Poesie contro il golpe
“Neither Striking Down The State, Nor Striking Down Women” di Gabriela De Cicco per AWID (www.awid.org) 31 luglio 2011. Traduzione e adattamento di Maria G. Di Rienzo.
Honduras, nell’America Centrale, ha una popolazione che conta un po’ più di otto milioni di persone. Nel 2009, una contesa politica sui piani per riscrivere la Costituzione honduregna risultò nell’allontanamento del presidente Manuel Zelaya, tramite colpo di Stato da parte delle forze dominanti del Paese: capi militari, politici conservatori dei partiti Liberale e Nazionale, proprietari dei media principali, proprietari terrieri e uomini d’affari dell’oligarchica alta classe.
Roberto Micheletti Bain fu insediato come presidente ad interim e, nel novembre dello stesso anno, si tennero elezioni nazionali. Il 27 gennaio 2010 il neo eletto presidente Porfirio Lobo Sosa prese il suo posto. Ma ciò non ha messo fine alla crisi che attraversa il paese e la violenza e la repressione continuano.
AWID ha parlato con Jessica Sánchez, un’attivista di “Feminists in Resistance” (FeR) del movimento di resistenza delle donne e dello stato attuale dei diritti umani delle donne in Honduras.
AWID: Cos’è il Movimento di resistenza popolare (MRP)?
Jessica Sánchez (JS): E’ il movimento sociale che si è creato a seguito del colpo di Stato ed è composto da donne, lavoratori, organizzazioni rurali ed indigene, associazioni commerciali e sindacati e il movimento LGBTI (lesbico, gay, bisessuale, transgender e intersessuale). E’ venuto alla luce per rendere visibili le richieste di persone che per vent’anni hanno sopportato colpi di stato militari, violenza, povertà ed esclusione grazie alle classi d’élite del paese. Gli ufficiali dell’esercito ed i leader responsabili del colpo di stato hanno sottostimato la reazione popolare. Non si erano aspettati che la gente sarebbe scesa in strada per “resistere” tramite manifestazioni pacifiche, un giorno dopo l’altro, in città diverse in tutto il Paese.
AWID: La repressione è aumentata a causa della continua resistenza? Quali gruppi sono stati bersagli per la repressione?
JS: Sì, di fronte alla disobbedienza civile, le autorità “de facto” hanno emanato un decreto che permette l’uso della forza alla polizia e all’esercito e ciò è cresciuto sempre di più mano a mano che sempre più persone si univano alla resistenza. I metodi nell’uso della forza si sono pure intensificati negli ultimi mesi, e includono arresti, diverse forme di tortura (pestaggi, ossa spezzate di proposito), stupri, minacce e molestie, il tutto diretto contro i leader del movimento sociale, in particolar modo giovani e donne.
Gli insegnanti, ad esempio, stavano protestando perché il loro Statuto è stato rigettato e non implementato, e quando sono scesi in strada con i loro sindacati sono stati violentemente repressi con gas tossici e arresti. Il governo ha inoltre sospeso più di 300 insegnanti, come misura punita, e costoro stanno ancora lottando per essere reintegrati nel posto di lavoro.
Il movimento contadino di Aguán, nel nord del paese, è un altro gruppo che subisce ancora violenza. Trenta omicidi di attivisti che lottavano per difendere le terre loro confiscate sono stati documentati negli ultimi 15 mesi. La popolazione dell’isola Zacate Grande si trova in circostanze simili, è minacciata di evacuazione, violenza e persino morte perché sta difendendo il proprio territorio.
Anche il personale dei media ha dovuto portare il peso della violenza: 12 giornalisti sono stati assassinati durante il periodo dell’amministrazione Porfirio Lobo. Sino ad ora lo stato non ha riconosciuto le violazioni dei diritti umani che sono occorse sin dall’inizio del colpo di stato, il 28 giugno 2009. E’ perciò che i movimenti sociali del paese, incluso il movimento femminista, si stanno opponendo con forza alla reintroduzione di Honduras nell’Organizzazione degli Stati Americani (OAS) ed hanno protestato in occasione del recente incontro in Salvador.
AWID: E’ vero che la violenza contro le donne è aumentata di pari passo con la repressione?
JS: Più di 400 atti di violenza di genere sono stati documentati, fra il 2009 ed il 2010, dal “Comitato delle famiglie degli arrestati-scomparsi” e dalla coalizione “Feminists in resistance”. Il rapporto, sottoposto alla Commissione Inter-Americana per i Diritti Umani, descrive questi atti: torture, pestaggi, abusi sessuali, arresti, minacce di stupro e molestie, diretti a membri e leader donne del Movimento di resistenza popolare. La repressione nei barrios (quartieri ove vivono vivono proletari e classe media), attuata tramite i raid polizieschi, ha costretto le donne a fuggire dalle proprie case per proteggere se stesse e le proprie famiglie.
AWID: In che modo sono stati toccati i diritti delle donne dopo il colpo di stato?
JS: Le istituzioni create per lo sviluppo e l’amministrazione della giustizia, dirette alle donne, sono state indebolite. Ciò è allarmante, perché in questo clima di impunità i femminicidi sono aumentati di più del 60%, secondo i dati ufficiali: siamo passati da 252 omicidi di donne nel 2008 ai 407 del 2009. Nel 2010 il trend è continuato, e ai primi di marzo del 2011 già 55 omicidi classificabili come femminicidi sono stati denunciati. Dal punto di vista delle politiche pubbliche c’è stato un sensibile passo indietro quando è scattata la proibizione per la vendita e l’uso della contraccezione d’emergenza. Il processo consultivo che doveva portare al secondo Piano per l’eguaglianza e l’equità di genere è stato fermato.
AWID: Perché, e in che modi, le femministe ed altri movimenti sociali stanno resistendo al governo “de facto”?
JS: Come femministe, continuiamo a resistere perché crediamo nella democrazia genuina che comprende l’equità, e nel riconoscimento dei nostri diritti quali esseri umani e costruttrici di cittadinanza, e dobbiamo lottare per questo. Stiamo costruendo un movimento sociale anti-patriarcale che opera al di fuori della logica militare e neoliberista; un movimento per il dialogo e per il cambiamento, in cui le donne hanno rappresentanza.
Oltre a Fer, ci sono femministe nei diversi movimenti sociali (rurale, indigeno, sindacale) e tutte noi vogliamo ricostruire e ricreare un nuovo Honduras. Almeno, questi sono i nostri sogni e le nostre aspirazioni. Ad esempio, resistiamo attraverso l’arte: “Contra el Golpe, contra todos los golpes, poesía” (Contro il golpe, contro tutti i golpe, poesia) è un’attività che hanno iniziato Francesca Gargallo e Karina Ochoa. Cariche di libri, cominciarono ad andare a leggere per gruppi di lavoratrici delle maquilas (fabbriche tessili) e per le contadine nel 2009, quando la repressione era ferocissima. Attività simili sono state organizzate a El Salvador con poetesse honduregne e salvadoregne, all’interno della protesta contro il reinsediamento di Honduras nell’OAS.
Stiamo esponendo pubblicamente la non volontà dello stato di occuparsi delle flagranti violazioni dei diritti umani e dei diritti delle donne. Non siamo d’accordo con quanto Porfirio Lobo ha dichiarato di recente, e cioè che “Dobbiamo perdonarci e ricominciare da zero”, perché la vittima ed il perpetratore, il torturatore e la donna che è stata torturata non possono essere equiparati. Chiediamo che la polizia e l’esercito, così come coloro che sono responsabili dell’esecuzione del colpo di stato, ammettano le violazioni dei diritti umani e le loro responsabilità.
AWID: Che tipo di conseguenze ha questa resistenza?
JS: Si sono manifestate, a livello personale e politico, per tutte le donne che fanno parte del movimento di resistenza: da una parte c’è la violenza di cui molte di noi hanno fatto esperienza, assieme a parenti, amici e figli; dall’altra c’è la persecuzione politica che molte compagne subiscono. Attiviste femministe sono sotto sorveglianza da parte delle polizia ed alcune hanno dovuto lasciare il paese per le minacce alla loro integrità fisica ed alla loro vita, e sono ancora in esilio.
Abbiamo lavorato incessantemente, e stiamo vivendo in una sorta di “modulo d’emergenza”, denunciando, inviando informazioni ai media, provvedendo sostegno ovunque con tale intensità che siamo davvero esauste. Salute emotiva e fisica ne risentono. Avremmo bisogno di spazi di guarigione, ma ciò non può accadere mentre siamo alle prese con situazioni d’emergenza per i diritti umani.
Gli aiuti internazionali sono stati limitati, per le femministe e i per i movimenti e le organizzazioni di donne, dal colpo di stato in poi. E’ difficile conciliare la nostra agenda, che include la demilitarizzazione e la costruzione di democrazia, con quelle della cooperazione internazionale. Come possono lo stato e la società civile lavorare insieme senza riconoscere le violazioni che si sono date dopo il golpe? Stiamo ricreando il nostro movimento da un modello di resistenza che include le richieste femministe. Il nostro motto è: “Se le donne non ci sono, la Costituzione non va da nessuna parte”.
Dal lato positivo, la resistenza ha condotto ad approcci pro-attivi all’interno dei nostri stessi movimenti, come l’emergere di numerose organizzazioni femministe e singole femministe che hanno trovato convergenza nella Fer, o il Forum delle Donne per la vita nel nord paese. Sono emersi anche movimenti specifici di giovani femministe. Non è stato un processo facile, ma apprezziamo la solidarietà internazionale e regionale da parte delle compañeras che condividono la nostra lotta da differenti angoli della Terra. Abbiamo sentito di non essere sole nel nostro sogno, di essere parte di una lotta globale, un grande sogno collettivo che ci permette di crescere e continuare.