A Bologna è in corso un esperimento politico di notevole interesse, che rischia di naufragare. Sei consiglieri comunali di diversa provenienza (Prc, Verdi, Il Cantiere, Sinistra democratica) hanno presentato un documento dettagliato, con obiettivi immediati, misurabili fin dal prossimo bilancio comunale, a venti mesi dalla scadenza del mandato amministrativo. Finora, questi consiglieri hanno fatto parte della maggioranza che sostiene il sindaco Cofferati. Ma la rottura è a un passo, motivata – come sta scritto nella premessa del documento–da una “crisi di fiducia nel rapporto con i cittadini” e da “accelerazioni leaderistiche” inconciliabili con il programma su cui si vinsero le elezioni del 2004. L’atto compiuto dai sei consiglieri (che si firmano “Sinistra in Consiglio”) è l’ennesimo sintomo della profonda delusione, della crisi aperta fra un pezzo di città–che va ben oltre chi si sente a sinistra del Partito Democratico–e l’attuale sindaco. Un suo predecessore, alla recente Festa della Sinistra, ha parlato di “fallimento” dell’attuale amministrazione, definendo “di svolta” il documento dei sei consiglieri.
Il confronto con il sindaco è previsto per il 3 ottobre: ai più, la rottura pare inevitabile. La goccia che fa traboccare il vaso è il cosiddetto “Patto per la sicurezza”, che Cofferati ha concordato con Alleanza nazionale, senza che nessuno dall’interno del recinto del futuro Pd abbia osato esprimere una parola di dissenso. L’abilità dialettica del sindaco è nota, il “patto” viene disinvoltamente chiamato “convergenza”, pare che nessun atto sarà sottoposto al voto del Consiglio, ma la sostanza resta. Tuttavia, quella che rischia di determinarsi nei prossimi giorni non è solo una rottura fra la “Sinistra in Consiglio” e il sindaco, ma anche fra i sei consiglieri. È evidente che una loro divisione sarebbe assai negativa. Peggio, sarebbe un errore, perché avrebbe l’effetto di azzerare le ragioni politiche della loro unità: dei contenuti del documento, è facile prevederlo, non si parlerebbe più.
In questa fase, l’unità d’azione fra chi sta a sinistra del Pd – a Bologna e non solo–appare come una condizione necessaria ma non sufficiente. Per esempio, le diverse valutazioni manifestate dai consiglieri comunali non possono essere accantonate come se niente fosse. Occorre un salto di qualità, un progetto politico condiviso, un atto a forte rilevanza simbolica, in grado di produrre effetti immediati e innescare nuovi processi politici, offrendo una sponda istituzionale a quello che si muove nella società bolognese. Vorrei avanzare una proposta, che deriva da un’esperienza personale che ha qualcosa in comune con quanto sta accadendo.
Nell’autunno 1993, nel consiglio comunale di Bologna, il sottoscritto e altri due consiglieri di maggioranza uscirono dai rispettivi gruppi e diedero vita al gruppo RossoVerde. Non condividevamo alcune intenzioni del sindaco dell’epoca (nuova stazione ferroviaria, svendita delle farmacie comunali) e volevamo esprimere un punto di vista che si poneva in modo nitido: voto favorevole agli atti coerenti con il programma di mandato, e voto negativo sulle scelte che ci sembravano contraddire quel programma. Oggi come allora si tratta di sfuggire al ricatto di chi vorrebbe trasformare ogni critica nella rottura della coalizione, minacciando le elezioni anticipate.
Forse, si può fare un tentativo che rafforzi l’unità appena trovata senza sacrificare le diverse sensibilità presenti a sinistra del PD. Ai sei compagni, su cui pesa una così seria responsabilità, si può chiedere di stipulare un patto: costituire un unico gruppo consiliare (il nome c’è già, va benissimo come si firmano), impegnato a ottenere risultati sulle priorità individuate nel documento “di svolta” (partecipazione, casa, giovani, lavoro e precarietà, città solidale, sicurezza, costi della politica). Nello stesso tempo, i partiti della sinistra dovrebbero dichiarare una doppia indisponibilità: a entrare nella giunta comunale e a sostenere la ricandidatura di Sergio Cofferati, manifestando l’intenzione di costruire insieme alle associazioni e ai cittadini una Lista civica di sinistra, che al momento opportuno individuerà un proprio candidato da sottoporre alle primarie di coalizione.
Questa via d’uscita, se vissuta con convinzione, può avere effetti molto positivi: un nuovo gruppo consiliare, determinante come numero di voti, sarebbe motivo di stimolo (e costante preoccupazione) per sindaco e giunta, lanciando un segnale di speranza a un popolo di sinistra quanto mai sfiduciato. Tanto sarebbe rovinosa una lacerazione in consiglio comunale, tanto sarebbe fertile un progetto finalizzato a ricostruire la sinistra a Bologna.