"Ora che ho vissuto la mia vita fino a questo punto
posso affermare che non c’è niente di donchisciottesco
nel voler cambiare il mondo.
È possibile.
È il mestiere al quale l’umanità si è dedicata da sempre.
Non concepisco una vita migliore di quella vissuta con entusiasmo,
dedicata alle utopie,
al rifiuto ostinato dell’inevitabilità del caos e dello sconforto (…)
L’importante, me ne rendo conto ora, non è vedere tutti i propri sogni realizzati, ma
continuare ostinatamente a sognarli”
(Gioconda Belli, scrittrice e poetessa nicaraguense)
Stasera dal Cie di via Mattei è uscita una migrante che per tre mesi è stata imprigionata senza alcuna colpa, come d’altra parte del tutto immotivata continua a essere la detenzione di tutti gli altri migranti in tutti gli altri Cie d’Italia e d’Europa. Stasera però noi possiamo dire: Adama è libera! Abbiamo potuto riabbracciare e accompagnare in un luogo sicuro una donna colpita prima dalla violenza di un uomo e poi da quella delle istituzioni. Adama è libera! Il suo coraggio e la protesta collettiva di migliaia di donne e di uomini, e ancora la presa di posizione di decine di associazioni, hanno reso possibile ciò che fino a pochi giorni fa sembrava impossibile. Adama è libera! La brezza fresca e impetuosa della nostra rivolta ha aperto per una volta la porta di quel luogo inutile e brutale che è il Cie. Ci sarà tempo nei prossimi giorni per altre considerazioni. Ora, ciò che importa, è che Adama è libera e può prendere in mano la sua libertà.
Adama è una donna e una migrante. Mentre scriviamo, Adama è rinchiusa nel CIE di Bologna. È rinchiusa in via Mattei dal 26 agosto, quando ha chiamato i carabinieri di Forlì dopo essere stata derubata, picchiata, stuprata e ferita alla gola con un coltello dal suo ex-compagno. Le istituzioni hanno risposto alla sua richiesta di aiuto con la detenzione amministrativa riservata ai migranti che non hanno un regolare permesso di soggiorno. La sua storia non ha avuto alcuna importanza per loro. La sua storia – che racconta di una doppia violenza subita come donna e come migrante – ha molta importanza per noi.
Si può nascere in Italia ma non essere considerati italiani. Questo succede a chi ha genitori di origine straniera, è nato e cresciuto qui, ma solo compiuti i 18 anni può chiedere la cittadinanza. Se fosse nato in America, sarebbe americano. L'Italia è un paese che accoglie i bambini stranieri grazie ai ricongiungimenti familiari, e poi li esclude. Vanno a scuola, hanno amici, si sentono italiani. Ma alla maggiore età sono costretti a un lungo percorso burocratico se vogliono ottenere la cittadinanza. L'Italia dà lavoro agli stranieri e per lavoro ne consente la regolarizzazione. Anche il lavoratore straniero paga le tasse ma non può scegliere chi deve amministrare la città in cui vive. La Convenzione sulla partecipazione di Strasburgo prevede che possa votare. L'articolo 3 della nostra Costituzione stabilisce il principio dell'uguaglianza tra le persone, impegnando la Repubblica a rimuovere gli ostacoli che ne impediscano il pieno raggiungimento. Nei confronti di milioni di persone di origine straniera questo principio è disatteso.
Fino a febbraio 2012 c'è tempo per aderire alla campagna. Trovate i moduli per la raccolta firme anche presso il Centro Interculturale delle donne di Trama di Terre.
Il Nobel per la Pace 2011 è stato assegnato a due donne africane e una yemenita, alla presidente liberiana Ellen Johnson Sirleaf, alla sua compatriota Leymah Gbowee e alla yemenita attivista per i diritti civili Tawakkul Karman. Sono tre icone che rappresentano tutte le donne, che oggi festeggiano il riconoscimento del loro cammino e impegno quotidiano per la pace! L'Africa che cammina. L'Africa che porta sulle spalle il proprio continente. L'Africa in piedi che guarda avanti verso il futuro.