Prima e dopo il presidio che il Coordinamento Migranti ha tenuto davanti all'Ufficio Stranieri di via Bovi Campeggi lo scorso 8 novembre abbiamo incontrato i responsabili di Questura e Prefettura. In questi incontri abbiamo denunciato la drammatica situazione che centinaia di migranti vivono a Bologna a causa dei ritardi nei rinnovi dei permessi di soggiorno. Abbiamo denunciato come una vera e propria rapina il protocollo con le Poste, ma abbiamo anche detto che molti di questi ritardi dipendono direttamente dalla Questura di Bologna, dalle sue inefficenze, dai malfunzionamenti e dalla leggerezza con la quale troppe volte vengono trattati i migranti quando si tratta dei loro documenti, pezzi di carta dai quali spesso dipende la loro vita.
In questi incontri ci è stato detto che vivere qualche mese con la ricevuta "non è poi un dramma", ma abbiamo ricevuto anche rassicurazioni di ogni tipo. A queste non vogliamo rispondere, ma raccontare la storia di Noureddin. Una storia vera, solo una tra le tante:
Questa storia è cominciata molti mesi fa ma non sappiamo ancora come andrà a finire. E’ la storia di una pratica dispersa in mezzo a tante altre negli uffici della questura di Bologna. Peccato che da questa pratica aridamente burocratica e polverosa dipenda la vita di un uomo. Quell’uomo si chiama Noureddin, un nome straniero, anzi “extracomunitario”: forse per questo motivo i funzionari statali della questura non ritengono avere gli stessi doveri, di fronte a questa pratica, che avrebbero di fronte a quella con un nome italiano o di un paese conta.
E’ Noureddin in persona a raccontarcela, nato in una zona rurale del Marocco 41 anni fa. Sta a Bologna dal 2005 e lavora come operaio specializzato in un’azienda edile e questo non è un particolare secondario: se non fosse specializzato e quindi non facilmente sostituibile, probabilmente avrebbe già perso il lavoro a causa della disorganizzazione della questura della nostra città (cosa che porta direttamente alla perdita del permesso di soggiorno).
“Era il 19 marzo 2007 quando ho presentato la domanda di rinnovo del mio permesso di soggiorno, me lo ricordo bene. Lavoro in regola presso un’azienda edile dal 2005 come operaio specializzato e non ho avuto difficoltà a fornire tutti i documenti che erano richiesti mediante la famosa raccomandata di POSTE ITALIANE.
Mi è arrivata poi una convocazione dalla questura per le “foto segnaletiche” (cioè per prendermi le impronte digitali) per il giorno 6 luglio. Ci andai, mi sottoposi alla procedura e mi dissero di ritornare in questura il 5 settembre per ritirare il mio permesso.
Così il 5 settembre ho chiesto un altro permesso al mio padrone e sono tornato in questura fiducioso, ma è stato un permesso sprecato perché l’unica cosa che mi hanno detto è stata di aspettare una convocazione scritta (potevano dirlo subito, no?)
In effetti in seguito è arrivata una convocazione per il 20 settembre e vi giuro che questa volta è stata una bella fatica ottenere un altro permesso dal padrone, ho dovuto proprio litigare e alla fine mi sono sprofondato in scuse e promesse che sarebbe stata l’ultima volta (come se potesse dipendere da me!). Comunque il 20 settembre ero in fila davanti alla questura alle ore 11 del mattino. Quando è toccato a me mi sono scontrato con il poliziotto che faceva “il filtro” davanti al portone, costui si comportava in modo poco civile, per non dire francamente arrogante, anche se sembrava che non avesse molto idea di quello che faceva (o almeno questa è l’impressione che dava). Non ha dato la minima importanza alla convocazione arrivatami dalla questura stessa e mi ha risposto sgarbatamente di controllare la mia pratica in internet. A quel punto mi sono trovato completamente confuso, non sapevo cosa fare e avevo anche paura per il mio posto di lavoro. Ho pensato allora di andare all’ufficio stranieri della C.G.I.L. Qui ho parlato con la signora Elisabetta che mi ha ascoltato e ha capito la mia rabbia, la mia sensazione di impotenza e il mio stato di confusione nonostante le mie difficoltà con la lingua italiana. Ho lasciato a lei le fotocopie di tutti i documenti e mi ha dato appuntamento per il 27 settembre. In questa data l’impiegata della C.G.I.L. mi ha comunicato un altro appuntamento, fissato al primo ottobre, per le famose “foto segnaletiche” (che avevo già fatto in luglio, come ricorderete), perché – una sfortuna pazzesca? - erano venute male (vaglielo a spiegare al padrone!).
Come potete immaginare stavolta stavo proprio per perdere il lavoro con questi continui permessi inutili, alla fine con gran pazienza e molte umiliazioni sono riuscito a convincere il padrone e mi sono presentato di nuovo alla questura il primo di ottobre.
Mi hanno di nuovo preso le impronte e mi hanno detto di tornare dopo un mese. Il 15 novembre sono stati capaci di dirmi che la pratica era incompleta perché mancava il CUD e l’ultima busta paga (FALSO: avevo consegnato tutto all’inizio alla posta!!).
Sono tornato in questura il 19 novembre con una seconda copia del CUD e la busta paga di ottobre . Ma credete che la mia pratica fosse conclusa? NO! Il funzionario è andato a controllare pratica poi è tornato dicendo di ripresentarmi il 10 dicembre per RIFARE LE IMPRONTE!!
Sono tornato all’ufficio della C.G.I.L. in preda al panico. La signora Elisabetta era sorpresa quanto me e non riusciva a capire cosa stesse succedendo. Non ha potuto dirmi altro che di ASPETTARE LA RISPOSTA.
OGGI NON SO COSA FARE”
Intervista raccolta il 19/11/07