Il dibattito politico in città

Domani Veltroni ci farà capire come finisce a Bologna

A Bologna più che altrove si è assistito al tentativo di smarcare il PD dal condizionamento della sinistra, con evidenti pulsioni all’autosufficienza. Il ricatto sulla ricomposizione della maggioranza viene dal fallimento di quel tentativo.

26 ottobre 2007 - Rudi Ghedini

Cofferati sceriffo Veltroni riflessivo Da Monica Bellucci a Sophia Loren, fino a Sharon Stone: viene da invidiarlo, Walter Veltroni, che grazie alla Mostra del Cinema può incontrare certi miti del nostro tempo, e incassare i riverberi del loro glamour. Ma le mille luci sulla festa romana stanno per spegnersi ed eccoci a un passaggio cruciale: domani a Milano si tiene la prima Assemblea nazionale del Partito Democratico, e Veltroni dovrà far capire chiaramente cosa pensa del futuro del governo e dell’Unione.
Non gli basterà dire che il PD è impegnato per il “pieno sostegno” a Prodi; affermare che “il Paese ha bisogno del massimo di solidarietà della maggioranza per rafforzare l’azione del governo” appare quasi un’ovvietà. Chiunque capisce che la sorte di Prodi è segnata, il dubbio sta solo nel quando cadrà, e su quale questione. Le parole che Veltroni pronuncerà domani sono decisive anche per capire cosa succederà a Bologna.
Il leader del PD non può sfuggire al bivio: se cade Prodi, si va dritti alle elezioni anticipate, o il PD è disposto a tentare la carta del governo istituzionale per votare nel 2009 con un’altra legge elettorale?
La domanda è secca, semplice, drammatica. Non ammette subordinate.
Se Veltroni dice che si dovrebbe andare subito al voto, fa contento Prodi, raccoglie applausi nella platea milanese, ma nello stesso tempo distrugge l’Unione, facendo intuire che il nuovo partito andrà da solo, usando la legge elettorale per spingere nell’angolo la sinistra e spazzare via certi alleati recalcitranti.
Se, invece, Veltroni dice che Napolitano troverà la collaborazione del PD nel tentativo di salvare la legislatura, la platea milanese sarà attraversata da venti gelidi, e il neonato faticherà ad arrivare vivo al primo congresso: da Prodi alla Bindi, da Franceschini a Parisi, si griderà al tradimento del mandato elettorale, mentre l’alleanza dell’Unione continuerà ad apparire senza alternative.
Come previsto, far nascere un partito mentre si sta al governo è autolesionismo allo stato puro. E il PD – nato per rafforzare Prodi – rischia di trasformarsi nel becchino dell’Unione.
Anche le mosse da giocatore di poker di Sergio Cofferati rientrano in questo dilemma: a Bologna più che altrove si è assistito al tentativo di smarcare il PD dal condizionamento della sinistra, con evidenti pulsioni all’autosufficienza. Il ricatto sulla ricomposizione della maggioranza viene dal fallimento di quel tentativo: la pretesa autosufficienza non c’è, la crisi di consensi del sindaco è evidente, le difficoltà crescono di giorno in giorno, nelle sue mani resta solo l’arma finale delle elezioni anticipate (fra i suoi alleati più d’uno pensa sia una scelta irresponsabile). Se Veltroni forzerà la mano, viaggiando verso le elezioni anticipate, Cofferati sarà più forte, in caso contrario non potranno che crescere le forze interne al PD che già lavorano alla sua sostituzione.
La situazione può rapidamente precipitare. Mai come in questo momento c’è da sperare che l’unità delle forze a sinistra del PD – a Bologna come a Roma - sia lucida e senza sbandamenti. Perché una sinistra continui a esistere, l’unità deve prevalere su qualunque obiettivo particolare.