Protocollo di intesa tra D.i.Re e ANCI

PROTOCOLLO DI INTESA TRA


L’Associazione Nazionale Comuni Italiani - ANCI, con sede in Via dei Prefetti n. 46, a Roma, C.F. 80118510587, rappresentata nel presente Protocollo dal Presidente f.f. Alessandro Cattaneo, domiciliato per la sua carica presso la sede nazionale ANCI in Via dei Prefetti, 46 – 001876 Roma


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L’Associazione nazionale Donne in Rete contro la violenza - D.i.Re, con sede in Roma, Via della Lungara 19, presso la Casa Internazionale delle Donne, C.F. 97527440586, rappresentata nel presente Protocollo dalla Presidente Concetta Carrano, domiciliata per la sua carica presso la medesima sede.

 
Premesso che

 
ANCI, in base alle previsioni dell’articolo 1 del suo Statuto, costituisce il sistema di rappresentanza dei Comuni, ne promuove lo sviluppo e la crescita, ne tutela e rappresenta gli interessi, anche nei rapporti con le altre istituzioni e amministrazioni; svolge attività di sostegno, assistenza tecnica ed erogazione di servizi nell’interesse e nei confronti dei Comuni  italiani, ai suoi diversi livelli e articolazioni.

ANCI promuove lo studio di problemi che interessino gli associati, presta informazione, consulenza ed assistenza agli associati, direttamente o mediante altri soggetti; promuove, coordina, gestisce programmi comunitari, nazionali e regionali; coopera nello sviluppo di progetti finanziati, con autorità nazionali, regionali e locali; gestisce, per conto delle medesime autorità, progetti e programmi di diversa natura.

ANCI, nel rispetto del principio della sussidiarietà, riconosce la rilevanza sociale dell’attività svolta dai soggetti del terzo settore e, nell’ambito delle risorse disponibili, promuove azioni per il loro sostegno e qualificazione; riconosce e valorizza il ruolo della cooperazione sociale, dell’associazionismo e di promozione sociale e del volontariato come espressione di partecipazione, solidarietà e pluralismo.

D.i.Re è l’unica associazione a livello nazionale che rappresenta in un progetto 63 Centri antiviolenza e Case delle Donne, dove operano donne con la pratica politica e l'obiettivo di dare valore alla differenza di genere, nell'ottica del pensiero e della pratica femminista, nello  specifico ritenendo la violenza maschile contro le donne, una violenza che ha radici nella disparità di potere tra i sessi.

D.i.Re è nata per volontà di tutte le donne che hanno lavorato e lavorano nei Centri antiviolenza e nelle Case delle donne allo scopo di costruire una azione politica nazionale che promuova azioni volte ad innescare un cambiamento culturale di trasformazione della società italiana nei riguardi del fenomeno della violenza maschile contro le donne, al fine di perseguire l’eliminazione della violenza contro le donne, in quanto violazione dei diritti umani e ostacolo allo sviluppo delle donne, dei bambini e delle bambine, del loro benessere psicofisico, e alla partecipazione alla vita della comunità.

D.i.Re, oltre che in ambito nazionale, opera a livello europeo e internazionale in sinergia con altre reti di associazioni di donne tra cui la rete europea Women Against Violence Europe (WAVE)  - di cui è punto focale per l'Italia - la European Women's  Lobby (EWL), la rete internazionale dei centri antiviolenza Global Network of Women's Shelters (GNWS).

 
Considerato che

 
Il fenomeno della violenza maschile contro le donne è un crimine e rappresenta una violazione fondamentale dei diritti umani che attraversa tutte le culture, le classi, le etnie, i livelli di istruzione, di reddito, e tutte le fasce di età, rappresentando la manifestazione più brutale della disparità storica nei rapporti di forza tra i generi, che  ha frenato e a volte impedito l'autonomia, l'autodeterminazione e le scelte di libertà delle donne di tutto il mondo.
 
Il fenomeno comprende tutti gli atti di violenza fondati sul genere, ossia diretti contro una donna in quanto tale, che provocano o sono suscettibili di provocare danni o sofferenze di natura fisica, sessuale, psicologica o economica, comprese le minacce di compiere tali atti, la coercizione o la privazione arbitraria della libertà, sia nella vita pubblica, che nella vita privata.

Dai dati ufficiali sul fenomeno forniti dall’OMS emerge che nel mondo circa il 20% delle donne ha subito violenza sessuale da bambina e una percentuale compresa tra il 15-71% di donne tra i 15 e i 49 anni di età ha subito episodi di violenza fisica o sessuale da parte del partner.

In Italia, l’indagine multiscopo ISTAT pubblicata nel 2007 ha evidenziato che una donna su tre, tra i 26 ed i 70 anni, è stata vittima di maltrattamenti maschili nell’arco della sua vita. Ogni anno, solo in Italia, sono oltre 120 le donne uccise per mano di un partner o ex-partner.

La violenza maschile contro le  donne provoca importanti danni alla salute psico-fisica delle donne e dei minori che ne sono vittime, aggravando la loro situazione di vulnerabilità sociale e il rischio di esclusione sociale.

Il sostegno unito alla eventuale protezione  delle donne e dei bambini/e che hanno vissuto o che vivono nella violenza in ambito domestico è individuato come una priorità che richiede un intervento coerente e costante che coinvolge tutti gli attori della comunità. per consentire alla donna di seguire un effettivo percorso di uscita dalla violenza"
 
Il fenomeno della violenza maschile contro le donne ha una matrice di carattere sociale e culturale, che richiede una posizione chiara di condanna e un’assunzione di responsabilità da parte del mondo istituzionale, oltre che di quello della società civile.

Tutte le ricerche più autorevoli dimostrano come il fenomeno della violenza maschile contro le donne abbia dei costi sociali che gravano sull’intera comunità e quindi ogni azione che abbia potenzialità di prevenzione ha ricadute positive anche in termini di efficienza della spesa.

Le Associazioni di donne, che nel territorio nazionale operano sul tema della violenza contro le donne, hanno il merito di aver posto all’attenzione del mondo politico e più in generale della società tale grave problema sociale e culturale. Dai primi anni ’90 ad oggi, infatti, è stata proprio l’apertura e l’attività dei Centri antiviolenza a far sì che la violenza maschile contro le donne e il maltrattamento familiare diventassero visibili e si cominciasse a modificare la percezione sociale del fenomeno, nonché gli atteggiamenti e giudizi rispetto ad esso.

 
Visto
 

Il Titolo V della Costituzione, come riformato dalla legge costituzionale n. 3 del 2001, che ha sancito la legittimità originaria dei Comuni cui sono direttamente attribuite funzioni amministrative proprie e autonomia finanziaria di entrata e di spesa; nonché la prevalenza della normativa internazionale e comunitaria sulla legislazione ordinaria statale e regionale.

Le legge 5 giugno 2003, n. 131, che specifica la portata dell’articolo 117 della Costituzione, vincolando la potestà legislativa statale e regionale al rispetto degli obblighi internazionali derivanti da “norme del diritto internazionale generalmente riconosciute di cui all’articolo 10 della Costituzione, da accordi di limitazione reciproca della sovranità di cui all’articolo 11 della Costituzione, dall’ordinamento comunitario e dai trattati
internazionali”.

La Convenzione di Istanbul dell’11 maggio 2011, che prevede l'attuazione di politiche integrate, misure e programmi per prevenire e combattere ogni forma di violenza che rientra nell'ambito della convenzione medesima, sia attraverso la destinazione di adeguate risorse finanziarie e umane, sia mediante la promozione e il sostegno, a tutti i livelli, del lavoro di organizzazioni non governative e della società civile attive nella lotta alla violenza contro le donne, stabilendo una cooperazione efficace con dette organizzazioni. Inoltre, la citata Convenzione prevede espressamente la promozione, a tutti i livelli, di campagne di sensibilizzazione o programmi, anche in collaborazione con le istituzioni nazionali dei diritti umani e organismi di parità, la società civile e le organizzazioni non governative, in particolare le organizzazioni delle donne, per aumentare la consapevolezza e la comprensione tra il pubblico in generale delle diverse manifestazioni di ogni forma di violenza che rientrano nell'ambito della presente convenzione, le loro conseguenze sui bambini e la necessità di prevenire tale violenza.

La legge 14 novembre 2000, n. 328, “Legge quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali”, che valorizza al massimo il principio di sussidiarietà, riconoscendo una centralità al ruolo dei Comuni, interlocutori privilegiati, cui compete la gestione e il coordinamento delle iniziative per realizzare “il sistema della rete dei servizi sociali”, anche attraverso il coinvolgimento e la cooperazione con le strutture sanitarie, gli altri enti locali e le associazioni del settore no profit.

 
Tutto ciò premesso, considerato e visto, si conviene quanto segue:

 
1. Le premesse costituiscono parte integrante e sostanziale della presente intesa.
 
2. ANCI e D.i.Re, convengono sulla necessità di collaborare al fine di promuovere e sviluppare azioni, progetti o iniziative finalizzate alla prevenzione e al contrasto della violenza maschile contro le donne, con particolare riguardo ai temi delle azioni di sensibilizzazione e di informazione sulla violenza di genere, nel rispetto della normativa nazionale e internazionale, delle direttive e delle raccomandazioni di organismi internazionali, quali le Nazioni Unite e l’OMS. 

In particolare, ANCI e D.i.Re, nell’ambito delle proprie competenze, si impegnano a:

a. promuovere l’inserimento nei Piani Sociali di Zona di un Centro antiviolenza in ogni ambito territoriale e di una Casa di accoglienza per donne maltrattate in funzione del numero degli abitanti, così come sollecitato dalle indicazioni della Comunità europea, prevedendo per questi servizi finanziamenti congrui e stabilità e continuità nella gestione;
b. favorire l’integrazione e la messa in rete nel sistema dei servizi sociali, sanitari e di giustizia degli interventi per combattere la violenza maschile contro le donne, così da sviluppare procedure e protocolli che permettano di elaborare una risposta efficace al problema nell’ottica della protezione delle vittime;
c. sensibilizzare i comuni e favorire la presa di coscienza dei Sindaci riguardo la connessione tra la raffigurazione della donna nella pubblicità e la violenza maschile contro le donne, affinché i modelli di comunicazione commerciale siano improntati a una rappresentazione di genere rispettosa di donne e uomini;
d. favorire l’istituzione di tavoli tecnici che prevedano il coinvolgimento di tutti gli attori interessati al fine di verificare la possibilità di sostenere concretamente le donne vittime della violenza di genere e i loro figli/e minori, anche con riguardo alla loro situazione alloggiativa e all’inserimento scolastico;
e. promuovere l’attivazione di percorsi di formazione mirati per operatrici e operatori dell’area psicosociale, sanitaria e di giustizia, per gli amministratori pubblici, la polizia municipale e i nuclei di specializzati;
f. incentivare l’elaborazione di programmi di informazione e sensibilizzazione sulla violenza maschile contro le donne con il coinvolgimento degli istituti scolastici di ogni ordine e grado in rete con i Centri antiviolenza;
g. elaborare e diffondere presso tutte le amministrazioni comunali e tutti i Centri antiviolenza Linee guida per il contrasto alla violenza maschile contro le donne, dedicate in primis alle operatrici e agli operatori sociali dei comuni;
h. promuovere, attraverso i canali di comunicazione dell’ANCI, delle singole amministrazioni comunali e di D.i.Re, azioni di sensibilizzazione e di informazione anche mediante campagne pubblicitarie, soprattutto in occasione di specifiche giornate dedicate alla lotta contro la violenza maschile sulle donne,
come il 25 novembre;
i. collaborare per la partecipazione a progetti nazionali e europei; l. monitorare il fenomeno della violenza maschile contro le donne in vista della realizzazione di un osservatorio nazionale, a partire dalla raccolta ed elaborazione dei dati disponibili da parte dei singoli Centri antiviolenza diffusi in tutte le regioni del paese.

3. Il presente Protocollo ha validità tre anni dalla data di sottoscrizione e può essere, d’intesa tra le parti, modificato in ogni momento e rinnovato alla scadenza in forma scritta. 

Roma, 16 maggio 2013