Il Coordinamento dei Centri Antiviolenza dell’Emilia-Romagna manifesta preoccupazione per le conseguenze sulla vita delle migranti e per la violenza a cui queste donne nuovamente verranno sottoposte
Il Coordinamento dei centri antiviolenza dell’Emilia-Romagna celebra la Giornata internazionale contro la violenza sulle donne fornendo i dati dei centri relativi al 2017 (al 31 ott.)
La Rete nazionale dei Centri antiviolenza D.i.Re – Donne in Rete contro la violenza, esprime la preoccupazione che la riforma del codice penale, pur riflettendo una volontà deflattiva del legislatore allo scopo di eliminare contenzioso e ridurre il carico di lavoro dei Tribunali, sia applicata ai casi di violenza di genere come definiti dalla Convenzione di Istanbul: reati commessi nei confronti delle donne in quanto tali, o che colpiscono in modo sproporzionato le donne. La Convenzione di Istanbul infatti sancisce chiaramente all'art. 48 il divieto di metodi alternativi di risoluzione dei conflitti o di misure alternative alle pene obbligatorie.
La stessa Convenzione di Istanbul prevede all'art. 45 che "i reati stabiliti conformemente alla presente Convenzione siano puniti con sanzioni efficaci, proporzionate e dissuasive".
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A distanza di una settimana dalla morte di Elisa Pavarani, uccisa dall’ex compagno a Parma, la violenza maschile sulle donne torna a mietere vittime in Emilia-Romagna. A Ravenna, Giulia Ballestri, 40 anni, è stata uccisa dal marito Matteo Cagnoni, che, dopo un tentativo di fuga, è stato arrestato dalla polizia. Come nel femicidio di Parma, anche in questo caso la donna voleva separarsi dal marito, che non accettava l’idea della separazione.
Il Coordinamento dei centri antiviolenza dell’Emilia-Romagna sottolinea che si contano già 7 femicidi e 4 tentati femicidi in regione dall’inizio dell’anno. Leggiamo su alcuni giornali che Giulia Ballestri è stata uccisa con un “movente passionale”. Il femicidio e la violenza sulle donne non hanno nulla a che vedere con la ‘passione’: se di movente si vuole parlare si deve indagare nelle radici della violenza maschile, nella volontà di possedere e dominare l’altra fino ad annientarla, nell’incapacità di alcuni uomini di lasciar andare una donna che liberamente sceglie di separarsi, nella negazione del diritto della donna all’autodeterminazione. Questa cultura del possesso accomuna uomini di ogni età, di ogni estrazione sociale e origine culturale: non ci si sorprenda, quindi, che il marito della donna fosse un noto dermatologo.
Secondo i dati raccolti dal Coordinamento dei centri antiviolenza dell’Emilia-Romagna, si contano 4 femicidi e 4 tentati femicidi in regione nel 2016
Lo scorso sabato sera, a Marina Romea (RA), una ragazza di 26 anni è stata aggredita da un uomo di 41 anni, che prima ha tentato di sfregiarla con dell’acido e poi l’ha colpita al volto con un chiodo. L’uomo era già stato arrestato in passato per atti persecutori.
Il movente è lo stesso che sta dietro a tanti casi di femicidio: lui non accettava il rifiuto di lei. Nel 2016 le donne non sono ancora libere di esprimere la loro volontà e dire dei ‘no’. La pratica di sfregiare la donna con l’acido si ripete come una dinamica ormai diffusa e ci ricorda che la violenza maschile non riguarda casi isolati ma è radicata profondamente nella nostra società.