Violenza di genere la politica si svegli
Imola. Trentasette donne in sei mesi sono quelle che hanno chiesto e ottenuto aiuto al centro antiviolenza all'associazione Trama di terre. Collettivo dichiaratamente femminista da lustri impegnato in città nell'accoglienza delle donne migranti, attraverso la creazione di un luogo di confronto e di emancipazione preso come spunto di riferimento ormai in tutta Italia, Trama di terre dalla fine dell'anno scorso, quando in città di centri antiviolenza non ce ne erano più (oggi invece con quello dell'associazione nata in seno al Pd, Perledonne, ce ne sono due), ha deciso di creare un gruppo apposta per il contrasto alla violenza di genere. Dietro ai numeri nudi ci sono le donne, e, contrariamente a quanto si erano attese le stesse operatrici e volontarie, sono soprattutto italiane (13 su 37). La maggior parte sono arrivate lì da sole o indirizzate da amiche, o da altri centri antiviolenza, qualcuna dalle forze dell'ordine. Nessuna delle 37 ci è arrivata leggendo internet e giornali o tramite i servizi sanitari o sociali. Il che suscita alcune considerazioni. « Le statistiche dicono normalmente che le donne si rivolgono a un centro antiviolenza hanno un grado medio alto di scolarizzazione. Ebbene in molte di queste donne, spesso italiane, abbiamo invece colto una mancanza anche profonda di strumenti culturali e di conoscenza dei propri diritti - analizza la presidente di Trama di terre, Tiziana Dal Prà -. L'altra considerazione riguarda la rete che non c'è ancora in città fra tutti i soggetti che si occupano di questo fenomeno». La questione è annosa, ma Trama di terre non invoca altri tavoli, bensì di passare ai fatti e alle istituzioni chiede di coinvolgere le associazioni quali interlocutori nella programmazione delle politiche a salvaguardia delle donne. «Chiediamo che la violenza di genere, riconosciuta ora dalla convenzione di Istanbul come vera e propria violazione dei diritti umani, non venga solo medicalizzata o delegata ai servizi sociali - dice ancora Dal Prà -. Occorre una presa di posizione chiara da parte della politica locale che deve dare indirizzi, riconoscere il lavoro e le competenze delle associazioni in campo, coinvolgerle, stabilire strumenti condivisi per riconoscere, affrontare e monitorare il fenomeno». «Case rifugio oggi in convenzione con il Comune di Imola non ce ne sono – dice Trama di terre-. Noi abbiamo 12 posti letto, ricavati da un appartamento che fu della Cicoria, ma per il quale oggi noi paghiamo l'affitto al Comune e per un appartamento in affitto da un privato. Le operatrici vengono pagate con l'autofinanziamento del Centro interculturale che gestiamo, con le quote pagate dagli inserimenti di donne da altri Comuni, e grazie ai finanziamenti per il progetto, unico in Italia, contro i matrimoni forzati». Se negli ultimi anni qualcosa si è mosso rispetto al riconoscimento del problema, anche l'Ausl ora censisce i casi di violenza di genere che passano dal pronto soccorso (250 quelli riconosciuti nel 2012), resta sempre in sospeso la domanda immediatamente successiva: dove vanno a finire tutte queste donne, chi dà loro risposte, quante altre donne tornano a farsi medicare per altre botte? I casi limite purtroppo non mancano. Uno per tutti: quello di una donna, italiana, per anni accompagnata al pronto soccorso con ferite e traumi che l'uomo che la accompagnava affermava lei si fosse autoinflitta. Risultato fino a pochi mesi fa? Ripetuti Tso e relativi ricoveri in reparto psichiatrico lunghi anche mesi, fino all'emersione della verità: non era pazza quella donna, ma vittima di violenza, ripetuta, brutale, non compresa. Un caso estremo, ma non il solo passato in questi pochi mesi di attività di centro antiviolenza di Trama di terre. «Ci sono stati casi di stalking pesantissimo per via del quale donne hanno dovuto cambiare città, lasciare il lavoro – spiega una delle avvocate del centro, Monica Miserocchi-. Ci sono casi di matrimoni forzati, e soprattutto violenze fisiche associate a quelle psicologiche e in alcuni casi anche economiche». E il luogo della violenza è sempre quello: la casa, la famiglia, e una città intorno che spesso non sa, o non vede.