Basta sangue in nome della tradizione e della religione. Libertà per le donne migranti!
Siamo di nuovo di fronte al femminicidio e alla violenza in nome e per conto del senso di possesso maschile delle vite femminili.
Siamo di nuovo di fronte al criminale intreccio tra ossequio della tradizione patriarcale e negazione dei diritti inalienabili della persona: come nel terribile caso di Hina Salem e di Sanaa Dafani, anche qui la parte maschile di una famiglia di migranti pakistani ha cercato di mettere a tacere la ribellione di una giovane contro una visione fondamentalista della religione e della tradizione, che vuole ogni donna destinata a vivere senza poter decidere di sé e della sua libertà.
Vicino a Modena un migrante pakistano, di fronte all'ennesimo rifiuto della figlia destinata ad un matrimonio combinato si è accanito, uccidendola, prima sulla moglie, che con coraggio appoggiava la figlia ventenne, e poi con l’aiuto del figlio ha cercato di sopprimere la ragazza, che per fortuna, pur gravemente ferita, non è morta sotto le percosse.
Ancora una volta la disobbedienza alle leggi maschili è stata pagata con il sangue e con la vita.
In questa vicenda però c’è un fatto importante: una madre ha cercato di sostenere le ragioni di libertà di sua figlia. Pensiamo sia da questo fatto che possiamo trarre un grande segnale.
Moltissime donne migranti guardano alle libertà femminili, conquistate con lotte durissime, con speranza e come ad una grande opportunità: le giovani, ma non solo, sperano e sognano di poter studiare, lavorare, non sottostare alle violenze patriarcali e religiose, di scegliere liberamente se e quando diventare mogli e madri. Per molte di loro vivere in Italia sotto una pesante tradizione significa perdere quei diritti che in alcuni dei loro Paesi di origine sono ormai legge.
Se l’Italia è davvero un Paese libero deve dare opportunità soprattutto a queste speranze, che sono quelle delle nuove e future cittadine italiane.
A chi oggi prenderà spunto da questo drammatico episodio per rilanciare la crociata contro la migrazione, colpendo indiscriminatamente tutta la comunità migrante, diciamo che questa non è la strada giusta, che è razzismo. Vogliamo vivere in un Paese accogliente, capace di aiutare chi è più vulnerabile e dove la cittadinanza sia un diritto per chiunque, a prescindere dalla provenienza geografica.
A chi invocherà la doppia morale sostenendo che la tradizione va sempre rispettata, che le culture diverse vanno tutte seguite senza alcuna critica (e che per questo non è legittimo intervenire in faccende ‘private’ quando ci sono conflitti che riguardano le scelte delle donne nelle famiglie) diciamo che né la tradizione né la religione possono diventare un’arma mortale contro chicchessia.
I diritti delle donne non sono ancora considerati diritti umani in molti Paesi del mondo.
Troppo spesso, quando si tratta di diritti delle donne, e in particolare di corpo, di sessualità, di relazioni tra donne e uomini, la difesa dei diritti cede il passo ai moltissimi se e agli infiniti ma del relativismo culturale, persino nel nome della democrazia e della tolleranza.
Accogliere, incoraggiare, difendere il rifiuto da parte delle donne migranti dell’oppressione (della quale sono vittime nel nome della tradizione e della religione) non solo le aiuterà a trovare la loro libertà, ma offre a noi italiane, che abbiamo costruito o avuto in eredità i preziosi diritti di autodeterminazione, la possibilità di riaffermarli ed estenderli come gesto politico di responsabilità e di civiltà.
La violenza contro le donne è barbarie. La libertà delle donne è civiltà.
Tiziana Dal Pra - Associazione Trama di Terre (Imola), Monica Lanfranco - Rivista Marea, Dounia Ettaib - Associazione Daris
per adesioni scrivete a: info@tramaditerre.org
Prime adesioni: Daniele Barbieri, Barbara Romagnoli, Laura Cima, Donne in Nero di Como, Eva Ramirez, Silvia Torneri, Marina Grazia, Silvia Varas, Annaviola Toller, Marco Semenzin, Edda Pando (Ass. Arci Todo Cambia), Amal Houanti, Raffaele Mantegazza, Celeste Grossi, Maria Rosa Pantè, Sabine Sepandj, Laura Rossi, Sara Di Antonio, Alba Meloni, Adriana Nannicini, Maria Rosa Filoppone, Comunità cristiane di base donne Oregina, Nicoletta Pirotta , Ife, Cristina Cattafesta, Anna Marcolini, Alberto Zurco, Giuseppe Gonella, Rosanna Sirtori, Rosangela Pesenti, Caterina Giardinelli, Redazione Delta News, Giuliano Bugani, Enrico Caravita, Silvana Fracasso, Mina Welby, Rossana Piredda, Peppino Coscione, Marianita De Ambrogio (Donne in Nero, Padova), Camera del lavoro di Genova, Maurizio Angelini di Cadoneghe (Pd), Annalisa Marinelli, Alessandra Arrighi, Marina Criscuoli, Franco Fuselli, Roberta Trucco, Federica Ferlini, Massimiliano Dall'Ara, Rosanna Stirone, Ionne Guerrini (Donne in nero Ravenna), Graziella Longoni (Donne in Nero – Milano), Milena Valli (Donne in nero, Sondrio), Silvia Acquistapace, Marina Cassani, Pia Brancadori e la Circola Alice Guy (Cagliari), Tiziana Valpiana, Paola Lanzon (responsabile Coordinamento Nazionale Donne Uisp e Presidente Consiglio Comunale Imola), Natália Menhem, Maria D'Almeida, Associazione Archinaute, Donatella Mungo (Assessora Pari Opportunità, Comune di Imola), Rita Lavaggi, Maria Caterina Cifatte, Italiarawa, Cisda, Donatella Traniello, Maïté Pedroncini, Marco Poggi, Sinistra Critica Imola, Confederazione Cobas Imola, Marco Deriu (Univ. di Parma, Ass. Naz. Maschile Plurale), Attac Genova, Roberto Poggi (Assoc. Cerchio degli uomini, Assoc. MaschilePlurale), Sandra Cangemi (giornalista, Milano), Irene Capelli, Rosanna Vitale, Monica Baracchini, Chiara Giussani, Marisa Caputi, Claudia Deagatone, Associazione Donneinsieme (Tortona), Natascia Morigi (UDI Imola), Lella Di Marco, Francesca Cancellieri, Remo Agnoletto, Centro Documentazione Polesano onlus di Badia Polesine (RO), Simona Sagone, Barbara Grubissa, Camilla Albanese, Co.Ge.De. 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