La violenza di genere nel pacchetto sicurezza non ci sta, non ci può stare: sono almeno otto anni che le periodiche raccomandazioni del Comitato per l’Applicazione della CEDAW indicano ai Governi italiani di volta in volta avvicendatisi, di destra e di sinistra, qual è la strada da prendere per eliminare le discriminazioni di genere, in ogni possibile forma e manifestazione, a chiare parole è stato detto infatti, e con preoccupazione, che in Italia “manca una strategia globale per combattere tutte le forme di violenza contro le donne”.
Di questo monito è necessario prendere atto per aprire una seria discussione su cosa si vuole intendere per discriminazioni e violenza di genere, e sul come le Istituzioni intendono agire per porre fine alle vessazioni cui, in maniera più o meno evidente e più o meno violenta, una donna su tre e la quasi totalità della comunità LGBTQ è costretta a fare i conti nella vita.
E’ chiara la difficoltà politica di addivenire in tempi brevi a una definizione giuridica di violenza di genere che includa ogni forma di discriminazione e violenza rivolta contro una Persona in ragione della propria identità di genere od orientamento sessuale, tuttavia tale definizione normativa rappresenterebbe il punto di partenza per affermare che il rispetto della dignità della Persona, aldilà della sua identità sessuata e delle sue scelte sessuali, è un imprescindibile diritto fondamentale, e che di questo lo Stato deve farsi garante attraverso politiche di sensibilizzazione, promozione, repressione criminale degli episodi discriminatori ove necessaria.
Il silenzio istituzionale sul punto, le ambiguità in tal senso del disegno di legge governativo in esame alla Commissione Giustizia, lasciano perplessi sul fatto che ci sia qualcuno all’interno della maggioranza che poi tanto convinto non è che la discriminazione basata sul genere sia così lesiva dei diritti fondamentali quanto quella basata sul razzismo o sul credo religioso, e che possa passare tranquillamente in secondo piano la denuncia di due ragazzi per un bacio in pubblico, la difficoltà di donne che in alcune regioni non riescono a scappare di casa dalle mani di partner violenti perché non sanno cosa fare e dove andare, perché mancano case rifugio e la polizia se non la picchiano non ci può fare niente e la giustizia ha i suoi tempi…
Crediamo che sia giunto il tempo di porre fine a questa ambiguità: anche noi, come il Comitato per l’applicazione della CEDAW nella raccomandazione 19/2005, siamo preoccupati che la mancata previsione di una nozione di discriminazione contro le donne “possa contribuire a far ritenere di limitata applicazione il concetto di parità sostanziale, come evidente nello Stato membro (l’Italia) , anche tra i pubblici funzionari e la magistratura”.
Certo è più facile aggiungere lampioni alle strade buie, aggiungere vigilantes per accompagnare di notte le donne sole…ma tutto questo forse non rimarcherebbe ancora di più che lo spazio pubblico è uno spazio maschile, dove la donna, alla stregua di minori, disabili e anziani, entra solo se “assistita”, alle condizioni anche queste dettate dagli uomini ( non da sola in quel quartiere, gira con la borsetta sempre dal lato del muro, mai di notte con la minigonna ..altrimenti “te la sei cercata” ) ?
Sappiamo che è difficile fare conti con quelle Raccomandazioni del Comitato per l’applicazione della CEDAW, quelle che si ha avuto timore di tradurre e diffondere, quelle in cui si sottolinea nel nostro Paese “la persistenza e pervasività dell’atteggiamento patriarcale” e il “profondo radicamento di stereotipi inerenti i ruoli e le responsabilità delle donne e degli uomini in famiglia e nella società”, stereotipi che “minano alla base la condizione sociale delle donne, e sono all’origine della posizione di svantaggio occupata dalle donne in vari settori, compreso il mercato del lavoro e la vita politica e pubblica”.
Forse è giunta l’ora, secondo quanto richiesto dal Comitato, di “adottare un programma su larga scala, onnicomprensivo e coordinato, per combattere la diffusa accettazione di ruoli stereotipati di uomini e donne” e “promuovere una uniformità legislativa e omogeneità di risultati nella attuazione della Convenzione per l’Eliminazione di tutte le forme di discriminazione contro le donne in tutto il Paese” e “ accordare un’attenzione prioritaria all’adozione di misure onnicomprensive per affrontare la violenza contro donne e bambine”e, aggiungiamo noi, lesbiche, gay, bisessuali, transessuali.
Tutto questo rappresenterebbe un grande passo avanti nella Tutela dei Diritti Fondamentali della Persona, apprezzabile a livello europeo ed internazionale almeno quanto la moratoria per l’abolizione della pena di morte.
A mio avviso addirittura sarebbe ancor più apprezzabile di tale impegno, di carattere perlopiù diplomatico, per la fatica e per il coraggio che richiede attivarsi concretamente (e quindi prevedendo anche un adeguato appoggio finanziario, così come avvenuto in Spagna ) per mettere davvero in discussione la struttura di disparità nei rapporti tra generi, che ha connotato per secoli la storia di intere nazioni, popoli, generazioni, un gesto questo profondamente simbolico per sollecitare una nuova cultura di uguaglianza e di rifiorire dei Diritti Umani della Persona, un patto di condivisione tra i generi delle responsabilità sociali.
Non cancelliamo questa possibilità con un pacchetto sicurezza all inclusive, voluto peraltro da chi fa di tutte le erbe un fascio e della violenza sulle donne una tradizione siculo- pakistana: le donne al Governo e in Parlamento hanno il dovere di impedire che a livello istituzionale vengano riprodotti stereotipi discriminatori e che venga riproposta, attraverso l’inclusione delle misure in materia di violenza (di genere? sulle donne?) nel pacchetto sicurezza, la pregiudizievole idea che la violenza di genere sia un problema di ordine pubblico risolvibile a prescindere dal rispetto della dignità delle Persone in quanto tali, rispetto che neanche numerosi esponenti maschili delle Istituzioni in più occasioni hanno dimostrato avere nei confronti di donne, lesbiche, gay , transessuali.
Vogliamo mobilitarci tutte e tutti perché le Istituzioni promuovano il rispetto della dignità dei generi, oggi ?