Ehi prof. , mi dice Silvia, questo problema di matematica che ci pone nella verifica in laboratorio di informatica non l'ha mai spiegato. E io: ma veramente abbiamo affrontato problemi simili due settimane fa.
E lei: ma allora nella scheda di lavoro c'era spiegato tutto quello che dovevamo fare.
Come dire: ci dica cosa, quale procedura dobbiamo eseguire e noi la faremo, se non per lei, almeno per avere la sufficienza. Ma non ci chieda di usare troppo la nostra intelligenza per inoltrarci in terreni inesplorati, perché il gioco non vale la fatica.
Il rapporto di tanti giovani con la scuola è ben esemplificato dal loro rapporto con la matematica. E non è un caso che la gran parte delle bocciature e dei debiti derivi dal cattivo rapporto con questa materia.
Però è solo la punta dell'iceberg.
In realtà dietro c'è il rapporto con la scuola e con il modello di società in cui sembra che il vero successo l'abbia solo chi ci sa fare, chi in modo opportunistico sa capire cosa vogliono quelli che contano.
Che facciamo allora ?
Torniamo ad investire nella scuola per ricostruire da questa una società più libera e nella quale ciascuno possa esprimere al meglio la propria personalità, ripensiamo i programmi della scuola (quelli di matematica risalgono al 1923) o reintroduciamo gli esami di riparazione ?
Conservo come una reliquia un libro inglese di molti anni fa pieno di esempi concreti di come la matematica sia dentro le cose di tutti i giorni, permetta di capire la società della conoscenza di oggi, da come funzionano le memorie magnetiche a come si fanno le previsioni del tempo, da cosa sono i numeri di Fibonacci, divenuti famosi solo grazie al «Codice di Vinci» a come viene costruito un campione statistico.
Tutto ciò è in larga parte assente dal nostro insegnamento, e quando si vuole dimostrare più rigore si vanno a ripescare problemi che per essere risolti richiedono la conoscenza delle «formule».
Io credo che di questo dovremmo discutere se vogliamo seriamente affrontare la crisi della nostra scuola.
Il ministro Fioroni invece prima ha scelto la strada delle «formule» nella prova d'esame di matematica al liceo scientifico, ora propone di risolvere il problema con gli esami di riparazione.
Se sceglieremo questa strada non faremo che aumentare il tasso di opportunismo degli studenti.
Come venti anni fa verrà promosso solo chi ha eseguito fedelmente le prescrizioni date dall'insegnante per riparare.
Anche adesso nella maggior parte dei casi chi supera il debito ha finalmente capito cosa l'insegnante chiedeva e ha studiato l'argomento come l'aveva fatto l'insegnante, non ha tentato di trovare una sua strada per giungere a capire il problema, una sua strada per risolverlo.
Per fare questo occorrerebbe dare fiducia allo studente, credere nella sua intelligenza, non pressarlo con scadenze continue e drammatiche.
Io i corsi di recupero non li faccio più.
Farli significava trovarsi decine di studenti, provenienti da classi diverse, ognuno con i suoi problemi personali e con le sue storie scolastiche.
A questi si finisce per riproporre la solita minestra delle lezioni frontali che già li hanno massacrati durante l'anno. Il corso di recupero diventa la punizione data ai reprobi.
Qualche volta sono riuscito a fare i corsi solo per 2 o 3 studenti alla volta.
Allora le cose funzionavano.
Poi il Dirigente ha avvisato che i costi erano troppo alti, che il fondo a disposizione non bastava.
E ho lasciato perdere, mi sono reso conto che stavo entrando in concorrenza con le ripetizioni private.