No alla campagna di odio contro il popolo rumeno

Alcune buone ragioni per dire “Grazie” a un cittadino rumeno o a una cittadina rumena

Parte da Bologna un appello rivolto a tutte le persone che vogliono contrastare politicamente e culturalmente la deriva razzista presente nella società italiana. Il razzismo sta permeando lentamente la nostra cultura, i nostri atteggiamenti pubblici e privati, perfino le parole che usiamo per definire il mondo. Per queste ragioni occorre iniziare a dare segnali in controtendenza.

7 novembre 2007

Sgombero Lungoreno

Come italiani proviamo vergogna e preoccupazione per la campagna di odio che si sta scatenando contro i «rom» e i «romeni», frutto dell’indignazione per fatti di cronaca gravi che riguardano responsabilità di singole persone, ma anche di parole incaute e pericolose, di sapore razzista, che vengono pronunciate nei loro confronti e che ottengono un’immeritata pubblicità.
C’è una deriva razzista nella società italiana e questa deriva viene ormai cavalcata da politici di destra e di centro-sinistra, in cambio di qualche briciola di consenso a buon mercato.
Sull'onda dell'emotività si è sancito, per decreto legge, il razzismo in Italia. La legge è stata etnicizzata ed ha la medesima matrice razzista che portò alla persecuzione del popolo ebraico e al pogrom contro gli "zingari".
L'effetto di ciò è subito sotto i nostri occhi: pulizia etnica, rastrellamenti nei campi rom, ronde giustizialiste ed assassine di giovani italiani disadattati che riducono in fin di vita "pericolosi" rumeni che escono da un supermercato.
Questo clima era già preparato da mesi da zelanti sindaci di diverse città italiane, da Bologna a Firenze fino a Roma, con gli sgomberi, le persecuzioni e la cacciata dalle città di rom, lavavetri, immigrati.
Su un giornale di sinistra, come l’Unità, abbiamo letto in questi giorni di “città italiane che funzionano come miele per le mosche di uno sciame incontrollato che viene dall’EST Europa”.
Il razzismo sta permeando lentamente la nostra cultura, i nostri atteggiamenti pubblici e privati, perfino le parole che usiamo per definire il mondo.
A settant’anni dall'emanazione delle Leggi Razziali in Italia ad opera del Governo Mussolini non avremmo mai voluto assistere a uno spettacolo simile d'inciviltà e intolleranza.
Chi è stato migrante sa quanto sia pesante da portarsi addosso il fardello del pregiudizio; quanto sia faticoso essere un “immigrato”, fra gente estranea che ti guarda male. Come abbiamo potuto dimenticarlo, in appena una generazione?

Per questo dovremmo dire “GRAZIE” alla stragrande maggioranza dei nostri fratelli rumeni venuti nel nostro paese.
Ai nostri connazionali che si dichiarano allarmati di fronte a un fenomeno migratorio imponente, va chiesto perché non si sono domandati le ragioni di questa ondata immigratoria, derivante dalla forte richiesta insoddisfatta di manodopera, lavori che molti italiani non amano più fare come badanti, muratori, carpentieri, manovali, facchini, braccianti agricoli.
Di lavoratrici e di lavoratori romeni se ne incontrano molti anche a Bologna. Fra i migranti si distinguono non solo per la facilità con cui imparano l’italiano, ma anche per l’impegno che mettono nel lavoro e per la buona opinione che ne hanno di noi “italiani”.
Come faremmo a dare assistenza domiciliare ai nostri anziani se non ci fossero donne o ragazze di Craiova, Timisoara, Bucarest che stanno con loro tante ore del giorno e della notte, che “gestiscono” la loro vita, che li aiutano a passare in serenità gli ultimi anni della loro esistenza?
Perché non ci siamo “scandalizzati” o preoccupati quando un “rom caramidai” (“caramida” in rumeno vuol dire mattone) è venuto a casa nostra per compiere lavori di muratura e ci siamo invece stupiti per l’abilità nell’intercambiarsi da muratore a imbianchino a idraulico a elettricista a saldatore. Perché ci vanno bene solo quando, insieme ad altri migranti (comunitari e non) spazzano le nostre strade o portano i nostri bagagli all’aeroporto?

A tutte queste donne e questi uomini, almeno per una volta, noi ci sentiamo di dire
GRAZIE