Quasi 200 firme per smantellare i sistemi giuridici paralleli

15 giugno 2015 - traduzione e note a piè di pagina a cura di Roberta Ronchi per il Centro Interculturale delle donne di Trama di Terre

La campagna “One Law for All” [1], le Southall Black Sisters [2], il Centre for Secular Space [3], IKWRO [4] e altre quasi 200 organizzazioni per i diritti delle donne e la laicità hanno sollecitato il governo britannico ad adottare provvedimenti sistematici per arrestare lo sviluppo di sistemi giuridici paralleli alla giurisdizione statale e facilitare il pieno e corretto accesso alla giustizia per tutti i cittadini e le cittadine e l'affermazione di “una sola legge, laica, per tutte e tutti”. Tra breve, i soggetti aderenti consegneranno al 10 di Downing Street la lettera aperta sottoriportata, che ha riscosso l'attenzione dei media, in particolare della Thomas Reuters Foundation [5] e di RT [6].

 

Le organizzazioni per i diritti delle donne e il pensiero laico esortano il governo britannico ad adottare provvedimenti sistematici per arrestare lo sviluppo di sistemi giuridici paralleli alla giurisdizione statale e facilitare il pieno e corretto accesso alla giustizia per tutti i cittadini e le cittadine e l'affermazione di “una sola legge, laica, per tutte e tutti”.

Da decenni i governi che si sono succeduti hanno cercato di conciliarsi gli agenti antidemocratici del potere religioso presenti in seno alle comunità delle minoranze etniche, i quali hanno cercato di acquistare potere strumentalizzando le politiche sociali ispirate al multiculturalismo e oggi al dialogo interconfessionale. Tali politiche hanno condotto all'omogeneizzazione delle comunità minoritarie, a cominciare dalla “comunità musulmana”, e hanno riconosciuto e legittimato gli islamisti “nonviolenti” come “rappresentanti della comunità”, consegnando la legalità in mano a codesti tribunali da operetta che esercitano forme di “giustizia” altamente discriminatorie e incompetenti. Negli anni abbiamo assistito con allarme crescente all'aumento dell'influenza dei “tribunali della Sharia” sulla vita dei cittadini e delle cittadine di cultura musulmana.

Ogni inchiesta ufficiale sui “tribunali della Sharia” deve di necessità analizzare anche le ripercussioni negative che i tagli drastici al gratuito patrocinio legale hanno avuto sull'accesso alla giustizia per le persone più vulnerabili: ad es., accade sempre più spesso che le donne appartenenti alle minoranze che subiscono abusi si vedano costrette ad autorappresentarsi, in procedimenti di diritto di famiglia sovente complessi, oppure a rivolgersi ai “tribunali della Sharia”, il cui operato si situa interamente al di fuori dello stato di diritto. La perdita del gratuito patrocinio contribuisce a creare un contesto che favorisce il consolidarsi di forme di giustizia privatizzate e deresponsabilizzate, e di tale situazione i “tribunali della Sharia” sono fra i principali beneficiari.

Benché sbandierati come espressione del diritto alla libertà di religione, i “tribunali della Sharia” sono in realtà efficaci strumenti in mano al movimento islamista d'estrema destra, il cui obiettivo principale è limitare e negare i diritti, specie quelli delle donne e delle/dei minori. Le leggi fondate sulla Sharia sono oggetto di grande contestazione e opposizione in molti paesi, anche in quelli a maggioranza musulmana d'ogni parte del mondo, dall'Iran all'Algeria, dall'Arabia Saudita alla Tunisia al Pakistan. Nel Regno Unito, coloro fra di noi che si battono contro i “tribunali della Sharia” e ogni altra forma d'arbitrato religioso in materia di diritto di famiglia fanno parte d'un medesimo movimento che pone in discussione il diritto teocratico e difende il principio che la legge è uguale per tutte e tutti, sulla base delle idee fondamentali di universalismo [7], diritti umani, laicità ed eguaglianza.

Opporsi ai “tribunali della Sharia” non è razzismo né “islamofobia”: è difesa del diritto di tutte le cittadine e tutti i cittadini, a prescindere dalle convinzioni personali e dal background culturale, d'essere governati con strumenti democratici secondo il principio che la legge è uguale per tutte e tutti. Razzismo è invece l'idea di poter negare alle minoranze i diritti di cui godono le altre persone, approvando dei sistemi di “giustizia” teocratica fondati sulla legge divina, per sua stessa natura immune dal controllo statale.

Abbiamo assistito a recenti vittorie contro l'introduzione dei codici fondati sulla Sharia nell'ordinamento giuridico e nelle politiche del Regno Unito. Grazie alle leggi per la parità e i diritti umani abbiamo criticato con successo sia Universities UK [8], che aveva... emanato direttive tolleranti verso la segregazione di genere nelle università, sia la Law Society [9], che aveva avallato il ricorso a norme consuetudinarie discriminatorie fondate sulla Sharia nel campo del diritto successorio. Oltre ad opporci a taluni draconiani provvedimenti statali che criminalizzano intere comunità e tengono mano alla xenofobia, al bigottismo anti-musulmano e al razzismo, è essenziale dire il nostro “no” alla favoletta islamista e contestare i “tribunali della Sharia” in quanto costituiscono evidentemente l'ennesimo attacco alle nostre libertà civili.

Esigiamo inoltre dal governo la rinuncia all'ipotesi di abrogare la legge sui diritti umani del 1998 [10], atto che rappresenterebbe una rottura di ciò che era il contratto sociale più importante mai emerso tra gli Stati europei e le cittadine e i cittadini dopo la seconda guerra mondiale. L'accordo di sottoscrivere un semplice nucleo di standard in difesa dell'umana decenza e di valori universali condusse all'elaborazione della Dichiarazione universale dei diritti umani e di una serie di strumenti internazionali di protezione e affermazione dei diritti di tutte le persone dinanzi agli abusi di potere da parte dei soggetti statali e non statali. Oggi più che mai, abbiamo bisogno della legge sui diritti umani per contrastare il potere arbitrario e incontrollabile dei “tribunali della Sharia”.

Noi sottoscritte e sottoscritti esortiamo dunque il nuovo governo a:

1. reintegrare il gratuito patrocinio legale in tutti i settori del diritto civile e penale, al fine di garantire a tutte e tutti la parità nell'accesso alla giustizia;

2. riconoscere che i “tribunali della Sharia” e le altre istanze giurisdizionali di matrice religiosa amministrano forme di “giustizia” arbitrarie e sottratte al controllo statale, nonché discriminatorie in particolare nei confronti delle donne e delle/dei minori: su cittadinanza e diritti umani non esiste trattativa e i diritti umani non sono negoziabili;

3. abolire il ricorso ai “tribunali della Sharia” e ad ogni altro forum d'arbitrato religioso, a cominciare dalla Beth Din [11], nel campo del diritto di famiglia, poiché essi inficiano i principi d'eguaglianza e di non-discriminazione e i diritti umani universalmente riconosciuti [12] di cui tutte le cittadine e tutti i cittadini sono titolari;

4. respingere le sollecitazioni nel senso d'una regolamentazione statale dei “tribunali della Sharia” e d'altre istanze giurisdizionali di natura religiosa: ciò non costituirebbe altro che una legittimazione di codesti sistemi giuridici paralleli nel campo del diritto di famiglia;

5. ribadire il principio della separazione tra religione e legge: quest'ultima è caposaldo della garanzia di giustizia per le cittadine e i cittadini e del principio che la legge è uguale per tutte e tutti;

6. non abrogare la legge sui diritti umani del 1998, decisione che spoglierebbe tutte le persone in situazione di vulnerabilità del loro diritto alla protezione e alla giustizia.

 

Informazioni e adesioni individuali o collettive:

onelawforall@gmail.com - entro domenica 30 agosto 2015

Testo integrale della dichiarazione: www.onelawforall.org.uk/sharia-courts/

Altre informazioni sulle corti della Sharia e su questo tipo di giurisdizione parallela: video di discorsi e dibattiti svoltisi all'ultima Secular Conference (Londra, … 2015): www.secularconference.com/videos-2015/

Sostegno economico alla campagna: www.onelawforall.org.uk/donate/


NOTE

1.“Una sola legge per tutte e tutti”.

2. “Sorelle nere di Southall” (SBS, www.southallblacksisters.org.uk), associazione nata nel 1979 a Southall, sobborgo della periferia di Londra, per la lotta alla discriminazione e alla violenza di genere (violenza per motivi d'“onore”, matrimonio forzato, mutilazioni genitali femminili, violenza domestica) nei confronti delle donne e delle bambine appartenenti a minoranze etniche, specie d'origine asiatica (in particolare pakistana e indiana) e africana.

3. “Centro per uno spazio laico” (www.centreforsecularspace.org - https://www.facebook.com/pages/Centre-for-Secular-Space/146394662125826), associazione per la lotta ai fondamentalismi religiosi e la promozione dei diritti umani e del pensiero laico.

4. Iranian and Kurdish Women’s Rights Organisation (ikwro.org.uk), “Organizzazione per i diritti delle donne iraniane e curde” (e anche afghane e mediorientali) che vivono nel Regno Unito; fondata nel 2002 da Diana Nammi, si batte contro la violenza d'“onore”, il matrimonio forzato, le mutilazioni genitali femminili e la violenza domestica.

5. www.trust.org/item/20150615155710-r8kxz/?source=jtOtherNews1

6. ikwro.org.uk/2015/06/signatories-including-dismantling/

7. A rigore, in riferimento ai diritti umani internazionalmente riconosciuti, il termine universality non significa “valore universale” (concetto implicito nella definizione: sono diritti umani, cioè ne sono titolari tutti gli esseri umani), bensì “totalità”, cioè il loro carattere di stretta interdipendenza, di inscindibile unità organica, per cui non è possibile concepire un diritto isolato dagli altri. Su tale nozione si basa ad es. la definizione delle Nazioni Unite di human rights defender (HRD), per cui può considerarsi “difensore dei diritti umani” unicamente chi li abbracci nel loro complesso (con riferimento al corpus degli standard internazionali vigenti), senza trascurarne idealmente o praticamente nessuno: ad es. non si è HRD se si lotta per l'autodeterminazione d'un popolo senza curarsi, nel cammino verso tale meta, della salvaguardia dei diritti di donne, minori, persone LGBTIQ, persone con disabilità, minoranze etniche etc. (atteggiamento frequentissimo: si pensi al caso eclatante della critica mossa da Gita Sahgal ad Amnesty International allorché l'associazione difese come HRD Moazzam Begg, di cui Sahgal denunciava il disprezzo verso le donne manifestato in molteplici occasioni nel corso della sua attività pubblica, definendolo «il più celebre sostenitore britannico dei talebani»: v. Richard Kerbaj, “Amnesty International is 'damaged' by Taliban link; An official at the human rights charity deplores its work with a ‘jihadist’”, The Sunday Times (Londra), 7 febbraio 2010, http://www.timesonline.co.uk/tol/news/world/afghanistan/article7017810.ece; la replica di AI, marzo 2010 (versione italiana): http://www.amnesty.it/flex/cm/pages/ServeBLOB.php/L/IT/IDPagina/3140; la controreplica di Sahgal: http://stroppyblog.blogspot.it/2010/02/amnesty-reinstate-gita-sahgal.html; una panoramica della controversia: https://en.wikipedia.org/wiki/Gita_Sahgal).

8. L'organismo che riunisce e coordina 133 istituti universitari britannici, www.universitiesuk.ac.uk.

9. L’organismo che rappresenta le/gli avvocate/-i dell’Inghilterra e del Galles; a marzo 2014 aveva diffuso una guida pratica per i testamenti, la successione e l’eredità, basata sulla Sharia: «La Sharia contempla alcuni principi che differiscono dalle norme successorie inglesi. Ad es., secondo le norme della Sharia non è possibile ereditare da un parente defunto [cioè la successione può aver luogo soltanto finché il testatore è in vita e non è prevista la quota legittima – nota di Trama]; non vi si fa distinzione tra i figli nati da diversi matrimoni, ma i figli illegittimi e adottati non sono eredi secondo la Sharia. […] Nella maggior parte dei casi, gli eredi maschi ricevono il doppio di quanto destinato all’erede femmina della medesima classe. I non musulmani non hanno alcun diritto di successione, e sono riconosciuti soltanto i matrimoni islamici. Analogamente, il coniuge divorziato perde la qualifica di erede secondo la Sharia, poiché essa dipende dall’esistenza di un matrimonio islamico valido alla data della morte» (traduzione a cura di Trama) – citazione riportata in un comunicato della campagna “One Law for All”, “The Law Society must withdraw its guidance on Sharia-succession rules” [La LS ritiri la guida sulle norme successorie basate sulla Sharia], 27 marzo 2014, http://www.onelawforall.org.uk/the-law-society-must-withdraw-its-guidance-on-sharia-succession-rules/: le pagine originali della Law Society non sono più disponibili, eccone i link: http://www.lawsociety.org.uk/advice/practice-notes/shaira-succession-rules/ (il refuso “shaira” è originale), http://www.lawsociety.org.uk/news/press-releases/law-society-publishes-practice-note-on-sharia-wills-and-eredità-rules/. Cfr. anche: Law Society, Wills and Inheritance Quality Scheme (WIQS, Griglia qualitativa per il testamento e la successione), http://www.lawsociety.org.uk/support-services/accreditation/wills-inheritance-quality/; Solicitors Regulation Authority (SRA, l'autorità di regolamentazione dell'ordine degli/delle avvocati/e), Ethics guidance on the drafting and preparation of wills (Guida etica alla redazione e preparazione di atti testamentari), emanata il 6 maggio 2014 ed emendata l'11 luglio dello stesso anno in seguito alle proteste della camapgna e delle ong delle donne, http://www.sra.org.uk/solicitors/code-of-conduct/guidance/guidance/Guidance-on-the-drafting-and-preparation-of-wills.page.

10. Human Rights Act, titolo integrale “An Act to give further effect to rights and freedoms guaranteed under the European Convention on Human Rights; to make provision with respect to holders of certain judicial offices who become judges of the European Court of Human Rights; and for connected purposes” (Legge mirante ad incorporare nell'ordinamento giuridico britannico i diritti e le libertà garantiti dalla Convenzione europea sui diritti umani e recante disposizioni relative a chi, ricoprendo determinate cariche magistratuali, divenga giudice presso la Corte europea sui diritti umani), approvato il 9 novembre 1998, in vigore dal 2 ottobre 2000, testo integrale: http://www.legislation.gov.uk/ukpga/1998/42/contents.

11. In lingua ebraica, “casa del giudizio”, בית דין: il tribunale rabbinico, competente in materia di dinei Torah (casi dibattuti in tribunale), gittin (divorzio e in generale diritto di famiglia), geirut (conversioni), shechita (macellazione kosher) e kashrut (idoneità d'un cibo al consumo da parte delle eprsone osservanti), condizione personale (appartenenza o no all'ebraicità secondo la Halakhah) etc.; altre informazioni sulla Beth Din di Londra: http://www.bethdin.org.uk, http://www.theus.org.uk/article/about-london-beth-din.

12. V. nota 7.