LE DOMANDE TACIUTE DELLA VIOLENZA

Donna uccisa a Cesena: il Coordinamento dei centri antiviolenza dell’Emilia-Romagna ricorda che la violenza sulle donne è un problema maschile

Logo del Coordinamento regionale dei Centri Antiviolenza dell'Emilia Romagna Nadia Salami, 35 anni, è stata uccisa a coltellate dal marito, Rachid Rahali, da cui si stava separando. Il femicidio, avvenuto a Cesena nella sera del 25 ottobre, è stato compiuto davanti ai loro tre figli, di 2, 3 e 4 anni. Come spesso accade nei casi di violenza contro le donne, l’orrore ha investito altre persone. In questo caso, testimoni impotenti e vittime di violenza assistita sono stati tre bambini di pochi anni.

Nadia è la quinta donna uccisa in Emilia-Romagna nel 2015. Il suo femicidio avviene a poche settimane dalla morte di Ishrak, uccisa dal padre a Mesola. Storie diverse, distanti, eppure con un denominatore comune: la violenza maschile. Il padre di Ishrak non le riconosceva il diritto a vivere la propria vita liberamente; il marito di Nadia non accettava l’intenzione della donna di separarsi. La richiesta di indipendenza da parte delle donne sembra così una miccia sufficiente a innescare la violenza nell’uomo coinvolto nella relazione: il padre, il marito, il fidanzato, il partner o ex partner.

Date le circostanze cruente del femicidio di Cesena, il discorso mediatico si soffermerà morbosamente a contare le coltellate, a narrare l’orrore di quei minuti, a visualizzare la violenza. Le vere domande, come spesso accade quando si parla di femicidio e femminicidio, resteranno taciute. Perché la richiesta di libertà e indipendenza da parte di una donna scatena una violenza simile in alcuni uomini? Perché così tanti uomini non riescono ad accettare la decisione delle loro compagne di troncare la relazione sentimentale? Perché la violenza contro le donne è ritenuta l’unica soluzione da uomini di estrazione sociale, cultura e provenienza geografica diverse? Fino a quando queste domande verranno eluse, la violenza maschile continuerà a uccidere le donne nello sgomento generale, nel nostro paese e nel mondo.

Il Coordinamento dei centri antiviolenza dell’Emilia-Romagna ricorda che la violenza sulle donne è un problema maschile. Nel nostro paese sono stati aperti alcuni centri di ascolto per uomini maltrattanti, ma tarda a diffondersi una cultura di genere: la consapevolezza che la violenza sulle donne è prima di tutto un fenomeno sociale e culturale. Fino a quando non indagheremo la violenza come un problema legato a una certa costruzione sociale e culturale della maschilità, il femicidio resterà relegato nelle pagine di cronaca nera dei nostri quotidiani.

I centri antiviolenza, insieme a tante altre realtà che continuano a sensibilizzare sul tema del femicidio, restano in Italia presidi di libertà e progresso sociale, occupandosi non solo di aiutare le donne che subiscono violenza, ma restando attivi sul territorio come laboratori teorici e politici, di raccolta e condivisione di saperi e pratiche. Affinché si continuino a cercare risposte alle domande che il discorso mediatico ignora e contro-narrazioni che ridiano una voce alle tante donne uccise nel nostro paese ogni anno.


Coordinamento dei centri antiviolenza dell'Emilia-Romagna