Dall’Africa con il peluche nella borsa
Imola, 15 maggio 2014 - C’È CHI IL VIAGGIO lo ha affrontato con un peluche in una busta di plastica. E chi invece in borsa aveva un ferro da stiro, acquistato forse a suon di sacrifici. Troppo preziosi per lasciarli in quel Paese, la Nigeria, da cui sono scappate. Beauty ha 23 anni, Isabella 20 e Amarachi 22 e sono loro le tre ragazze che martedì notte sono state recuperate dalle operatrici dell’associazione Trama di terre al Centro Beltrame di Bologna. Un aereo le aveva portate da Lamezia al Marconi, poi un pulmino le accompagnate al centro di accoglienza bolognese, prima di essere ‘smistate’. Le tre donne, anglofone, sono arrivate a Imola alle 3 del mattino, dopo una doccia al volo e aver addentato un pezzo di pizza in un forno di provincia.
SONO LORO gli ultimi migranti che l’operazione Mare nostrum ha assegnato a Imola, dopo i cinque maliani all’ostello Caritas del Piratello e Loveth, nigeriana 22enne già a Trama da fine aprile, anche se da Bologna potrebbe a breve essere inviata un’altra donna. «Una di loro era partita dalla Nigeria a gennaio — racconta Anna Viola Toller, coordinatrice dell’area accoglienza abitativa di Trama di terre —, un’altra è arrivata a Bologna con il marito ma lui è stato mandato in una struttura per soli uomini e ora stiamo lavorando per riunirli. Sono arrivate in Italia a scaglioni, al massimo una decina di giorni fa, imbarcandosi a Tripoli (Libia)». Ieri le tre nuove ragazze hanno fatto un giro per la città, iniziato le operazioni di fotosegnalamento in questura e incontrato i ragazzi maliani per la prima lezione di alfabetizzazione. «Abbiamo fatto un giro di presentazioni, per conoscerci — continua Toller — e Loveth ha voluto presentarsi in italiano. A pranzo, dove abbiamo mangiato un piatto meticcio a base di riso e verdure, tutte si sono date da fare, dividendosi i compiti di cura della casa. Dobbiamo ancora parlare con le nuove arrivate, per conoscere le loro storie, passo necessario anche per le pratiche di richiesta dell’asilo politico. Loveth invece, che è da noi da più tempo, ha una storia difficile alle spalle, scandita dal desiderio, negatole dai familiari, di studiare giurisprudenza nel suo Paese. Spera di poterlo fare qui, in Italia».
INTANTO continua per tutti e nove i profughi il processo di scoperta della città. Se ad impressionare di più i maliani è stato il verde che contraddistingue Imola, per Loveth «sono i semafori ad attirare la sua attenzione. Chissà, forse anche per la loro quantità».
di Cristina Degliesposti