In occasione della giornata mondiale contro le mutilazioni genitali femminili pubblichiamo questo articolo ripreso da "La 27esima ora".
"Con quale arma possiamo fare fronte alla paura di un mutamento della tradizione? Noi mamme africane abbiamo bisogno di strumenti, di parole giuste, di confronto con altre donne per elaborare insieme le forme di una nuova educazione interculturale per le nostre figlie e i nostri figli nati in Italia o che crescono qui. Perché loro vivono dentro una spaccatura culturale, per cui non sono né completamente italiani né completamente africani. Parole che ci aiutino anche a convincere le famiglie rimaste in patria, così da accelerare il processo verso l’abbandono della pratica dell’escissione. Ci vuole tempo per riuscire a cambiare la mentalità delle persone, molto coraggio e tante campagne pubbliche. Come donna e mamma africana sto cercando di aiutare le donne migranti a condividere i propri pensieri, i propri bisogni, le proprie paure e le proprie forze, stringendo legami di solidarietà per affrontare i momenti difficili, quando le pressioni della tradizione si fanno più forti. Lo scopo è abbandonare le pratiche negative e valorizzare invece gli aspetti positivi della nostra cultura, facendoli conoscere anche nel Paese in cui abbiamo scelto di vivere e crescere le nostre figlie".
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La scrittrice e militante politica del Quebec di origini algerine, Djemila Benhabib, commenta l’"Hijab Day", evento organizzato il 20 aprile 2016 da studentesse e studenti di Sciences Po, l’istituto di Scienze Politiche a Parigi.
Caro studente di Sciences Po,
lo scorso 20 aprile 2016 hai organizzato (forse per un atto di banale solidarietà) una giornata per festeggiare il velo islamico con una leggerezza d’animo disarmante. In realtà, dovremmo parlare di prigionia: quella di mia figlia, di mia madre e la mia, oltre a quella di milioni di altre donne in tutto il mondo.
Da dove scaturisce la capacità di tradurre in chiave esotica l’alienazione altrui?
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Un articolo di Stefanie Lohaus e Anne Wizorek.
"I fatti di Colonia lasciano tutti senza parole, questo è certo. Ma in Germania le persone più consapevoli sono già da tempo furiose per la diffusione della cosiddetta cultura dello stupro. Parlare della violenza di Capodanno come di un evento singolare in una Germania altrimenti "buona" è una cosa assurda, forse una delle più esagerate che sia stata riportata in merito alla faccenda. Improvvisamente tutti parlano di rape culture—intendendola come un fenomeno che viene da altri paesi, perché tutti i testimoni sentiti dalla polizia hanno parlato di uomini che sembravano "arabi" o "nordafricani", insomma non uomini bianchi".
Pubblichiamo questa bella analisi fatta da un uomo, Marco Palillo, sugli episodi di violenza sessista contro le donne, a Colonia e altrove.
"In estrema sintesi, i fatti di Colonia ci indicano due errori da evitare: da un lato non si possono negare le insidie del multiculturalismo e il problema di certi ambienti culturali verso la libertà delle donne e delle minoranze, dall'altro la violenza maschile non può essere problematizzata come fatto essenzialmente culturale che riguarda solo gli islamici. Occorre, piuttosto, ribellarsi all'inciviltà in maniera aperta coinvolgendo tutti, a partire dalla comunità di migranti. Ma soprattutto è importante coinvolgere in questo discorso tutti i maschi: la violenza maschile è un nostro problema, una nostra colpa. E non è detto che gli uomini che hanno assalito le donne di Colonia la notte di Capodanno non abbiano agito sotto un arcaico fantasma maschile che riguarda ancora tutti, cristiani, musulmani e atei, occidentali e no, migranti e nativi."
La campagna “One Law for All”, le Southall Black Sisters, il Centre for Secular Space, IKWRO e altre quasi 200 organizzazioni per i diritti delle donne e la laicità hanno sollecitato il governo britannico ad adottare provvedimenti sistematici per arrestare lo sviluppo di sistemi giuridici paralleli alla giurisdizione statale e facilitare il pieno e corretto accesso alla giustizia per tutti i cittadini e le cittadine e l'affermazione di “una sola legge, laica, per tutte e tutti”. Tra breve, i soggetti aderenti consegneranno al 10 di Downing Street la lettera aperta sottoriportata, che ha riscosso l'attenzione dei media, in particolare della Thomas Reuters Foundation e di RT.