«A me me fa paura sulo 'o fesso» (Eduardo De Filippo)

Burlando Burlando

Il caso Burlando ci avverte: è ora di parlare d'intelligenza.
23 settembre 2007 - Carlo Loiodice

Sbrigo subito una personalissima formalità, dicendo che, se uno dei candidati alla segreteria del nascente PD si prefiggesse pubblicamente di estromettere Claudio Burlando dal partito e dalle istituzioni in cui lo rappresenta, io farei uno strappo alla regola, mi iscriverei al PD e andrei a votare per costui; salvo, immagino, restituire immediatamente la tessera un minuto dopo la prevedibile sconfitta. Claudio Burlando e Walter Veltroni in una foto dal sito web di Burlando E detto questo, mi va di proporre qualche considerazione a commento del caso al quale Claudio Burlando, burlandosi di noi, ci ha fatto assistere.
Premessa storica. Gli antichi romani, per assicurarsi che il Senatus Populusque Romanus (SPQR) eleggesse persone non incompetenti, avevano teorizzato e praticato il “cursus honorum”, una progressione nelle cariche per cui per essere eletto console bisognava esser stato prima edile curule, prima ancora questore e ancor prima pretore. Un po’ come se oggi si stabilisse che non ci può essere presidente di provincia che non sia stato sindaco, presidente di regione che non abbia presieduto una provincia e via su su… Non è la mia una proposta operativa, ma solo un modello di ragionamento. E quindi torniamo alla cronaca. Il signor Claudio Burlando fu, anni fa, sindaco di Genova. Amministrò bene? Bisognerebbe chiederlo a personalità indipendenti sotto la Lanterna. Il resto degli italiani un minimo informati ha conosciuto il sindaco Burlando dai giornali quando un autobus, imboccato il nuovo sottopasso di Caricamento da lui inaugurato, s’incastrò nel soffitto: il sottopasso non era abbastanza alto da farci passare un autobus!... Burlando fu inquisito e assolto… Per non aver capito il fatto… Erano tempi in cui a sinistra, e anche nel PDS/DS a queste cose ci si teneva; per cui il “povero” Burlando era stato costretto a dimettersi. Però, una volta assolto, diventò, se non un eroe, almeno un quadro, un dirigente meritevole di risarcimento. Ed ecco per lui una poltrona di ministro dei trasporti nei governi dell’Ulivo. E del resto, che ministero avreste dato voi a uno che pensava di sgonfiare le ruote agli autobus per farli passare sotto i suoi stupendi tunnel? Vista la situazione dei trasporti in Italia, qualcuno è in grado di determinare l’apporto qualitativo e quantitativo del detto ministro? Sia come sia, nel 2001 il centrosinistra perse le elezioni e nessuno pagò. Figurarsi se poteva pagare il Burlandone! E infatti rimase seduto su uno scanno della Camera, finché due anni fa, dovendo il centrosinistra scegliere un candidato per la presidenza della Regione Liguria, la scelta cadde – mai verbo fu più appropriato – su Claudio Burlando, il quale da due anni regge la barra del timone incurante di intemperie e marosi. Un giorno l’ex sindaco con responsabilità sulla circolazione degli autobus e l’ex ministro dei trasporti che aveva avuto in carico anche la sicurezza sulle strade, è in macchina diretto non so dove. Si sbaglia e imbocca uno svincolo autostradale. Dopo più di un chilometro, si rende conto di aver sbagliato strada. Dinanzi a lui il casello. Se entra, dovrà farsi non so quanti chilometri in là per poi farsene altrettanti in qua. Macché! Lui non è mica un uomo qualunque! In tasca ha documenti probanti! E allora inverte la marcia. Già, inverte la marcia su uno svincolo autostradale… Non occorre la patente: basta solo capire la lingua italiana per sapere che un senso unico non è un doppio senso. E così sono convinti di sapere tutti quegli automobilisti che fortunatamente lo schivano, avvertendo la polizia. Ricordate la barzelletta? “Fare attenzione! Un pazzo va contro mano in autostrada!” Il pazzo ascolta la radio e commenta: “Sì, uno!” Nel nostro caso la polizia arriva e fa la solita cosa: gli chiede i documenti. Che sfiga! L’ex sindaco/ministro/parlamentare, presidente in carica di una Regione, ha scordato a casa patente e carta d’identità. Però, guarda la fortuna, un documento in tasca ce l’ha: è la tessera di parlamentare! Ma non aveva lasciato la Camera due anni fa? Era da due anni che non portava la giacca in lavanderia? Pure zozzone! La notizia rimbalza sui massmedia e su internet. Esiste ancora la vergogna, quel sentimento per cui in certi casi disconosciamo la nostra immagine allo specchio? Se esiste ancora, Claudio Burlando ne è immune. E se persino l’orrendo Bernardo Provenzano, dopo le stragi mafiose degli anni ’90 aveva praticato l’”inabissamento”, perché di mafia si parlasse il meno possibile, al contrario Burlando si è messo in moto a fare dichiarazioni e a rilasciare interviste. Il suo argomento principe è: “Ho sbagliato ma non ho chiesto favori”. Non li ha chiesti? Lui sta chiedendo a tutti noi di derubricare a quisquilia un suo comportamento disdicevole già a prescindere da considerazioni etiche. Facendo quel che ha fatto, cioè mettendo stupidamente a repentaglio la vita altrui, Burlando ha dimostrato di essere un vero deficiente, come quell’alunno di Palermo la cui insegnante fu indagata e quindi assolta per averglielo fatto scrivere cento volte sul quaderno. E un deficiente che ancor oggi dichiara: “Non mi dimetto”, non merita forse di esser portato via dai camici bianchi? In una sua poesia Eduardo De Filippo afferma di non aver paura di ladri, calunniatori e altri tipi di mala gente. “A me me fa paura sulo ‘o fesso”, egli proclama saggiamente. Ed ecco perché oggi, politicamente parlando, ho più paura di ieri.