Carabinieri e vigili: delinquenti e picchiatori a danni di extracomunitari

Bergamo, prime richieste di patteggiamento per la banda della Panda nera

Un gruppo di 21 persone, tra cui 12 carabinieri, puliva le strade dalla delinquenza con metodi da anni di piombo.

8 gennaio 2008 - Marcello Aguidara

Panda Nera Un gruppo di 21 persone, tra cui una dozzina di carabinieri e vigili, ogni venerdì sera dava vita a raid punitivi a bordo di macchine rubate, la ormai famigerata panda nera, colpendo in particolar modo gli extracomunitari. I metodi praticati non erano ortodossi: pestaggi e perquisizioni violente erano frequentissime e altrettanto ricercati erano i toni di disprezzo nei confronti dei marocchini. Non si parla della serie televisiva americana The Shield, a cui le fiction nostrane dovrebbero, a ragion veduta, guardare maggiormente per la rappresentazione senza falsi buonismi delle forze del (dis)ordine, ma è lo scenario avuto luogo a Calcio, un comune della Bassa Bergamasca, che il giudice delle indagini preliminari Raffaella Mascarino ha descritto nella sua ordinanza. Grazie ad una microspia installata nella panda nera è stato possibile registrare le conversazioni urlate, le minacce, i pestaggi e le perquisizioni invasive per trovare droga, che poi spariva nelle mani dei picchiatori insieme al denaro e ai cellulari dei marocchini. I raid avvenivano sempre il venerdì notte, così da potersi guadagnare i titoli dei giornali della domenica successiva, vantando brillanti operazioni antidroga. Il prezzo di tali operazioni si è scoperto però solo il luglio scorso. Dalle intercettazioni emerge la forte componente razzista che ispira ideologicamente il gruppo: a chi viene rotto un timpano, a chi i denti, a chi il naso. La voce di Massimo Deidda, ex comandante della stazione di Calcio e capo carismatico indiscusso della banda, con marcato accento sardo: «Tu sei troppo agitato, mo ti piazzo un cazzotto in testa. Da chi hai comprato? Ti porto in caserma e ti sfondo a mazzate ». Parla di un altro controllo: «Uno di Martinengo... poi si è messo a sputare i denti e l´ho mandato via... perché appena gli ho dato un destro, caz..., ha cominciato a sanguinare, ha sputato i denti». Quando un marocchino, per sfuggire a un inseguimento, si butta da un tetto quelli commentano: «Perché anziché finire nelle nostre mani preferiscono suicidarsi?». Non mancavano le “nuove leve”, come uno studente di 29 anni che esordì nei raid l’8 giugno. Deidda dimostra il proprio compiacimento per l’esordiente con un vigile di Cortenuova membro del gruppo, Andrea Merisio: « Ci ha chiesto perché non lo abbiamo picchiato quello con la camicia bianca...La mentalità c´è». Una mentalità che non nasce soltanto dall’ossessione di pochi, ma da un approccio culturale che è proprio di quelle zone (il sindaco di Calcio è leghista): dopo i primi arresti nel luglio scorso sono apparse nelle mura del paese scritte inneggianti alla banda: «Rivogliamo i nostri carabinieri», «Deidda sindaco» e così via. Proprio il maresciallo Massimo Deidda, capo della banda, rispettato e temuto nella caserma tanto da essere chiamato “Herr commandant”, a 6 mesi dall’arresto ha chiesto il patteggiamento insieme a un carabiniere di Calcio, Danilo D´Alessandro (1 anno e 8 mesi) e a Merisio (3 anni).

Per approfondimenti:
Dossier sulla banda della panda nera “Cinici, infami e violenti”