DONNE/ Centro antiviolenza di Trama «Occorre fare rete, lavoriamo sul concreto»
Imola. Trama di terre mette le mani avanti. La convenzione di Istambul che chiede alle istituzioni impegni precisi contro la violenza contro le donne e quell domestica è stata ratificata anche dall'Italia, ma prima che divenga operativa passeranno anni. Così, in occasione della presentazione dell'attività dei primi sei mesi del Centro antiviolenza aperto in via Aldrovandi 31, presso la sede di Trama, la presidente Tiziana Dal Pra ha colto l'occasione per chiedere all'Amministrazione imolese: «Un impegno affinché si faccia carico della questione. Occorre un indirizzo politico, che non può essere in capo alla sanità oppure al sociale e occorre far rete, perché noi lavoriamo benissimo con le forze dell'ordine o con l'Ausl ma questo no basta». Da dicembre a maggio hanno accolto 37 donne, 11 sono state ospitate e 4 lo sono ancora, ben 13 sono italiane. Il Centro gestisce 12 posti letto, una casa ereditata dalla Cicoria per cui paga un affitto al Comune e una affittata da un privato. Sono gli unici «posti sicuri» in zona. I fondi per il Centro vengono dall'adesione ad un progetto di contrasto ai matrimoni forzati e all'autofinanziamento. Comprensibile quindi che la Dal Pra non manchi di spingere sul tasto dei fondi: «il Comune dica chiaramente quanto vuole spendere su questo tema, dove prenderà le risorse e quante case rifugio vuole». E non è mancata una stoccata all'altro Centro antiviolenza aperto a Imola quasi contemporaneamente a quello di Trama, ovvero Perledonne, voluto espressamente da alcune del Pd. «Abbiamo vissuto la sua nascita come punitiva per noi, il "non riconoscimento" di ciò che c'era già - dice Dal Pra-. Tra l'altro, noi non abbiamo avuto una sede sopra una struttura sanitaria, e non si dica che non l'abbiamo chiesto. Staremo molto attente a dove vanno i fondi pubblici affinché non vi siano discriminazioni». Detto questo, ora si deve andare avanti, occorre trovare un modo per lavorare insieme. «Collaboriamo e collaboreremo nelle cose concrete» assicura Dal Pra. Magari per arrivare ad un protocollo congiunto tra Ausl, Asp e i Centri antiviolenza che vada oltre quanto già fanno ciascuno per proprio conto. Ad esempio per superare il semplice approccio sanitario e la compilazione di un modulo per l'accesso in Pronto soccorso di una donna maltrattata (205 i referti con questa causale nel 2012). Le cose concrete volendo si possono fare, vedi il protocollo con Vodafone per dare alle donne seguite dai Centri antiviolenza italiani un numero diretto con la polizia e attivato, per cominciare a Milano e Roma.
Lara Alpi, Sabato Sera, 27 Giugno 2013