Scaramuzzino: «Se ne può parlare»

Luci rosse intermittenti

Libero Mancuso chocca il mondo politico bolognese proponendo una zonizzazione turnante per l'esercizio della prostituzione. Parliamone...
14 agosto 2007 - Carlo Loiodice

La proposta ha circolato sui giornali locali e nazionali e la riassumerei così. Visto che la prostituzione c'è, perché non legalizzarla in qualche modo, sottraendola al potere del crimine? "Se ne può parlare", dice tranquillamente il vicesindaco Adriana Scaramuzzino. E in effetti prima di lei ne aveva parlato il suo collega di giunta Libero Mancuso, uomo dalla preparazione culturale e dalla rettitudine morale ineccepibili. Mancuso non è un fanfarone e sa bene che sul collo di proposte così vanno mantenute salde le redini, come su un cavallo focoso. Quando uno fa una proposta di legalizzazione - che si tratti di droga, di prostituzione o chessò altro - deve aspettarsi la pronta reazione contraria dell'universo politico nazionale e locale. In effetti non che tutto il mondo sia contrario a certe cose. Tutti i puttanieri che ogni sera, rallentando il traffico stradale, ne accrescono le conseguenze sull'inquinamento atmosferico e umano, per qualcuno voteranno. E questo qualcuno non sarà poi sempre e completamente insensibile alle loro istanze. Prendiamo poi qualche deputato, ad esempio Mele dell'UDC. In teoria potrebbe anche spezzare una lancia a favore di una "libera prostituzione", cosa realmente diversa da un libero sesso o libero amore - come si diceva nell'ottocento -, per cui quelli come lui non sono oggettivamente tagliati.
Il fatto è che, a quanto ci siamo ormai abituati a capire, i nostri politici non provano soddisfazione e godimento quando riescono a mettere un personale mattoncino nella costruzione dell'edificio sociale. Essi godono invece solo ogni volta che un giornale o qualcun altro dei media gli dedicano qualche riga. Per cui il problema loro non è dire ciò che pensano o ciò che ritengono giusto, quanto quello di dire una cosa diversa da chi ha parlato prima. Meglio se il distratto lettore viene attratto dal carattere inusitato dell'argomentazione. Ma qui il carattere "inusitato" stava proprio nel balon d'essay lanciato da Mancuso, del cui rigore morale - ribadisco - non ci è lecito dubitare. Brava dunque la Scaramuzzino, quando, da cattolica margheritina, non ha fatto la mossa di scandalizzarsi ma, bella tranquilla, ha detto che "se ne può parlare". E allora parliamone. E diciamo che sarebbe ora che lo stato "legalizzasse" tutto ciò che, essendo ora illegale, produce quel degrado che a parole tutti dicono di voler combattere: prime fra tutte, droga e prostituzione.
Chi si scandalizza è o ingenuo o in malafede. Giacché "rendere legale" è cosa diversa dal rendere moralmente approvabile o socialmente raccomandabile. Rendere legale una cosa significa ricondurla all'interno di quel reticolo fitto costituito dalla legge, entro cui ognuno di noi, entrando in relazione con l'altro/a, ha diritti e doveri proclamati da norme scritte, ancorché interpretabili. Oggi la prostituzione è fuori legge a partire dalla transazione economica. Assente dalla materia è il diritto del lavoro. Diritti e tutele di ordine sanitario non sono regolamentati a monte, ma il sistema entra goffamente solo al verificarsi di un guaio (vedere proprio il caso Mele).
Insomma, se ne può, ma soprattutto se ne deve parlare. Anche per esercitare la professione del dubbio quando le soluzioni adombrate paiono peccare di eccessiva creatività. E' il caso della "turnazione" proposta da Mancuso. Egli deve aver pensato al circo o al Luna park, che arrivano in un posto, ci stanno due o tre settimane per poi smontare baracca e burattini e rimontare altrove. Per quelle due o tre settimane l'intera zona è in qualche modo segnata dall'evento, ma poi tutto torna alla normalità prima che la gioia del divertimento si tramuti nella tensione dell'intollerabilità. Ahimé, questa brillante idea non è sperimentabile immediatamente. Oggi - dichiara Mancuso ai giornali - un sindaco che emanasse le apposite ordinanze per le rispettive zone di attività temporanea, potrebbe essere incriminato per favoreggiamento della prostituzione. E dunque bisognerà attendere - aggiungo io - che Mele e i suoi sodali convincano sotto banco una maggioranza parlamentare a rimuovere l'ostacolo; oppure che i partiti di sinistra si ridestino a una cultura illuminista di trasformazione della realtà mediante intelligenti prassi politiche. Non mettiamo limiti alla provvidenza e attendiamo, più o meno fiduciosi, più o meno sfiduciati...
In attesa possiamo trascorrere un po' del nostro tempo immaginando scenari nella nostra città. Ve ne propongo uno. La proposta Mancuso è finalmente divenuta realtà e a Bologna è in atto una turnazione delle attività stradali a luci rosse. Come per la pulizia delle strade o per i mercatini rionali, il comune emette apposite ordinanze, leggendo le quali, su apposita cartellonistica, io posso sapere se e quando si batte sotto casa mia. Però il problema non è solo di chi torna a casa. Interessati alla turnazione sono tanto le operatrici/tori, quanto i fruitori. Al momento non si segnala alcuna emergenza relativa ad ipotetiche fruitrici di prostituzione stradale.
Il signor Mario sta sera quasi quasi... Patricia invece deve prendere posizione.
Sì, ma dove? E' il problema di entrambi...
Bologna è una città reputata per i suoi servizi. Infatti funziona bene anche l'Ufficio per le relazioni con il pubblico (URP, in piazza Maggiore. Mario e Patricia potrebbero andare lì a sentire qual è la zona buona stasera. Ma, se tutti e due sono lì, allora lì s'incontrano...
Non andrà mica a finire che tra il Nettuno e via D'Azeglio viene a crearsi una intensa zona di contrattazione? E tutti i giorni?
P.S. – Dopo aver scritto queste righe, ho letto altre reazioni. Che dire? Mettere in termini morali un problema politico è il miglior modo per troncare la discussione e rimandare ad altra data. Il «Se ne può parlare» di Adriana Scaramuzzino ha un senso se le tesi non sono precostituite.