Un problema irrisolto, nonostante il finto interesse del Parlamento

L'inutilità dell'indulto, ad un anno dalla sua approvazione

Desi Bruno, garante dei diritti dei carcerati a Bologna, fa il punto sulla situazione al Dozza, mettendo in evidenza le preoccupanti condizioni in cui riversano i detenuti.
24 settembre 2007

il carcere della Dozza Un anno dopo la discutibilissima legge sull’indulto, alcune dichiarazioni piuttosto inquietanti sulla situazione del carcere Dozza a Bologna mettono in evidenza quanto il provvedimento non solo sia stato dannoso, ma anche del tutto inutile. Desi Bruno, garante dei diritti delle persone private della libertà personale del Comune di Bologna, rilancia infatti l'allarme sul “grave sovraffollamento”. La capienza totale del penitenziario è di 483 persone ma a fine agosto i carcerati erano pressoché il doppio: 945 persone, di cui 887 uomini e 58 donne (oggi il numero è pressoché identico con una lieve flessione del numero delle donne, 49, e un aumento delle presenze maschili). Gli stranieri reclusi sono 582 uomini e 34 donne, oltre il 60% delle presenze. Per Bruno è altrettanto importante sottolineare che stanno espiando una pena definitiva soltanto 176 detenuti e 13 carcerate (su 945 presenze), cioè "neppure un quarto della popolazione carceraria", mentre le persone imputate sono 711 uomini e 45 donne. L'indulto non ha mai fatto scendere la Dozza sotto le 700 presenze, a causa il numero sempre alto di "nuovi giunti" (non identificabili con coloro che ne hanno beneficiato sono poi tornati dietro le sbarre). Inoltre l’Ausl, nel suo rapporto di marzo sulle condizioni del penitenziario, ha segnalato casi di tre persone che stanno in celle di 10 metri quadrati, "il che contrasta con gli standard di vivibilità stabiliti dalle Regole penitenziarie minime europee, che definiscono il sovraffollamento 'trattamento inumano e degradante'", afferma ancora Bruno che ricorda anche come il rapporto del Comitato europeo contro la tortura del 2006 ha invitato l'Italia a predisporre strumenti efficaci per risolvere il problema. Insomma, "a un anno dall'indulto la preoccupazione per il futuro cresce e le risposte sono ancora lontane" taglia corto Bruno, che poi elenca una serie di priorità: riforma del testo unico dell'immigrazione, riforma delle legge sulle droghe, abolizione della legge sulla recidiva, riforma del codice penale, impegno di risorse per l'adeguamento dei penitenziari assicurando condizioni di vita dignitose a chi è detenuto e a chi lavora in carcere, aumento, formazione e razionalizzazione del personale, incremento dell'impegno sul fronte delle misure alternative alla detenzione. Bruno fa notare le gravi violazioni esistenti della legge sull'immigrazione e di quella sugli stupefacenti, che aveva l'obiettivo di sostituire il carcere con la comunità terapeutica o con programmi terapeutici territoriali, mentre invece, al momento, il 30 % della popolazione detenuta è tossicodipendente. “La polemica sull'indulto, votata dai due terzi del Parlamento – aggiunge ancora - sembra utile solo a non affrontare i temi veri per una possibile civile riduzione delle presenze in carcere, senza danni alla sicurezza dei cittadini.”