Questa mattina, alle 8, mi ha chiamato un’operatrice dei servizi per l’infanzia del Quartiere Borgo Panigale informandomi che, intorno alle cinque e mezzo, in via Triunvirato 125, si era incendiata una baracca, abitata da una famiglia di cinque persone di origine rumena e un bambino di quattro anni era morto, mentre gli altri quattro, genitori e fratellini erano ricoverati in ospedale.
Quando sono arrivato sul posto, i vigili del fuoco avevano già terminato il lavoro di spegnimento, c’era un furgone per recuperare la salma e la polizia scientifica stava compiendo i rilievi sulla baracca che era completamente bruciata.
Il luogo in cui è scoppiato l'incendio è un’area privata, vicina all’aeroporto, nelle adiacenze di una costruzione abbandonata dell’aeronautica che, quest’estate era stata sgomberata perché occupata da un gruppo di rumeni. Il terreno dove è avvenuto il rogo dicono sia di proprietà di un giostraio che avrebbe permesso la costruzione di fortuna (forse in cambio di un affitto), in parte in muratura e in parte in legno, situata tra un piccolo capannone in lamiera che si trova nei pressi di due case, una apparentemente abbandonata, l’altra abitata. Tutto il gruppo di immobili si trova esattamente a ridosso della tangenziale, a meno di un centinaio di metri dal nuovo svincolo per l'aeroporto.
Mi è stato detto che, a dare l'allarme al 118 è stato uno degli abitanti della casa vicina. Quando i soccorritori sono arrivati sul posto, per uno dei bambini non c'era più nulla da fare. Gli altri due fratelli sono stati trasferiti (uno in gravissime condizioni) al Centro grandi ustioni di Padova. Mentre i genitori sono stati ricoverati per intossicazione da fumo al vicino ospedale Maggiore.
L’incendio potrebbe essere scaturito dalle stufette elettriche o dalla bombola di gas che la famiglia utilizzava all'interno della piccola baracca. Nessuno scoppio è stato udito, solo un forte crepitio del legno, mentre le fiamme sono state molto alte.
La famiglia è originaria di Subiu, una città della Romania colpita lo scorso anno da una forte alluvione. E’ in quel contesto che la famiglia della piccola vittima ha perso la casa e si è trasferita in Italia. Il padre faceva il
muratore in nero, prima a Cento, poi in altri paesi della Provincia. I bambini erano seguiti con attenzione dai genitori che si erano dati molto da fare perché potessero andare a scuola. La famiglia rumena aveva chiesto di essere seguita dai servizi di quartiere e un appuntamento, a tal proposito, era stato fissato con l’assistente sociale per il 29 novembre.
Fino a poco tempo fa nella baracca vivevano due famiglie, poi il proprietario dell’area aveva detto loro che se ne dovevano andare: una si era già trasferita, il secondo nucleo famigliare stava cercando un'altra sistemazione, ma non era ancora riusciti a trovarla.
Adesso, in molti, esprimeranno il loro cordoglio per la tragedia, si faranno minuti di silenzio nelle sedi delle assemblee elettive.
Sarebbe squallido “speculare politicamente” su questo dramma, ma altrettanto insopportabili sono le lacrime di coccodrillo istituzionali.
Questo caso, così come gli altri che sono in altre parti d’Italia, dovrebbero obbligare lo Stato, i Comuni, tutti gli enti locali, a mobilitarsi per dare ai rom, ai rumeni, ai poveri luoghi di accoglienza sicuri, tutto il resto sono chiacchiere che disgustano.
Non può essere “normale” che, in ogni mandato amministrativo, dei bambini debbano morire per causa delle situazioni di povertà che sono costretti a vivere.
A Bologna era già successo nel 2000, al campo di Santa Caterina di Quarto, dove due piccole bimbe rom erano morte bruciate nell’incendio della loro baracca.
Oggi abbiamo rivisto la stessa scena…