Un momento di confronto sull'attuale situazioni delle carceri

"Funzione della pena e dell'ergastolo": il convegno alla Dozza

La direttrice lancia l'allarme sull'abuso della pena detentiva, un carcerato afferma: "non è il procedimento giudiziario che forgia la mia anima".

28 settembre 2007

Il 27 settembre si è tenuto un convegno sulla "Funzione della pena ed ergastolo", organizzato volutamente dalla Camera penale del Tribunale di Bologna all'interno del penitenziario, perchè si svolgesse alla presenza dei diretti interessati, i detenuti (tutti carcerati in regime di "alta sicurezza"). "L'indulto da solo serve a poco, serve un impegno più complessivo. Perchè, se e' ovvio che nell'immediato ha un effetto deflettivo sulle carceri, poi nel breve o medio periodo tutto torna come prima". Con queste parole di Manuela Ceresani, direttrice del carcere della Dozza di Bologna, si è aperto il convegno. "É inevitabile- prosegue Ceresani- che le carceri siano sempre sovraffollate, se noi conosciamo e continuiamo a usare sempre e solo la pena detentiva e la custodia cautelare". Secondo Ceresani, infatti "la risposta che si dà è sempre e solo quella della pena detentiva e poi si chiede alle carceri di operare". È per questo che, secondo la direttrice della Dozza, "serve una scelta politica: o si decide di costruire nuove carceri, e questa potrebbe essere una strada, oppure ci si decide ad affrontare in modo più complessivo il problema della giustizia che è anche giustizia penitenziaria". A favore di una minor "facilità" nello scegliere il carcere si schiera anche Maria Longo, magistrato di sorveglianza del Tribunale di Bologna, che, dopo aver premesso che farà "qualche critica all'attuale legislazione", spara a zero sull'allarme sicurezza diffuso nell'ultimo periodo in tutta Italia. Secondo Longo, ci si trova davanti a "un'enfatizzazione delle esigenze securitarie" e si finisce per "scegliere la pena della detenzione per ogni minimo comportamento trasgressivo". Invece, secondo il magistrato di sorveglianza, "il carcere deve rimanere lo strumento residuale di punizione". L'ultima spiaggia, insomma, perchè "non tutti i fatti trasgressivi meritano la detenzione e bisogna cominciare a pensare ad altri strumenti". Molto più importante, piuttosto, secondo Longo, adoperarsi affinché "il tempo della pena sia tempo utile per la ricostruzione della persona", ma ancor più per la sua "responsabilizzazione". E, se arrabattarsi tanto sul tanto discusso concetto di "certezza della pena", secondo Longo è dannoso (perchè "la pena e' certa"), si potrebbe invece prendere in considerazione "qualche ritocco all'articolo 4 bis" - aggiunto alla legge 354/75 nel '91 e che preclude le misure alternative alla detenzione e limita i benefici - che "rischia di vanificare la funzione educativa dela pena". Per il provveditore delle carceri dell'Emilia-Romagna, Nello Cesari, questo articolo "segna la fine del trattamento penitenziario", tanto che "da molto tempo a questa parte le carceri non sono altro che cassa di risonanza di problemi che ci sono altrove". Quanto alla vita dei detenuti, Cesari preferisce non fare giri di parole: "In carcere si sta male - dice- perché la pena è pena" e "il carcere e' un concetto afflittivo". Inutile "prendersi in giro e dire che il carcere è bello" dice Cesari. E, se anche parlare di rieducazione può essere discutibile, sostiene Cesari, ci sono "possibilità evolutive e recupero". Tanto che, ricorda il provveditore, uno dei primi detenuti a ottenere il regime di semilibertà a Bologna fu un ergastolano. Ma a proposito dell'ergastolo Cesari dice che, secondo lui, "non è un problema di questo paese" e quella per abolirlo e' una "battaglia di retroguardia". E dopo l'intervento di che si alza a parlare un detenuto per dire la sua. É l'unico che prende la parola. "Tutti questi discorsi non servono a niente, li facciamo da anni ma sono solo chiacchiere. I detenuti della sezione est non hanno diritto a niente perchè c'è il 4 bis e ha ragione Cesari quando dice che la pena e' afflittiva". E in ogni caso, conclude, "il procedimento giudiziario non può forgiare la mia anima, non ha senso parlare di responsabilizzazione, io non sono irresponsabile. Il 60% dei detenuti è innocente, l'altro 40% è condannato a una pena eccessiva". La cinquantina di detenuti presenti applaude vigorosamente.