Un sondaggio tra gli studenti universitari di Bologna

Una protesta d'impatto come quella francese

La metà degli intervistati considera la flessibilità sinonimo di precarietà.
La maggioranza si dichiara già pronta a scendere in piazza come hanno fatto i giovani a Parigi.

parigi precarietà La scuola di giornalismo, attraverso il suo settimanale on-line ww.lastefani.it ha compiuto un sondaggio, su un campione di 520 studenti di diverse facoltà, svolto attraverso questionari anonimi.
Il quadro che ne è uscito è che gli studenti dell’università di Bologna vedono nella flessibilità il nemico pubblico numero uno. Infatti, più dell'80% ha ancora il miraggio del "posto fisso" (anche se per il 33% e' ormai una meta irraggiungibile), l'85% considera la flessibilità sinonimo di precarietà e una buona metà è disillusa: si aspetta uno stipendio iniziale inferiore agli 800 euro.
Inoltre, se il 70,4% degli intervistati ritiene che in Italia servirebbe una protesta d'impatto come quella dei giovani parigini sul contratto di primo impiego, il 65,4% si dichiara già da oggi pronto a scendere in piazza.
Gli studenti dell'Ateneo bolognese, che si occupino di lettere, scienze politiche, ingegneria o economia, sono abbastanza ottimisti sull'impiego futuro: puntano nella maggior parte dei casi (76,9%) ad un'occupazione legata ai loro studi e pensano di trovare lavoro nel giro di un anno (63,8%) oppure di due o tre (27,3%). Ma è sulla busta paga che le aspettative scendono: la maggior parte (39%) si aspetta uno stipendio tra i 500 e gli 800 euro, mentre l'11% non crede di salire sopra i 500.
Solo il 3,8% spera in un salario piu' che dignitoso, sopra i 1500 euro, il 10,8% crede guadagnerà tra i 1000 e i 1500 e il 27,1% tra gli 800 e i 1000.
Una sfiducia generale, dunque, a dispetto delle statistiche di Almalaurea, che nell'indagine 2005 sulla condizione occupazionale dei laureati indica un guadagno mensile netto, a un anno dal titolo, di circa 1000 euro.
Quello che più conta, però, per i giovani studenti, è trovare un lavoro a tempo indeterminato, sognato dall'81,3% degli intervistati, che lo considerano “molto importante” nel 46,1%, “importante” nel 35,2%.
Perché? Perché "permette di programmare un futuro" (38,5%) e "garantisce certezze" (30,6%). C'è un 25,6% che lo definisce un "obiettivo", in vista del quale si può rinunciare alla stabilità per i primi tempi (aspettando anche
fino a 5 anni per il 30,5%), ma a rispondere che il posto fisso non interessa è solo il 16%.
Dai contratti a progetto alle collaborazioni occasionali, dal lavoro "a chiamata" alle collaborazioni accessorie, ai ragazzi che studiano per avere un lavoro più qualificato la flessibilità proprio non piace: l'85,6% la vede
come una forma di precarietà permanente.
Un lavoro a tempo determinato, infatti, per la metà degli intervistati (49,4%)
"non offre sufficienti tutele", per uno su quattro (25,6%) non
consente di portare avanti un progetto di vita e per il 10,6% "non motiva il lavoratore".
Nel frattempo, perciò, c'è chi ha già cominciato a darsi da fare: se solo il 14,6% è iscritto a un'agenzia interinale, il 20,8% ha gia' un lavoro part-time e
qualcuno (3,5%) anche a tempo pieno.
Un dato che colpisce, infine, è che il 70,4% degli universitari di Bologna ha risposto di credere necessaria, per combattere la precarietà, una mobilitazione simile a quella che proprio in questi giorni vede protagonisti i loro "cugini" d'Oltralpe. Il 65,4% degli interpellati, inoltre, si dichiara pronto a partecipare alla manifestazione.