Quei siti razzisti che spopolano sul web
Non c'è soltanto "Tuttiicriminidegliimmigrati.com": dai siti d'informazione come "Imola Oggi" e "Vox News", fino ai blog di destra come "Identità.com", in rete si specula, strumentalizzando e "ritoccando" i casi di cronaca nera che coinvolgono i migranti. Un mix a base di retorica nazionalista e populismo
Amano spacciarsi come siti di contro-informazione, denunciando, a loro dire, «quello che gli altri non dicono». In realtà, dietro la presunzione di presentarsi come «voci senza filtro» e giornali «senza padroni», si nasconde la volon tà di aumentare il numero delle visite attraverso la pubblicazione di informazioni false, volutamente esagerate o selezionate ad hoc, in modo da aizzare sentimenti di intolleranza razziale e xenofobia. Negli ultimi tempi sta proliferando sul web un universo di portali, siti e blog razzisti: la tendenza sembra essere cresciuta dopo la nomina come ministra dell’Integrazione di Cécile Kyenge, oggetto continuo di insulti razzisti da parte di esponenti delle istituzioni (si pensi ai casi Borghezio, Calderoli, Salvini e Valandro, tutti della Lega Nord), movimenti politici (dallo stesso Carroccio al Pdl, fino a Forza Nuova e Casapound), militanti neofascisti e xenofobi d’Italia. Un “Ku klux klan” all’italiana, tra quotidiani on line e semplici aggregatori di notizie, in grado di catturare un certo seguito di lettori, soprattutto grazie all’utilizzo dei social network.
LA CRESCITA DEI SITI RAZZISTI IN ITALIA – Basta fare poche ricerche tra Google e Facebook per trovare una miriade di blog e micrositi di «informazione», capaci di “movimentare” la vita degli utenti, tra populismo e retorica identitaria e nazionalistica. L’obiettivo? Rilanciare notizie su crimini presunti o reali commessi da immigrati, presentando una visione parziale e distorta della realtà, oltre che strumentalizzando e generalizzando episodi di cronaca per attaccare migranti, rifugiati e richiedenti asilo. A volte, nei casi di testate registrate, senza rispettare le elementari regole deontologiche della professionale giornalistica (dalla Carta dei doveri alla stessa Carta di Roma, protocollo siglato nel 2008 per un’informazione corretta sui temi dell’immigrazione, ndr). A fare da apripista è stato “Tuttiicriminidegliimmigrati.com”, un sito che raccoglie gravi fatti di cronaca, ma solo se hanno come protagonisti cittadini stranieri, migranti, rom e sinti. Il tutto condito da slogan e titoli di stampo razzista: “Integrazione: aiuti l’immigrato e poi muori”, si legge, strumentalizzando il caso della dottoressa Eleonora Cantamessa.
Ma non solo. Tutto il sito è un coacervo di notizie esagerate e strumentalizzate: dagli «immigrati che aizzano un cane contro i poliziotti», «passando per gli «zingari fermati senza patente» e che «fanno sesso di fronte ai bambini», alla madre massacrata dal bengalese perché il bimbo piangeva. O ai furti che “aumenterebbero” a causa delle presenza dei rom. Il caso arrivò perfino in Parlamento, considerato come dodici deputati di Sinistra Ecologia Libertà (con prima firmataria Annalisa Pannarale, a sua volta minacciata) avevano firmato un’interrogazione a risposta scritta, indirizzata al ministro dell’Interno, per esporre il caso e chiedere di valutare se ci fossero «i presupposti per l’immediata chiusura» del sito. Si legge nell’interrogazione, che risulta ancora in corso: «La pagina web in questione propone, ad opera degli amministratori del sito, slogan, nonché immagini di stampo razzista e xenofobo. Il risultato è un insieme di stereotipi, frasi violente ed immagini offensive dal chiaro esito potenziale di incitare all’odio razziale e alla discriminazione, in aperta violazione dei principi della nostra Carta Costituzionale e della normativa in materia». In pratica, attraverso l’uso di slogan e immagini forti e la proposizione di crimini (presunti o reali) commessi soltanto dagli immigrati, il sito non può certo apparire come neutrale. Spacciando una selezione di notizie come una realtà unica e generale. Ovvero, come se in Italia gli unici a commettere reati fossero immigrati e stranieri. Così, se cercate una notizia di cronaca nella quale i crimini siano stati commessi da italiani, nulla da fare: non la troverete. Senza dimenticare la grafica macabra, tra impronte di mani insanguinate e macchie di sangue. La mission è spiegata dal sottotitolo: «Hic sunt leones – Gli altri parlano d’integrazione, noi ve la mostriamo», si legge. Si invitano a partecipare gli stessi lettori: «Segnalaci un crimine, un sopruso o una situazione di degrado causata dalla presenza di immigrati di cui sei stato testimone». I gestori della pagina da mesi rifuggono le accuse di razzismo: anzi, tra i blog di destra si attaccano anche i “censori della sinistra”, i “vendolini” che vogliono vietare la diffusione delle informazioni “scomode”: «Sono terrorizzati, perché certe notizie devono essere nascoste, o addolcite con la neolingua». In realtà, l’obiettivo è chiaro come denuncia anche il portale “Stranierinitalia.it”:
«Mettere solo in evidenza la cronaca nera, è facile capirlo, ha un fine e, del resto, gli anonimi compilatori fan della purezza dell’identità italica non lo occultano più di tanto. Anzi, lo ostentano».
Tra le tecniche più utilizzate, quella di “etnicizzare” i titoli, specificando nelle notizie di cronaca nera la provenienza degli autori dei crimini, se stranieri. Una pratica più volte criticata, soprattutto tra chi si occupa di deontologia.
TUTTI I SITI RAZZISTI: IL CASO DI “IMOLAOGGI.IT” – Non sarà un caso se l’esperienza di “Tutti i crimini degli immigrati” ha fatto “scuola”, trovando altri siti pronti ad emularla. Comprese alcune testate d’informazione, che speculano su determinate notizie, anche per “guadagnarsi” l’aumento delle visualizzazioni da parte di utenti xenofobi e razzisti. In alcuni casi, non serve nemmeno lanciarsi in commenti esagerati, per evitare di rischiare sanzioni: basta limitarsi a postare di continuo informazioni che riportano come tematica crimini commessi da immigrati e analizzare il fenomeno dell’immigrazione soltanto nei suoi aspetti negativi. È il caso di Imolaoggi.it, autonominatosi come «il primo quotidiano telematico imolese dal 1997», diretto da Armando Manocchia, come si legge nella home del sito. Basta visualizzare la stessa prima pagina per capire il taglio delle notizie che si occupano di immigrazione: dal “marocchino senza patente che ruba lo scooter e investe il carabiniere, all’autista romeno pirata della strada, passando per i roghi all’interno dei Cie, alle denunce “sui rom che rendono la vita impossibile”, fino alle marce anti-islamiste. Anche in questo caso, l’immigrazione viene associata esclusivamente alla criminalità: anche perché la maggior parte degli articoli vengono ripresi da altri quotidiani, quindi ben selezionati. Un trucco per evitare di incorrere in sanzioni, ma la selezione a senso unico lascia non poche perplessità sulle motivazioni che si nascondono dietro la riproposizione dei soliti contenuti. Facendo una semplice ricerca sull’archivio di Imolaoggi.it, cercando come parola-chiave “immigrati”, si trova di tutto: comprese lettere ricevute dai lettori sull’ “Italia che non c’è più”. Ecco come vengono etichettate le persone di fede islamica: «Queste persone sono molto lontane dalla nostra cultura, alcuni ci giudicano infedeli e nemici da abbattere, altri non cercano l’integrazione. Non interessa, vogliono il predominio». Sembra tornare alle teorie di Samuel Huntington e allo scontro delle civiltà. Con tanto di slogan retorici: «La vera trasgressione è la normalità. Sposarsi e formare una famiglia naturale fa parte del passato, è roba obsoleta in disuso».
TRA BUFALE ED ARTICOLI “ESAGERATI” – E poi ci sono le vere e proprie bufale. O, quantomeno, notizie riadattate ed esagerate in ottica anti-migranti: tra queste si può citare il discorso di un ex ministro australiano (Peter Costello) che, rivolgendosi agli immigrati del Paese, denuncia: “Se la nostra cultura vi offende, andate altrove”. Peccato che la questione – nonostante l’articolo sia stato pubblicato il 6 settembre dal quotidiano telematico imolese – sia vecchia di anni (ma Imolaoggi omette il particolare). Senza considerare come il discorso sia in realtà molto simile a quello pubblicato in un giornale locale americano (il Bartow Trader) da un semplice cittadino degli Stati Uniti, Barry Loudermilk, veterano dell’aviazione militare, nei giorni successivi agli attentati dell’11 settembre 2001 alle Torri Gemelle a New York e al Pentagono a Washington. Costello pronunciò un discorso simile, ma la questione sembra ripresa dopo anni soltanto per inseguire un’inutile retorica nazionalistica (va poi ricordato come lo stesso annuncio sia stato in passato attribuito a svariati politici in diverse aree del globo, compresi altri leader australiani, così come denunciato su Facebook. Una questione già sbugiardata anni fa, come riporta anche il sito Dirittodicritica.com, ndr).
Ma il sito è ricco di notizie “ritoccate”. Soltanto poche settimane fa fu l’associazione Trama di Terre (sempre di Imola) – che riunisce donne di diverse nazionalità, occupandosi di sostegno alle migranti, ndr – , un’antenna informativa della «Rete anti-discriminazioni» della regione Emilia Romagna, a denunciare all’Unar (l’Ufficio nazionale anti-discriminazioni razziali), al Corecom dell’Emilia-Romagna e all’Ordine giornalisti regionale un altro articolo pubblicato sul giornale online «Imolaoggi.it», il 29 agosto 2013. «Si trattava di un articolo sugli stupri, ripreso e mal tradotto da alcune fonti svedesi non verificate, fortemente discriminatorio verso gli immigrati musulmani e verso le donne», ci spiega Silvia Torneri, che fa parte di Trama di Terre. «Era un pezzo tendenzioso, dove si cercava di mostrare ai lettori come quasi tutte le violenze sessuali commesse in Svezia fossero state commesse da musulmani. I numeri riportati erano inesatti. Senza dimenticare l’immagine, che ci apparve profondamente lesiva della dignità del corpo di una donna violentata e uccisa, volutamente strumentalizzata per avvalorare tesi infondate, razziste e sessiste», aggiunge Torneri. Per questo l’associazione chiese sanzioni contro la testata e il responsabile Manocchia. Come riporta il blog di Daniele Barbieri, l’associazione ottenne risposta dalla dottoressa Primarossa Fini, del Corecom, che spiegò: «Riteniamo corretta la decisione di aver inoltrato la segnalazione anche all’Ordine dei giornalisti, competente ad accertare se vi sia stata violazione delle norme che regolano i doveri del giornalista ed all’eventuale adozione delle misure disciplinari. D’altra parte, per quanto ci riguarda, abbiamo provveduto ad informare la Polizia Postale, al fine dell’eventuale oscuramento della pagina web in questione». Tutto si risolse in poco tempo. Il motivo? «La notizia era rimbalzata su diverse testate locali», ricorda Torneri, tanto che il link dopo pochi giorni non fu più accessibile, forse per scelta editoriale dello stesso sito.
MA CHI RISPONDE? – A dimostrazione della tendenziosità di Imola Oggi, si possono poi analizzare diversi lanci controversi sulla pagina Facebook da parte del social media editor del sito on line. L’obiettivo sembra sempre lo stesso: mostrare l’immigrazione come «pericolo per la sicurezza», come fonte di degrado sociale, o comunque sotto vesti negative. Non proprio quell’atteggiamento imparziale che richiederebbero le regole della deontologia professionale. Senza dimenticare poi le critiche alla presidente della Camera Laura Boldrini o alla ministra Cécile Kyenge, ormai bersaglio continuo di insulti. Anche in questo caso, tra lettere, dichiarazioni di politici e altri articoli, la titolare del ministero dell’Integrazione viene dipinta in modo poco elegante: basta cercare il nome della ministra nell’archivio per trovare l’elenco delle decine di pezzi a lei riservati. Ma chi risponde dei contenuti di Imola Oggi? In teoria il direttore del quotidiano on line sarebbe Armando Manocchia, che già sulla sua pagina profilo (aperta e pienamente accessibile) su Facebook non brilla certo per commenti a favore della multiculturalità, tra richiami alla “Kyenge Town”, insulti alla Boldrini, foto con slogan anti-migranti (“Via gli immigrati”) e “presagi minacciosi” (“Nulla in confronto a quello che vi faranno”, scrive, dopo aver postato un articolo in cui un immigrato avrebbe minacciato un autista di un autobus).
Peccato che, almeno in base alle ricerche sul sito dell’Ordine dei giornalisti, Manocchia non compaia né nell’elenco dei professionisti né in quello dei pubblicisti (la legge prevede che il direttore di una testata on line abbia il titolo di pubblicista o di giornalista professionista e sia responsabile penalmente, ndr). Gli elenchi dell’Ordine sono aggiornati a novembre 2011: contattata telefonicamente, anche la segreteria dell’Ordine nazionale ha però confermato come il presunto direttore di Imola Oggi non risulti iscritto ad alcun elenco. Ma non solo: allo stesso modo, nella home page di Imola Oggi non compare alcuna informazione sulla registrazione della testata in Tribunale.
CHI È ARMANDO MANOCCHIA – Dalla carriera politica di Armando Manocchia, è comunque possibile risalire alle radici della sua scarsa simpatia nei confronti degli immigrati. Consigliere comunale indipendente di Borgo Tossignano (un comune a pochi chilometri da Imola), Manocchia ha un passato come capogruppo della Lega Nord, dal quale rassegnò le dimissioni nel 2010 (aveva ricevuto una diffida ad “utilizzare il simbolo della Lega Nord ed altresì, dal parlare e/o agire per conto del Movimento”, da parte della Lega Emilia-Romagna. Responsabile anche dell’associazione “Una Via per Oriana” (dedicata alla memoria della scrittrice Oriana Fallaci), è stato candidato (in terza posizione nella lista dell’Emilia Romagna) con il Movimento “Amo l’Italia” di Magdi Allam alle ultime elezioni politiche, come ha spiegato lui stesso con un articolo pubblicato proprio su Imola Oggi. Con il fondatore del Movimento, noto per la sua conversione e poi per aver lasciato la Chiesa, accusata di legittimare l’Islam (secondo Allam l’Europa sarà “sopraffatta dalla religione musulmana se non metterà al bando il Corano per apologia dell’odio, ndr), Manocchia sembra condividere proprio l’ossessione nei confronti della cultura islamica. Ne sono una chiara conferma gli articoli pubblicati sul sito e i commenti sulla sua pagina Fb. Sempre Manocchia scriveva in merito alle tematiche dell’immigrazione:
«La gente non crede più alle balle dei think thank asserviti ai poteri cosiddetti forti (fino a che la gente non si ribellerà)i, secondo cui gli immigrati sarebbero una risorsa per le esigenze della nostra economia. La gente non crede affatto che si tratti di una componente poco concorrenziale nelle fasce basse dell’occupazione, e che i lavoratori stranieri ricoprano mansioni lasciate scoperte dagli autoctoni. Balle vere e proprie balle che la gente comune, la gente perbene non ne vuole più sapere mezza!»
Ma non solo: Manocchia porta avanti anche la controversa teoria della “demigrazione”, definita come «un piano esplicito e pubblico per il ritorno degli immigrati, che vivono presso di noi, nei propri Paesi d’origine, in seno alla propria cultura».
GLI ALTRI SITI RAZZISTI: DA “VOXNEWS” AI “IL RADAR” – “Imola Oggi” non è certo l’unico esempio di sito che specula su contenuti quantomeno parziali in merito all’immigrazione. Un’altra microtestata controversa è “Il radar”, che si definisce come «nuovo web-magazine di centrodestra», in grado di «descrivere la verità dei fatti, come nessuno ve la racconta. Mai buonisti, mai scontati, sempre sulla notizia». Anche in questo caso non mancano titoli forti e una selezione delle notizie discutibile: da “Balotelli che sfancula la Kyenge”, alla violenza “devastante” degli immigrati, passando per la volontaria della Caritas che racconta di “aiutare i migranti”, ma di “ricevere soltanto odio e violenza”. Fino alla “mamma multata per il passeggino aperto dentro un bus e non gli stranieri che non pagano i biglietti”. Con tanto di populismo e retorica in primo piano. In questo caso, la testata risulta registrata (presso il Tribunale di Milano, 132 del 3 maggio 2013, ndr), come si legge sul sito. Il direttore responsabile è Christian De Mattia (alias “Il Fazioso” su Twitter), che ha annunciato come il sito abbia raggiunto “le 350 mila visite ad agosto”.
C’è poi spazio per altri siti più esplicitamente razzisti: è il caso di Voxnews.info, che si è a sua volta autoproclamata “voce libera senza padroni”. Più che libera, sembra però soltanto xenofoba e anti-islamica, osservando gli attacchi vergognosi alla ministra Kyenge, che vanno ormai avanti da tempo. Non mancano i commenti ingenerosi: “”La congolese ministro della dis-integrazione ne spara un’altra delle sue”, si legge in merito alle dichiarazioni sull’assenza di connessione tra terrorismo e seconde generazioni. In altri articoli viene accusata per “liberare delinquenti” o bollata come “abusiva al ministero della dis-integrazione” e “paladina dei trafficanti di carne umana”. Anche gli articoli dedicati all’immigrazione lasciano senza parole: dai gruppi assaliti dai “fanatici antirazzisti”, agli immigrati che “si fregano le pensioni di invalidità”. Basta leggere alcuni passaggi per comprendere il clima di intolleranza: «Tra poco sarà proibito sposarsi tra persone bianche eterosessuali dello stesso paese, saranno permessi solo “matrimoni” tra persone dello stesso sesso o di colori differenti. È il nuovo regime, è il nuovo ‘nazismo’ alla rovescia: dall’arianesimo al mulattesimo». Non mancano nel sito i richiami al blog di destra “Indentità.com”, altro sito che spara a zero contro gli immigrati, che parla di “numeri dell’invasione”, definisce la Kyenge come un “becchino” e riporta articoli sugli “stupri dei profughi alle bambine”. Una sequenza impressionante di contenuti discriminatori.
I NUMERI DELLA VERGOGNA E LE POSSIBILI SANZIONI – Quello delle pagine sul web che incitano o istigano all’odio razziale è un fenomeno in costante aumento, così come ha confermato l’Unar, ovvero l’Ufficio nazionale anti-discriminazioni razziali, che è possibile contattare per denunciare eventuali abusi (numero verde per segnalazioni 800901010, ndr). «Negli ultimi tre anni è cresciuto esponenzialmente il numero di siti, blog e post per i quali l’Ufficio ha provveduto o ad attivare le procedure di oscuramento o rimozione da parte della Polizia Postale o a formulare direttamente notizie di reato all’autorità giudiziaria per incitamento all’odio razziale», hanno spiegato i responsabili del servizio. Lo scorso anno anche una ricerca coordinata dall’Unione forense per la tutela dei diritti umani, presentata da un network di associazioni italiane nell’ambito della “thematic discussion” del Comitato per l’Eliminazione della Discriminazione Razziale delle Nazioni Unite (CERD) in materia di incitamento all’odio razziale (racist hate speech), ha attestato un « preoccupante incremento dei fenomeni di incitamento all’odio razziale legati ai discorsi politici e ai media, specialmente nei confronti di rom e sinti, nonché un incremento del razzismo diffuso attraverso i nuovi canali, quali internet e social network». Durante un primo incontro per la definizione del piano nazionale antirazzismo è stato la stessa ministra Kyenge a spiegare come siano stati 1.238 i casi di discriminazione segnalati e registrati dall’Unar lo scorso anno, metà dei quali di tipo “etnico”, ossia basati sulla provenienza nazionale delle vittime. Tra le statistiche è poi emerso come le discriminazioni abbiano trovato posto tra i mezzi di comunicazione nel 19.6% dei casi. Tra i mass media, internet è il luogo dove si sono verificati i casi più numerosi di attacchi razzisti: ben il 71.3% dei casi, contro il 19.4% che coinvolgerebbe la stampa tradizionale. Numeri e cronache preoccupanti, che in passato hanno aperto un dibattito tra chi ipotizzava misure speciali e norme ad hoc per il web. Eppure, come ha spiegato Guido Scorza su Wired tempo fa, non c’è bisogno di alcuna particolare misura, dato che internet non è quell’universo di impunità che alcuni parlamentari a volte tentano di far credere. Dalla diffamazione alla Legge Mancino (che punisce in modo più pesante azioni e affermazioni ai danni di minoranze per odio razziale o religioso, ndr) le leggi ci sarebbero già. Senza considerare come la stessa Polizia postale ci abbia ricordato come in altri casi, per la pubblicazione di contenuti che rappresentavano istigazioni razziali, si sia optato per l’oscuramento del sito o di pagine (una pratica oggi sempre più abusata anche in caso di violazioni del diritto d’autore, ndr). “Per noi non servono misure ad hoc, bisognerebbe fare istruzione sull’uso consapevole della Rete e puntare sull’autoregolamentazione”, ci hanno spiegato dall’Unar. Oltre che far rispettare le leggi già esistenti, per punire chi istiga all’odio razziale. Norme valide anche per il web.
Alberto Sofia, 11/09/13, Giornalettismo.com