Le cronache hanno più volte riportato casi di gravi malattie degenerative del sistema nervoso che hanno colpito personaggi più o meno noti. Tra le malattie più gravi e drammatiche c’è la “sclerosi laterale amiotrofica”, di cui si hanno in Italia circa 1500 nuovi casi all’anno. E’ una malattia progressiva, soprattutto in età oltre i 40 anni, che danneggia le cellule nervose del midollo spinale, compromettendo le funzioni muscolari. I primi muscoli colpiti sono quelli delle mani, con caduta involontaria degli oggetti e facile affaticamento delle braccia e delle gambe. Con il tempo aumenta il numero dei muscoli interessati con paralisi che rendono difficile masticare, deglutire, parlare, muoversi, fino alla paralisi dei muscoli respiratori con inevitabile esito letale. Non sono alterate le facoltà intellettive e sensoriali, per cui i malati tragicamente assistono in piena coscienza alla perdita delle proprie funzioni muscolari. La drammaticità è resa ancor maggiore dalla consapevolezza che non vi sono cure efficaci. C’è un farmaco (Rilutek), registrato negli USA, che ha l’unico effetto di allungare la vita di 2-3 mesi. In tale situazione, simile ad altre gravi malattie progressive, è più che comprensibile il ricorso dei malati a terapie alternative non ufficiali, anche se prive di evidenze scientifiche di efficacia. Nessuno può mettere in discussione il diritto di chi soffre a chiedere qualsiasi sistema di cura, soprattutto quando ha piena coscienza della propria situazione; è stato invece oggetto di discussione se il costo delle cure, indipendentemente dalla loro ufficialità ed efficacia, debba essere a carico del servizio sanitario nazionale. Esiste un principio attivo farmacologico, noto con l’acronimo IGF-1, un ormone della crescita registrato negli USA unicamente per il trattamento delle turbe della crescita infantile, che alcuni medici hanno iniziato a prescrivere anche in Italia per la cura della sclerosi amiotrofica. Secondo Silvio Garattini, noto farmacologo dell’Istituto Mario Negri, il farmaco non ha alcuna base scientifica per essere somministrato a tali malati, tanto è vero che è stato bocciato in Italia dal Consiglio Superiore di Sanità e non è stato autorizzato in nessun Paese al mondo per la cura della sclerosi. Infatti non ha nome commerciale. Tuttavia, a seguito di prescrizione medica, alcuni pazienti hanno interessato la Magistratura affinché il costo del farmaco da loro usato fosse a carico del sistema sanitario pubblico. Il magistrato, cui non compete ovviamente valutare l’efficacia del prodotto tanto più se è prescritto da medici, ha accolto la richiesta.
Il nodo del problema non sta nel paziente, che soffre e consapevolmente chiede il riconoscimento del proprio diritto a un equo accesso alle terapie, né nel magistrato, tenuto a riconoscere tale equità come pure la libera facoltà di prescrizione del medico; sta piuttosto nel medico stesso, che può (deve!) avere un rapporto di comunicazione con il paziente, valutarne le condizioni non solo fisiche ma anche psichiche, agire secondo un’etica che non sia fonte di speranze illusorie. La prescrizione medica di un farmaco, di cui non sia stata dimostrata l’efficacia, può rientrare nelle così dette “terapie palliative”, quelle che si prescrivono per una malattia progressiva e irreversibile per combattere sintomi come il dolore, pur non avendo effetti sulle cause della malattia stessa né sulla sopravvivenza. L’IGF-1 non ha azione palliativa e non ne è stata dimostrata l’innocuità per il paziente.
Stiamo assistendo alla nascita di un nuovo caso Di Bella ?