Detenzione amministrativa per i richiedenti asilo

Profughi del Kurdistan iraqeno a un passo dall’espulsione

Segnaliamo da Melting Pot la notizia di profughi iraqeni detenuti nel CPT di Via Mattei. Crediamo che questa grave vicenda confermi ancora una volta l'attualità della battaglia per la chiusura dei Centri di Permanenza Temporanea e per il diritto alla libera circolazione, nonché la necessità di mantenere alta l'attenzione sulle conseguenze delle politiche di guerra e sicurezza globale, immigrazione e detenzione amministrativa.

29 dicembre 2007 - Melting Pot (redazione di Bologna)

Undici profughi del Kurdistan Iraqeno sono riusciti a raggiungere l’Italia nella notte tra Natale e Santo Stefano. Vengono segnalati a Terni, dove sono rintracciati dalla Polizia lungo il raccordo autostradale Terni-Orte, diretti verso Roma.

La stampa locale sottolinea che non è la prima volta che migranti di origine orientale appena giunti in Italia percorrano a piedi quel tratto di strada, con tutta probabilità dopo essere stati scaricati in una stazione di servizio da camion su cui vengono imbarcati in Grecia in direzione dell’Italia, passando per il porto di Ancona. Un fatto analogo si è presentato pochi giorni prima quando addirittura 60 persone erano state individuate lungo l’autostrada.
Come tanti migranti provenienti dal Medio Oriente in fuga dalla guerra e dalla miseria che essa provoca, queste undici persone hanno alle spalle un viaggio lungo, fatto di infinite tappe attraverso ostacoli chiamati frontiere e controlli. Ogni controllo di frontiera comporta allo stesso tempo un costo ed un pericolo, perché anche chi è alla ricerca di protezione e pace è considerato un “clandestino”. Mettere in salvo la propria vita non è una motivazione sufficiente per attraversare una frontiera legalmente e così ogni profugo deve pagare una “guida”, ossia qualcuno che conosca come si aggira una frontiera con il minimo rischio possibile. Il pagamento è anticipato, se il sistema fallisce non è previsto il rimborso, ma solo diverse intensità di sfortuna: essere sbranati dai cani poliziotto, essere pestati dagli agenti, essere rinchiusi in un centro di permanenza temporanea europeo o extra europeo, essere espulsi in prossimità del punto di partenza oppure, come troppo spesso leggiamo sui giornali, naufragare, soffocare, congelare, bruciare.
Gli undici curdi iraqeni sono arrivati sani e salvi in Italia, alcuni più provati dal viaggio degli altri sono stati ricoverati in ospedale e poi, dopo essere stati identificati dalla Polizia di Terni, sono stati condotti a Roma. Dalle segnalazioni arrivate alla redazione di Melting Pot, nella capitale sarebbero stati trattenuti per una notte in un para-CPT, ossia una struttura di nuova ideazione gestita dal Comune di Roma. Possiamo ipotizzare che si tratti dei nuovi centri per richiedenti asilo (denominati C.A.R.A.) che dovrebbero sostituire i CDI.
Anche in Italia chi cerca asilo e protezione viene automaticamente dichiarato “clandestino” e quindi non benvenuto. Non soltanto dalla stampa, che anche in questa vicenda liquida i migranti come “clandestini” e la loro odiessea come “rotta per l’immigrazione irregolare”, ma anche le autorità competenti – Questura, Prefettura nonché l’ente gestore del presunto C.A.R.A. romano – bollano il gruppo con un decreto di espulsione e ordinano la reclusione nei Centri di Permanenza Temporanea di Bologna e Modena.
Verificando la notizia abbiamo appreso che sette di loro sono effettivamente detenuti nel CPT di Via Mattei di Bologna. Ci siamo accertati che da qui possano presentare l’istanza di asilo, mentre dei restanti quattro si sono perse le tracce, dal momento che non risultano trattenuti nel CPT di Modena.
La storia di questi profughi di guerra fuggiti da un territorio martoriato dai conflitti, dall’occupazione militare, dalla guerra civile, dalla persecuzione della minoranza curda, è il triste paradigma del fallimento del diritto di asilo, un diritto sancito anche dall’art. 10 della Costituzione Italiana sempre più precario e sempre più aleatorio, ma anche delle drammatiche conseguenze delle operazioni belliche, siano esse unilaterali o multilaterali, con cui le potenze mondiali ed occidentali perseguono l’obiettivo della lotta al terrorismo e della costruzione di nuovi stati democratici.
Nella vicenda, ricostruita grazie alle segnalazioni di amici di Melting Pot, sorprende l’assenza e la noncuranza dei soggetti che dovrebbero garantire il rispetto del principio della protezione umanitaria: come è possibile che undici profughi di guerra di minoranza curda non siano riusciti a presentare una richiesta di asilo ma abbiano invece ricevuto un decreto di espulsione?
Perché non hanno incontrato personale formato in grado di renderli edotti del loro diritto di presentare l’istanza di asilo ed hanno invece, collettivamente, ricevuto un ordine di allontanamento a cui ha fatto seguito l’ordine di trattenimento in un CPT? Sette di loro – resta un mistero la sorte dei restanti quattro - sono ora reclusi in un Centro di Permanenza Temporanea, dove sono privati della loro libertà personale e dove resteranno detenuti fino al pronunciamento della Commissione Territoriale sulla loro richiesta di asilo.
Nell’attesa della nuova legge in materia di immigrazione annunciata dal Ministro Amato, i richiedenti asilo restano in regime di detenzione amministrativa.

tratto da
http://www.meltingpot.org/articolo11843.html