E' morto Vito Pallavicini

«Neanche un prete per chiacchierar...»

Il 16 agosto è morto Vito Pallavicini nel silenzio dei media. Eppure era uno dei massimi autori della canzone italiana.
19 agosto 2007 - Carlo Loiodice

«Sembra quand'ero all'oratorio, con tanto sole, tanti anni fa. Quelle domeniche da solo in un cortile, a passeggiar... ora mi annoio più di allora, neanche un prete per chiacchierar...»
Chissà se un prete è poi arrivato a fare l’ultima chiacchierata con Vito Pallavicini. Pallavicini, chi era costui? Cognome da nobiltà lombarda il suo, anche se lui non apparteneva certo a una famiglia di conti e marchesi. Laureatosi in ingegneria chimica, si era dato poi al giornalismo. Nel 1950 fondò nella sua città «L’informatore vigevanese», che per una ventina d’anni vendette una decina di migliaia di copie alla settimana a partire da una cittadina che contava 12 mila abitanti. Eh, se noi di Zic conoscessimo il segreto! Così come vorrei tanto conoscere un altro segreto. Come fa un giornalista con formazione tecnico-scientifica a mettere giù, tanto per provarci, il testo di un paio di canzoni e portarle immediatamente al successo nazionale. Avvenne nel 1959 con «Amorevole», cantata da Nicola Arigliano, e «Ghiaccio bollente», per la voce di Tony Dallara. Condizionati come oggi siamo dalla modalità cantautorale, non ci riesce più tanto di individuare la paternità di una canzone quando autore ed interprete non coincidono. Del resto oggi è diventata residuale la figura dell’autore puro come quella dell’interprete puro. E il risultato è che anche quella del cantautore puro si è corrotta all’interno di un lavoro di équipe, in cui il nome che si mette avanti spesso non è quello di chi ha fisicamente fatto la fatica di pensare e scrivere, quanto piuttosto quello di chi esercita il maggiore richiamo: con tanti auguri ai ghost writers. Chissà quanto sapeva cantare Vito Pallavicini! Uno dei suoi partner musicali negli anni ’60, Paolo Conte, all’epoca pareva improponibile come interprete, forse anche a se stesso. Ma i due, quando si mettevano assieme, facevano scintille! E allora ecco pronta una «Insieme a te non ci sto più» da far cantare alla giovane e grintosa Caterina Caselli caterina caselli ; oppure una «Azzurro», per noi oramai indissociabile dalla voce di Adriano Celentano, il quale amava firmare le canzoni scritte dagli autori del suo “Clan” ma non si azzardò a togliere a Pallavicini e Conte nemmeno una briciola della loro gloria di creatori. Tre giorni fa, il 16 agosto, era il trentesimo anniversario della morte di Elvis Presley e in questo giornale ne abbiamo parlato. Ma, obnubilati dall’afa estiva, non avendo accanto nemmeno un prete – che è tutto dire – per chiacchierare, con l’attenzione pigramente attratta dal calo delle borse e dalle “puttanate” della politica locale, non ci siamo accorti di chi piano piano, in punta di piedi, ci lasciava dopo averci tenuto un po’ per mano nella nostra adolescenza. E con esso ci è sfuggita anche una meravigliosa coincidenza: quella di Pallavicini che muore a trent’anni esatti da Presley. Elvis Presley E c’era proprio da rilevarla questa coincidenza; dato che la canzone incisa da Elvis col titolo «You don't Have to Say You Love Me» altro non è che la versione americana di «Io che non vivo», scritta nel 1965 assieme a Pino Donaggio che ne era l’interprete, prima che smettesse di cantare e si dedicasse alle musiche da film. E’ poco aver dato una canzone a Presley? Direi proprio di no! E’ un colpo che non è riuscito neppure al mitico Giulio Rapetti, in arte Mogol, con cui e insieme ad altri Pallavicini può abitare il Parnaso dei parolieri italiani che, novelli Cirano de Bergérac, han dato voce a corde vocali altrui senza averci quasi mai fatto ascoltare le loro. Qualcuno ha detto che morire ad agosto è come morire due volte. In effetti, se muori a ferragosto, come è capitato a Pallavicini, non se ne accorge quasi nessuno. E il redattore di turno, spesso svogliatamente precario, o precariamente svogliato, giusto si ricorda di due canzoni, cita quelle e la chiude lì. Chissà dov’è in questi giorni Marco Travaglio! Quando per un suo libro ha scelto il titolo «Le mille balle blu», avrà certo pensato alla canzone di Mina: «Le mille bolle blu». Nel 1961 la compose in musica Carlo Alberto Rossi su versi di Vito Pallavicini.

Fonti: “Enciclopedia della canzone italiana”, di Autori Vari (a cura di Gino Castaldo), ed. Curcio, 1990; alla voce “Pallavicini Vito”, di Enzo Giannelli, pp. 1262-1264” e la voce “Vito Pallavicini” su Wikipedia, http://it.wikipedia.org/wiki/Vito_Pallavicini