Qualche settimana dopo il debutto alla Biennale danza di Venezia il Festival dei Teatri di Sant’Arcangelo di Romagna ha ospitato a luglio l’ultimo progetto dei Motus, formazione italiana che, dagli esordi nella Rimini del 1990, ha ottenuto il riscontro delle scene europee ed internazionali, iniettando nei testi di Beckett, Genet, Pasolini e Fassbinder la linfa di una generazione sopravvissuta agli anni Ottanta. Il titolo dello spettacolo è X (ics) – Racconti crudeli della giovinezza, pensato dagli ideatori e registi Daniela Nicolò ed Enrico Casagrande per articolarsi in tre fasi, stazioni di un viaggio che dalle periferie lineari della Riviera Adriatica attraverserà le banlieuese francesi per approdare ad Halle, nella Germania ex-DDR.
Il nuovo spettacolo ritorna al Pasolini di Petrolio, ispiratore dei precedenti Come un cane senza padrone e L’Ospite, anch’essi ibridazioni di tre registri: teatro, musica e video si muovono qui su un palcoscenico dapprima senza occasioni d’incontro, trovando poi l’allineamento nella con_fusione di un’unica forma. Con la chitarra elettrica, che spezza l’iper-cinesi della pattinatrice mentre ruota ossessiva attraverso scena e retroscena, sembra manifestarsi la negazione di quell’allineamento che invece avverrà tra palcoscenico e schermo durante il dialogo dei due ragazzi sulla panchina, individuata dai Motus come «zona liminale fra città e campagna», spazio di gravitazione e d’attesa delle generazioni urbane in cerca d’aggregazione. Anche il titolo stesso, la X, incarna il simbolo del confine, di un luogo che correla nella distinzione, come la parete che attraversa i due spazi della scena: componendosi degli infiniti pixel dello schermo, la quinta dissolve la dimensione e la struttura teatrale in visione percettiva, istintiva, abbandonata alle apparizioni e alle frammentazioni dell’immagine. La permeabilità del confine si coglie nell’unico frammento svolto nel retroscena, paradossalmente rivelatore dell’impossibilità di comunicare i propri sentimenti con un corpo limitato da filtri che ne ostacolano la naturale espressione. L’amplesso dei due protagonisti, infatti, diventa la dissimulazione di un combattimento tra il desiderio e l’incapacità di soddisfarlo per paura, censura o divieto morale, barriere materializzate nella guaina protettiva ma isolante che si frappone tra i loro corpi.
L’esito richiama l’annichilimento di una fisicità trasformata in «ostacolo più che veicolo», appiattita in «narcisismi autistici». «Avanziamo verso il sogno sempre più ritualizzato e mediatico dell’annullamento della morte… del rifiuto della vecchiaia e della bruttezza, alterata e rimossa». La X grida quindi un vuoto di pietas per la diversità, per il mutamento anche dei corpi: Fassbinder affianca Pasolini nel denunciare un fascismo quotidiano promotore di un “prodotto-corpo” mercificabile, una morte nera che nessun nobile gioco tra yedi, inscenato sulla spiaggia da un padre-educatore con suo figlio, potrà eludere.
La seconda fase dello progetto teatrale dei Motus, X version. 2, transiterà in autunno a Valence e Grenoble, dove lo spettacolo si amplierà di piccoli cortometraggi filmati nelle periferie francesi.
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