. Dapprima è stata prodotta la proposta di legge sugli Organi collegiali: un testo a netta impronta forzitaliota che sostituisce il modello partecipativo partorito negli anni Settanta con un modello aziendale che riduce la presenza e il peso di studenti e docenti per attribuire potere ai presidi-manager e ai notabili locali. Ad esempio, il Consiglio di Circolo sparirebbe sostituito dal Consiglio di Amministrazione nel quale presiede il dirigente e siedono anche i rappresentanti delle realtà territoriali esterni al mondo della scuola.
Il passo successivo è stato il testo della commissione Bertagna sul riordino dei cicli.

IL RIORDINO DEI CICLI
In questa proposta, che conferma la riduzione di un anno del corso di studi, non si parla più di obbligo scolastico, termine considerato obsoleto, ma di diritto/dovere all’istruzione/formazione, laddove per formazione si intende esclusivamente formazione professionale. La canalizzazione tra licei e formazione professionale viene sancita in modo ancor più rigido di come veniva proposto nella riforma del centrosinistra, ricostruendo una scuola anni Cinquanta che prevede percorsi differenziati per la classe dirigente e per la forza lavoro.
Il tempo scuola diminuisce sensibilmente per tutti gli ordini di scuola (generalmente va a 25 ore); così in un colpo solo vengono eliminati il tempo pieno, il tempo prolungato e tutte le esperienze di tempo lungo, nate non solo come risposta alle esigenze sociali delle famiglie, ma anche per soddisfare precisi bisogni dei ragazzi e per aiutarli a sviluppare al meglio le proprie potenzialità. Le famiglie che intenderanno lasciare a scuola come prima i propri figli lo potranno fare solamente a pagamento.
Torna a contare la valutazione del comportamento, che quindi sarà di nuovo una variabile fondamentale nella promozione degli allievi (in tempi di occupazioni antigovernative si tratta di una proposta densa di significati).
Una serie di materie come l’educazione artistica, musicale e l’attività motoria cessano di essere considerate discipline che - al pari di italiano, matematica e storia - concorrono alla formazione della personalità degli alunni; diventano invece materie facoltative e finalizzate a sviluppare le capacità individuali di quegli alunni che hanno mostrato dei talenti (ecco un esempio di scuola “dell’eccellenza” di cui la Moratti parlava già dall’estate scorsa).
Procede infine la differenziazione di potere e di retribuzione tra docenti attraverso la creazione delle figura di sistema o di staff, responsabili di progetti speciali, mentre nella scuola elementare torna l’insegnante preponderante.

Il Moratti-show a Foligno
Adesso, per scimmiottare una procedura “democratica” da ancien règime, ecco gli Stati generali di Foligno, dove la proposta Bertagna è destinata a passare al vaglio dei notabili della scuola attraverso l’abile regia del signor Maurizio Costanzo. Studenti e insegnanti saranno fuori, a contestare un corso di ristrutturazioni che non accenna a rallentare.
Purtroppo l’opposizione sociale a questo ministro e a questo governo non ha trovato ancora il concorso coerente di tutte le forze che lo contrastano. Anche la manifestazione da cui torno, dopo numerosi appelli unitari di insegnanti per uno sciopero unitario, ha visto dichiarare lo sciopero della giornata solo ai Cobas, mentre i confederali hanno previsto l’astensione di un’ora. La Confederazione COBAS si era battuta fino all’ultimo affinché lo sciopero fosse generale ed ha mantenuto l’indizione per tutte le categorie, come era stato auspicato e richiesto anche dall’incontro nazionale promosso dai delegati RSU iscritti alla Cgil ed ai sindacati di base. Si tratta ora di riprendere le fila di questa opposizione diffusa e di tornare a costruire il percorso verso lo sciopero generale, coscienti che chi sta al governo non perdonerà nessuna nostra esitazione e approfitterà di ogni nostro errore.